Genere inclassificabile, se non con la generica etichetta di "post-rock", per The Observatory, una delle più longeve rock band di Singapore. Nei loro 14 anni di vita, sono diventati una delle formazioni indie più influenti della città-Stato ma i membri, presi singolarmente, calcano le scene da un ventennio. Ecco "Oscilla", il loro ultimo album (2014).
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La musica di The Observatory è un "caos controllato" che rappresenta bene la natura stessa dell’Asia. SmartBeijing l’ha definita "contemplative, patient space-psych folk" in occasione della loro ultima performance pechinese.
Psichedelia, certo, ma molto altro, con il timbro della chitarra che tiene la linea mentre attorno ruota tutto il resto. "Oscilla", l’album uscito lo scorso agosto, è considerato l’opera più politica della band di Singapore, perché sostituisce le atmosfere sepolcrali del precedente "Catacombs" (giustappunto) con una nuova aggressività. Nelle note di copertina del disco si legge che "la musica è uno spirito primordiale ed emotivo che unisce le persone ed è in grado di evidenziare le ingiustizie sociali – aree in cui la politica contemporanea ci ha spesso ingannati".