La tesi La Riaffermazione dell’Individuo nella Cina Post-maoista: l’Arte del Collettivo Xingxing analizza il percorso artistico di questo gruppo di artisti indipendenti e per la maggior parte autodidatti nato nel 1978, alla fine della Rivoluzione Culturale. Come altri movimenti dello stesso periodo, il collettivo è l’espressione del desiderio di riscatto del popolo cinese e della volontà di riaffermare il valore dell’individuo fuori dalla prigione comunitarista.
Il collettivo Xingxing (“Le Stelle”) nasce nel 1978 su iniziativa di Ma Desheng e Huang Rui, operai in fabbrica ed artisti. Il gruppo riunisce giovani artisti dilettanti e tutti autodidatti dagli stili eterogenei appartenenti alla generazione nata negli anni cinquanta, troppo tardi per partecipare attivamente alla costruzione del Comunismo cinese, ma giovane quanto basta per lasciarsi affascinare, in un primo momento, dall’utopia egualitaria per poi subirne passivamente le tragiche conseguenze.
Il collettivo non ha confini definiti: la membership si allarga negli anni ad includere nuovi elementi. I primi e principali membri del gruppo sono: Wang Keping, Li Shuang, Qu Leilei, Yan Li, Zhong Acheng, Bo Yun pseudonimo di Li Yongcun, ShaoFei oltre, naturalmente, ai due membri fondatori. In seguito entreranno a far parte del collettivo Ai Weiwei, Yin Guangzhong, Mao Lizi pseudonimo di Zhang Zhunli, Yang Yiping, e altri la cui partecipazione alle attività del gruppo è saltuaria.
L’importanza dell’esperienza del collettivo non risiede tanto nello stile e nella forma delle opere, che pur testimoniano una svolta iconografica, quanto nelle istanze di cui tali opere si fanno portatrici. Molto più importante della dimensione artistica è, probabilmente, la sua dimensione sociale.
Alla fine della Rivoluzione Culturale, la politica di apertura e il pragmatismo di Deng Xiaoping danno fiducia a intellettuali e artisti i quali possono beneficiare, ora, di una maggiore libertà creativa ed espressiva stimolata anche dagli intensi contatti con l’Occidente.
In un modo per certi aspetti simile a quanto era accaduto all’epoca dei Cento Fiori, il rilassamento al vertice determina un notevole fermento creativo nell’ambiente della cultura: sorgono nuovi generi artistici e letterari che, perseguendo una spinta innovativa sentita come necessaria, si ispirano all’Occidente come alla tradizione cinese, operando un’innovativa commistione di stili utilizzata per esprimere le più disparate istanze: dalla denuncia dei traumi passati, all’esaltazione dell’individualismo e della libertà espressiva.
In una apparentemente paradossale comunione d’intenti con il confucianesimo, il maoismo aveva fatto suo principio cardine il “da gong wu si”, la soppressione del privato a favore del pubblico, prima necessità per un potere dittatoriale che voglia assicurarsi piena fedeltà ed obbedienza eliminando ogni possibile minaccia di autonomia e individualità. La maschera pubblica che governa le relazioni sociali anche in Occidente, assume in Cina una connotazione necessaria: il privato è considerato controrivoluzionario, il pubblico è regolato da rigidi schemi comportamentali.
La sfera pubblica (gonggong lingyu) intesa come luogo virtuale in cui il cittadino ha la possibilità di aggregarsi e di esprimere le proprie opinioni liberamente, è un concetto che solo oggi, gradualmente, si sta affermando in Cina. La lotta per l’affermazione di tale concetto di sfera pubblica e, al contempo, per la riaffermazione della propria individualità e soggettività al di fuori della massa indistinta del sistema socialista è il denominatore comune di tutti i movimenti d’avanguardia artistici e letterari sorti a partire dalla fine della Rivoluzione Culturale.
Le istanze che accomunano i membri del collettivo Xingxing nascono all’interno di un movimento ben più ampio che riunisce artisti, scrittori, intellettuali, studenti e gente comune: il Movimento per la Democrazia. Il Movimento, che durerà solo un anno prima di essere soffocato da Deng Xiaoping, è legato al muro omonimo all’incrocio Xidan a Beijing dove inizialmente vengono affisse petizioni indirizzate al Partito al fine di denunciare gli abusi subiti durante la Rivoluzione.
Ben presto, tuttavia, il sito verrà utilizzato per l’affissione di enormi dazibao in cui si inneggia alla libertà di espressione e si richiede, tra le altre cose, una rivalutazione del contenuto politico della Rivoluzione Culturale. Il muro è al contempo un cenacolo intellettuale e un’arena politica. Si formano gruppi di opinione, sodalizi intellettuali ed artistici, nascono nuove riviste e quelle clandestine riemergono dal sottosuolo.
Jintian è un di queste riviste. Fondata nel 1978 da Huang Rui insieme a Mang Ke e Bei Dao, esponenti del gruppo dei Poeti Oscuri (menglong shiren), diviene il manifesto dell’avanguardia artistica e letteraria; nel 1978 Huang invita Ma Desheng ad entrare nell’organico della rivista di cui fanno già parte, con varie mansioni, molti dei futuri membri del collettivo. Le attività della rivista e del collettivo Xingxing saranno sempre strettamente legate creando un sistema di interconnessioni tra i vari generi che dà vita ad un nuovo modus exprimendi il quale non si esaurisce nella singola opera.
Alla fine degli anni ’70, in un ambiente dominato dallo strapotere delle Accademie Ufficiali d’Arte in cui non vi è spazio per chi non faccia parte dei circuiti ufficiali, gli artisti rialzano la testa: vengono organizzate le prime mostre d’arte non autorizzate, le guerrilla expositions dei collettivi Wuming e Forum 5 Aprile. È a queste che si ispira Huang Rui nel 1979 quando decide di organizzare una mostra del neonato collettivo.
L’idea viene discussa il mese seguente in una riunione con tutti i membri del collettivo Xingxing. Vengono stabiliti i criteri di partecipazione secondo i quali sono ammessi gli artisti indipendenti non facenti parte del sistema oppure professionisti con idee innovative. Nel corso della riunione viene scelto anche il nome del gruppo. Il sostantivo “xingxing” vuol dire sia stella che scintilla e la scelta di questo nome risulta carica di significati in quanto rappresentativa delle idee, della natura e della posizione del gruppo rispetto alla storia.
Huang Rui spiega: “Durante la Rivoluzione Culturale si poteva parlare delle stelle, ma non lo si poteva fare in pubblico perché le stelle non esistevano […] c’era solo un unico sole e quel sole era il Presidente Mao. […] Inoltre, le stelle appaiono solo di notte. […] Le stelle brillano indipendentemente; ogni stella brilla da sola. Esistono di per se stesse e per se stesse.”
Wang Keping aggiunge: “Scegliemmo il nome ‹‹Stelle›› perché eravamo le uniche luci a splendere in una notte senza fine e anche perché le stelle, viste da lontano, sembrano così piccole eppure possono provare d’essere dei pianeti”. Le stelle brillano solo di notte, quando la luce accecante dell’ideologia scompare. Come le stelle che, viste da lontano, appaiono minuscole, ma in realtà sono enormi astri da cui dipendono sistemi di pianeti, così ogni uomo, seppur nella sua piccolezza, mostra, a chi si avvicini abbastanza per vedere e comprendere, un complesso mondo interiore.
Mao, riferendosi alla forza delle masse rivoluzionarie affermava che “anche una piccola scintilla può infiammare le steppe (Xingxing zhi huo keyi liaoyuan)” e il collettivo Xingxing, nella scelta del nome si richiama a quest’affermazione che, cambiato il soggetto di riferimento – l’uomo e non la massa indistinta – diviene un manifesto umanista.
Ma Desheng, mettendo in evidenza il duplice atteggiamento di umiltà e fiducia in sé, per cui ogni uomo è consapevole della propria piccolezza rispetto all’universo e, al contempo, del proprio valore, afferma: “Ogni artista è una piccola stella, anche i grandi artisti sono stelle da un punto di vista cosmico; abbiamo deciso di chiamarci ‹‹Stelle›› per enfatizzare la nostra individualità”.
Il collettivo decide di tenere la mostra (non autorizzata) al parco Beihai adiacente al Museo Nazionale d’Arte dal 27 settembre al 3 ottobre 1979; sarà in quei giorni, infatti, che si terrà la Mostra Nazionale d’Arte in occasione del trentesimo anniversario della fondazione della Repubblica. La scelta della location e del momentum sono indice del desiderio degli artisti di riaffermare la loro distanza dalla maschera ufficiale del potere.
Vengono esposte 140 opere di 23 artisti dagli stili e temi decisamente eterogenei: si va dai dipinti ad olio di Huang Rui, come 5 Aprile 1976 (1978), in ricordo del primo segnale di risveglio del popolo cinese dopo la Rivoluzione Culturale, alle xilografie di Ma Desheng, tragiche e forti come quelle di Käthe Kollwitz, l’artista a cui si ispira, ai disegni a penna di Qu Leilei, alle sculture in legno di Wang Keping.
Sarà proprio una sua opera a destare il maggiore scalpore: Silenzio (Chenmo, 1978), realizzata, come le altre opere dell’artista, ispirandosi all’antica arte del gendiao – l’intaglio delle radici in cui è il soggetto rappresentato ad adattarsi alla forma del materiale e non il contrario – rappresenta un volto umano tozzo e grottesco con un occhio e la bocca occlusi per impedirgli di vedere e di gridare; fuor di metafora, l’opera è una critica all’annientamento del libero pensiero e alla disumanizzazione della società.
La prefazione alla mostra dichiara l’indissolubile legame con il passato: “Non possiamo rimuovere l’elemento tempo; l’ombra del passato e la luce del futuro sono avvolte insieme formando l’ambiente in cui viviamo.” L’ammissione consapevole dell’imprescindibile legame con il passato (in questo caso, particolarmente influente è l’eredità del Movimento del 4 maggio 1919) è una novità nel panorama avanguardistico: le avanguardie si considerano tali proprio in virtù del rovesciamento della tradizione, a cui però inconsciamente attingono e da cui traggono stimoli positivi o negativi.
Alla fine della Rivoluzione Culturale, di fronte al deserto culturale ed ideologico lasciato dal maoismo molti artisti e letterati ricercano una dimensione “altra” da cui cominciare a ricostruire se stessi in primis. Questa dimensione viene trovata nella cultura occidentale così come nel passato e nella tradizione pre-maoista.
Il successo riscosso dalla mostra preoccupa le autorità che il 28 settembre ne ordinano lo smantellamento. La reazione, stavolta, non è passiva. Gli artisti del collettivo insieme a molti altri membri del Movimento della Democrazia organizzano una marcia di protesta reclamando libertà e democrazia. Lo slogan “Käthe Kollwitz è il nostro stendardo, Picasso il nostro pioniere!” risuona per le vie di Beijing. Il 20 Novembre il collettivo riceve l’autorizzazione per una mostra da tenersi dal 23 novembre al 2 dicembre. Il Renmin Ribao riporta l’annuncio. Le autorità devono ricredersi: l’autorizzazione era stata concessa nella convinzione che sarebbe stata un fiasco, avviene l’esatto contrario.
Il processo di legittimazione continua con l’ammissione di Wang Keping, Ma Desheng e Huang Rui all’Associazione degli Artisti di Beijing e con l’autorizzazione ad una nuova mostra dal 20 agosto al 14 settembre 1980 nelle sale del Museo Nazionale d’Arte, il simbolo dell’ortodossia. La mostra include un centinaio di opere tra cui dipinti ad olio, guazzi, acquerelli, sculture e xilografie; come nella precedente, i soggetti sono i più vari: dalle opere di denuncia politica e sociale (come Idolo [Ouxiang, 1980] di Wang Keping, una satira sul maoismo), alle opere che celebrano il rapporto con il passato (celebre la serie ad olio di Huang Rui dedicata allo Yuanming Yuan), eventi politici e sociali e opere su altri temi generici come i dipinti surrealisti di Yan Li, la ritrattistica e il nudo, da sempre un tema controverso nel panorama artistico cinese.
Il successo dell’anno precedente si ripete: i visitatori sono più di ottantamila. La prefazione alla mostra indica un cambiamento nell’ottica e nel pensiero degli artisti del collettivo ed una maggiore maturità artistica: da esploratori del mondo quali si erano dichiarati, gli artisti rivolgono lo sguardo su se stessi, dichiarano di voler dare spazio alla propria interiorità. La ricerca dell’identità perduta continua ad essere il motore dell’espressione artistica.
Il successo della mostra spiana la strada al percorso artistico del collettivo. Gli artisti prendono parte a mostre e conferenze in giro per il Paese, ma già a partire dal 1980, l’atmosfera in Cina subisce un graduale cambiamento: la sorte del Movimento per la Democrazia era stata un segnale della nuova stretta autoritaristica del governo che si preparava a riprendere il potere.
La Campagna contro L’Inquinamento Spirituale spazza via il clima liberale e l’esperienza artistica del collettivo Xingxing viene ora presentata come un esempio negativo. Il collettivo si scioglie, la maggior parte dei suoi membri emigrano all’estero. Da questo momento in poi gli artisti del collettivo seguiranno percorsi indipendenti, ritrovandosi in occasione di mostre collettive, la prima nel 1989 per celebrare i dieci anni dalla prima mostra.
Zhai Zhenming, professore di filosofia all’Università SunYat-Sen di Guangzhou e esperto d’arte contemporanea cinese, ritiene che se l’avanguardia cinese non può essere ritenuta puramente tale dal punto di vista dell’innovazione formale, lo è, invece, se si considera il suo rapporto con il potere politico, rapporto che si sostanzia in una lotta per l’emancipazione della prima rispetto al secondo. Si può affermare che sia questa la sostanza dell’innovazione promossa dal collettivo Xingxing, un’innovazione che può dirsi quasi inconsapevole all’inizio, dettata dal pressante bisogno di riportare alla luce un mondo interiore che la dittatura rivoluzionaria aveva tentato di cancellare.
L’arte del gruppo non diventerà mai ortodossa o canonica. Ciò può essere dovuto o aver determinato, a seconda del punto di vista, la breve durata del movimento stesso. Il diverso rapporto che il gruppo Xingxing ha con l’ortodossia è legato al fatto che i suoi membri non hanno mai fatto parte dei circuiti ufficiali, non hanno una formazione accademica. Le accademie ufficiali, simbolo per eccellenza dell’ortodossia, non hanno avuto un ruolo nella loro vita, quindi non si profilano come una fortezza da abbattere; l’arte del collettivo, semplicemente, si sviluppa a prescindere dall’ortodossia, ed è questo a determinare la profonda differenza dell’esperienza Xingxing da quella degli altri movimenti avanguardisti.
*Clelia Dalila De Marco cleliad.demarco[@]gmail.com è nata nel 1987 in provincia di Napoli. Dopo aver studiato lingue al liceo, nel 2010 ha conseguito la Laurea Triennale in Lingue e Civiltà Orientali (curriculum di lingua e cultura cinese) presso l’Università “Sapienza” di Roma e nel gennaio 2015, con il medesimo curriculum linguistico, la Laurea Magistrale in Lingue e Civiltà Orientali presso L’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”.
** Questa tesi è stata discussa presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”. Relatore: prof.sa Visconti Chiara; correlatore: prof.sa Varriano Valeria.