Alle Gallerie d’Italia la mostra di Olivo Barbieri “Spazi Altri” racconta la veloce evoluzione urbana cinese dal 1989 al 2019. Chinoiserie è la rubrica sull’arte contemporanea asiatica e cinese a cura di Camilla Fatticcioni. Qui per le altre puntate
È il 1989 quando il fotografo italiano Olivo Barbieri (1954) compie il suo primo viaggio in Cina: un anno cruciale, segnato dalle proteste di Piazza Tiananmen e da un periodo di grandi cambiamenti, che, sotto l’influenza determinante dell’era di Deng Xiaoping, avevano portato il Paese verso uno sviluppo economico e industriale senza precedenti. A partire dalle riforme economiche avviate nel 1978, la Cina incentiva la migrazione dalle campagne alle città, promuovendo lo sviluppo industriale e l’apertura al mercato globale. Le città cambiano volto, crescono e si trasformano con una velocità senza precedenti. Questo viaggio segna l’inizio di un’intensa esplorazione della Cina, dove Barbieri documenta il più significativo cambiamento architettonico e urbanistico della storia umana. Le sue opere rivelano la profonda trasformazione sociale, economica e culturale del Paese, portandolo a interagire con le avanguardie artistiche e cinematografiche cinesi emergenti.
“Non mi ero mai considerato un fotografo da “grand tour”. Quando decisi di partire per la Cina fu tutto frutto del caso: non avevo programmi precisi, e mi ritrovai là proprio nel maggio del 1989, mentre si consumavano i fatti di Tiananmen. All’epoca non riuscii neppure ad arrivare a Pechino, e Shanghai appariva deserta, una città spettrale in cui avevano addirittura spento le luci.” ha dichiarato il fotografo a China Files.
Nella mostra in corso alle Gallerie d’Italia di Torino più di 150 fotografie raccontano tre decenni di lavoro: Spazi altri, titolo della mostra, pone l’accento sulla dualità e sui contrasti della Repubblica Popolare Cinese, a metà tra tradizione e modernità, tra i vuoti lasciati dagli edifici in demolizione e gli spazi riempiti da nuovi grattacieli, sempre più alti, sempre più moderni.
Site Specific, Shanghai 04
“Credo di aver assistito e documentato dal 1989, anno del mio primo viaggio in Cina, al 2019, poco prima della chiusura delle frontiere a causa del Covid, a uno dei più grandi e veloci cambiamenti epocali che siano avvenuti nella storia del pianeta”. È con queste parole il fotografo presenta le foto in mostra a Torino.
In trent’anni di lavoro anche la tecnica di Barbieri sembra evolversi assieme alle città: inizia con immagini in analogico e con gli anni cambia e sperimenta nuove tecniche, dando vita a immagini fotografiche a limite dell’astrattismo. Nelle immagini la realtà non viene negata, ma ricostruita trasformando la fotografia in una riflessione sull’atto del vedere. Alcune immagini sembrano in movimento, come se fossero realizzate da una lente costantemente puntata su città che non smettono di cambiare e di evolversi in quella che può essere descritta come la crescita selvaggia verso l’ipermodernità.
“All’epoca del mio primo viaggio in Cina mi ero fatto un’idea della Cina solo attraverso gli scritti di Cesare Brandi e Goffredo Parisi, e portavo dietro con me le pagine del libro “Un barbaro in Asia” di Henri Michaux. Alloggiavo negli alberghi internazionali, dove incontravo colleghi inviati dall’ANSA o dal New York Times, ai quali chiedevo quale trasformazione si stesse profilando: tutti credevano che la Cina fosse destinata a implodere, vittima di conflitti interni”, ha aggiunto il fotografo nell’intervista rilasciata a China Files. “Ogni volta che tornavo e mostravo le mie immagini, il cambiamento in Cina veniva spesso sottovalutato, nonostante fosse rapidissimo: nel giro di pochi mesi vedevo interi quartieri sparire. Ricordo di aver pubblicato il mio primo libro, “Appunti di viaggio in Cina”, corredato da una serie di aforismi – uno di questi già metteva in luce la scarsa attenzione dell’Occidente verso quanto stava accadendo.”
Suzhou, China 1989
Barbieri osserva e documenta il cambiamento dall’alto: è infatti noto per l’uso della tecnica tilt-shift, che conferisce alle sue fotografie un effetto di miniaturizzazione, sfidando la percezione visiva dello spettatore. Le foto in mostra di distinguono anche per una metamorfosi percettiva costante: lunghe esposizioni che sembrano congelare il tempo, illuminazioni artificiali che scolpiscono e drammatizzano gli spazi urbani, inquadrature verticali che rivelano prospettive inedite e tonalità di colori intensamente saturi.
È in Cina che Barbieri inizia a sperimentare il fuoco selettivo e ad “abbandonare” la fotografia documentaria per spostarsi verso un racconto più soggettivo delle città che visita. Il fuoco selettivo e le riprese aeree delineano l’opera di Barbieri, capace di trasformare la realtà in “modellini” in continua evoluzione.
“Conoscere gli artisti cinesi era il meccanismo per conoscere la Cina dall’interno”, aggiunge Barbieri. Nei suoi anni di esperienza e lavoro in Cina ha conosciuto numerosi artisti figli della rivoluzione culturale. Per la televisione svizzera cura un documentario, “L’ideogramma capovolto”, che è il racconto della Pechino alla fine degli anni Novanta attraverso lo sguardo di una nuova generazione di artisti e intellettuali. Da Yu Hua a Liu Wei, Barbieri incontra scrittori e artisti agli albori della propria carriera, e riprende anche un giovane Ai Weiwei appena tornato dagli Stati Uniti.
I viaggi in Cina del fotografo sono il quarto capitolo del progetto La grande fotografia italiana, curato da Roberto Koch per le Gallerie d’Italia, che ha già raccontato Lisetta Carmi, Mimmo Jodice e Antonio Biasiucci. L’allestimento dedicato a Barbieri, ideato da Corrado Benigni, include più di 150 opere che saranno in mostra a Torino fino al 7 settembre.
Gallerie d’Italia, Spazi Altri, Olivo Barbieri. ph. Andrea Guermani
Fotografa e studiosa di Cina. Dopo la laurea in lingua Cinese all’università Ca’ Foscari di Venezia, Camilla vive in Cina dal 2016 al 2020. Nel 2017 inizia un master in Storia dell’Arte alla China Academy of Art di Hanghzou avvicinandosi alla fotografia. Tra il 2022 e il 2023 frequenta alcuni corsi avanzati di fotografia presso la Fondazione Studio Marangoni di Firenze. A Firenze continua a portare avanti progetti fotografici legati alla comunità cinese in Italia e alle problematiche del turismo di massa. Combinando la sua passione per l’arte e la fotografia con lo studio della società contemporanea cinese, Camilla collabora con alcune testate e riviste e cura per China Files una rubrica sull’arte contemporanea asiatica.