SINOLOGIE – Dai Wangshu, poeta degli anni Venti

In by Simone

La tesi Un approccio alla poesia cinese moderna: le liriche di Dai Wangshu esplora le influenze occidentali – e soprattutto francesi – nella poesia volutamente oscura del giovane Dai, noto autore di inizio Novecento. Dopo aver fondato la rivista letteraria Xiandai, il poeta morirà in esilio a Hong Kong.
Il nome di Dai Wangshu suonerà familiare agli estimatori della letteratura moderna cinese che lo ricordano come colui che fondò la poesia modernista tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso. Immaginiamoci Shanghai, brulicante di società letterarie in cui si stringono amicizie e si vagheggia di cambiare il mondo, periodo di splendore delle concessioni straniere, fermento intellettuale e crogiolo di input culturali provenienti dal Vecchio Continente; ecco che il nostro poeta, ebbro di letteratura francese, si esprime con forme completamente nuove e fino ad allora sconosciute nel Paese di Mezzo.

Nato nel 1905 a Hangzhou, Dai si specializza in letteratura cinese all’Università Aurora di Shanghai, un’istituzione gesuita che prevede un anno di corso intensivo di francese; la rivista fondata da lui e un gruppo di amici, Xiandai (I contemporanei) è una delle poche riviste letterarie che sopravvive alle purghe dei nazionalisti e alle vicissitudini politiche della fine degli anni Venti, attirando così molti autori di talento. Vive due anni all’estero all’inizio degli anni Trenta, per lo più in Francia. Passa gli ultimi anni della sua vita in esilio a Hong Kong, dove partecipa attivamente alla resistenza anti-giapponese come editore e giornalista, finendo perfino in prigione per un certo periodo, e muore nel febbraio del 1950 a soli 45 anni.

La novità è la sensibilità che traspira dai suoi componimenti, espressione di una nuova coscienza della contemporaneità che prorompe proprio in quel momento tra scrittori molto giovani, che non hanno raggiunto neanche la trentina e che quasi sempre hanno studiato all’estero, per lo più in Giappone, dove hanno avuto occasione di entrare in contatto con le nuove culture moderne. Dai Wangshu è il capofila di coloro che guardano a Occidente per trovare i modelli moderni a cui ispirarsi: imagisti americani, romantici tedeschi e simbolisti francesi.

In particolare questi ultimi sono fonte di massima ispirazione per Dai, la cui produzione si muove sugli stessi toni di poeti quali Baudelaire, Rimbaud e Mallarmé, autori cosiddetti “decadenti”, che vissero a cavallo tra i due secoli prima della Grande Guerra. L’Europa presa a modello è quella della Rivoluzione francese, l’intellettuale non è un ceto bensì un concetto astratto associato all’idea di engagement: assegnando all’individuo un ruolo centrale, al di fuori delle istituzioni, si altera per la prima volta la figura del letterato portatore di un mandato sociale. Il debito verso il simbolismo francese è evidente soprattutto nello stato d’animo e nelle tematiche, nella cupa malinconia e la nostalgia che accompagnano metafore decadenti, la maladie du siècle che affligge gli scrittori “gallicizzanti” ponendoli come in un limbo, paralizzati dall’incapacità di agire, indeboliti dall’ennui.

La sua poesia tenta di comunicare trascendendo le regole linguistiche, volutamente oscura, con l’obiettivo di rinnovare i mezzi espressivi. Per la prima volta sono esplorate le qualità musicali dei toni della lingua cinese, dando enfasi ai suoi valori uditivi: Dai desidera raggiungere in poesia la fluidità tipica della musica, dove anche il silenzio gioca un ruolo dominante in quanto complementare alla melodia. I temi dominanti sono la malinconia, la solitudine, la nostalgia, l’isolamento, che si ripropongono attraverso immagini lugubri e malinconiche: pioggia e foschia, memorie, sogni, cimiteri e giardini deserti, cuori spezzati. I dettagli della vita urbana divengono così i nuovi protagonisti della letteratura e anche le tematiche più tradizionali sono utilizzate in circostanze non convenzionali.

Nel mondo poetico di Dai la memoria è ovunque, funge sia da mezzo che da contenuto della sua creazione poetica, e ne diventa un tratto distintivo. È con la poesia Il viale sotto la pioggia che si stabilisce la sua fama di poeta e modernista: un’atmosfera languida e malinconica, la solitudine e la mancanza di relazioni si realizzano nella figura della giovane fanciulla amata e perduta, e nell’immagine dei fiori, bagnati, che hanno il profumo del ricordo. La donna desiderata è irraggiungibile, la sua immagine è sfocata, il desiderio si fonde con la nostalgia dell’amore perduto:

Sotto il mio ombrello di carta oleata, solo
indugio senza meta nel lungo, lungo
solitario vicolo sotto la pioggia,
sperando di incontrare
somigliante al fiore di lillà
la fanciulla che custodisce il proprio dispiacere.

* Costanza Boriani costanza_bo[@]hotmail.com ha conseguito la laurea specialistica in Lingue e Civiltà Orientali nel marzo 2011 presso la (ormai ex-) Facoltà di Studi Orientali dell’Università La Sapienza di Roma. Tra i periodi di studio e lavoro nel Paese di Mezzo ricordiamo nel 2010 l’esperienza presso il Padiglione Italia dell’Expo di Shanghai. L’interesse per la cultura cinese è evoluto da un amore per la letteratura, che ha generato questa tesi, ad uno per l’arte contemporanea, per la quale spera di contribuire in futuro facendo conoscere all’Italia questo settore in costante crescita ed evoluzione.

** Questa tesi è stata discussa presso l’Università di Roma La Sapienza: relatore prof.ssa Patrizia Dadò, correlatore prof.ssa Elena De Rossi Filibeck

[La foto di copertina è di Federica Festagallo]