Fukushima non sarà ricordato solo come il più grave incidente nella storia dell’industria nucleare dopo Chernobyl. Ma anche come un evento che ha inciso profondamente nella vita politica e sociale del Giappone. Il ritorno di decine di migliaia di persone nelle piazze in protesta e il ritorno al potere del partito liberaldemocratico di Shinzo Abe.L’11 marzo, in Giappone conosciuto come 3.11, 16mila persone hanno perso la vita. Oltre duemila sono ancora disperse. I danni ambientali sono tuttora incalcolabili. Ma l’impatto dell’incidente si è riflesso su altri ambiti della vita di migliaia di giapponesi.
Pochi mesi dopo l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima il governo ordina la chiusura di tutti i 54 reattori del paese, avviando un periodo di nucleare zero che sarà interrotto brevemente nel 2013 e nomina un’autorità nazionale incaricata di fissare nuovi parametri di sicurezza degli impianti.
Oltre 150mila persone che risiedevano nella zona della centrale vengono evacuate lontano dalle fughe radioattive. Qualcuno abbandona la propria zona d’origine per spostarsi verso le grandi città, fino alla capitale Tokyo.
Intanto decine di migliaia di persone scendono nelle piazze di tutto il paese per chiedere la fine del nucleare. Non mancano le conseguenze politiche.
A fine 2012 il partito democratico, che nel 2009 era riuscito a interrompere l’egemonia del partito liberaldemocratico durata dal dopoguerra, viene sconfitto alle elezioni. Shinzo Abe torna al governo e promette di riattivare le centrali del paese, anche a fronte di un deficit commerciale ampliato dall’aumento dell’import di combustibili fossili.
Prima del marzo 2011, l’energia nucleare costituiva il 30 per cento dell’approvvigionamento energetico del Giappone. Ad agosto del 2015, dopo l’ok dell’autorità sugli standard nucleari, la centrale di Sendai, in Kyushu, nel sud dell’arcipelago giapponese, viene riattivata.
È la fine del nucleare zero durato per quasi quattro anni.
Come ha ricordato Naoto Kan, capo del governo all’epoca dell’incidente, l’incidente di Fukushima ha rivelato che il «mito dell’energia nucleare sicura e economica si era trasformato in qualcosa di pericoloso e molto costoso».
Manca ancora, infatti, una data realistica per la totale bonifica del sito di Fukushima Daiichi. Le ultime stime parlano di quarant’anni. Sono già oltre 15 i miliardi di euro già investiti per le operazioni di bonifica. Ma Tepco, l’azienda elettrica che gestisce le operazioni nella centrale, ammette che «non esiste un manuale» e che i lavori possono procedere solo per obiettivi di breve periodo. Fukushima, infatti, non ha precedenti.
[Scritto per il manifesto]