Silenzio su Wenzhou

In by Simone

40 morti e 200 feriti è il bilancio del disastro ferroviario di Wenzhou dell’anno scorso. Errore umano e corruzione sono le cause, ma oggi è proibito parlarne. Solo pochi sono arrivati sul luogo per commemorare le vittime. Il cambio dei vertici è vicino e il Partito non tollera dissensi. Il 23 di luglio ha segnato una data particolare per la Cina. Esattamente un anno fa ebbe luogo uno dei più tragici incidenti ferroviari della storia: lo scontro tra due treni ad alta velocità nei pressi di Wenzhou, una città della Cina sud orientale.

A pochi mesi dalla successione dei vertici del Partito, però, le autorità non sembrano inclini ad accettare alcuna espressione di dissenso e hanno impedito le commemorazioni e la copertura da parte della stampa.

Il Wall Street Journal ha aperto così il pezzo sulla censura voluta dal Partito: “Quasi un anno fa, i cittadini cinesi furono oltraggiati dalla vista dei funzionari governativi che spingevano in un fosso i resti distrutti di una delle carrozze coinvolte nell’incidente di Wenzhou, letteralmente seppellendo parte dei resti visibili di uno dei peggiori disastri ferroviari del mondo. E oggi continuano a seppellire”.

La censura, infatti, “ha proibito ai media di coprire il primo anniversario della collisione che ha ucciso 40 persone e ne ha ferite quasi 200”.

La Federazione della stampa ha denunciato che il Ministero delle ferrovie cinesi ha contattato media e giornalisti proibendogli di visitare la scena dell’incidente.

L’incidente avvenuto nell’estate del 2011 non fu solo tragico, ma anche controverso perché creò forti dubbi sulla qualità delle infrastrutture che, secondo alcuni, sarebbero state costruite solo per far crescere il Pil a discapito di qualità e sicurezza.

Le autorità furono contestate duramente anche per la gestione dell’incidente. Mentre il governo cercava di contenere i media nazionali, la furia dei cittadini imperversava sul web, con accuse di insabbiamento di prove, corruzione e scarsa sensibilità per le vittime.

Dopo gli incidenti 54 persone sono state identificate come responsabili e punite.

La commovente storia di Xiang Weiyi, una bambina di tre anni che è stata miracolosamente estratta dalle lamiere a ventun ore dall’incidente e dopo che la ricerca dei sopravvissuti era stata prematuramente sospesa, è stata l’unica ad aver bucato la censura.

Dopo essere apparsa dall’hongkonghese South China Morning Post, è stata ripresa da China Daily e Global Times, i giornali in lingua inglese del Partito.

La bambina, rimasta orfana, si è ritrovata protagonista di un’altra triste storia: l’asilo che avrebbe dovuto frequentare non l’ha accettata perché disabile. Per i problemi alle gambe riportati dopo l’incidente, Weiyi sarebbe più soggetta a possibili rischi dei quali nessuno vuole prendersi la responsabilità.

Secondo quanto riportato oggi 24 luglio dal South China Morning Post, solo pochi sarebbero riusciti ad avvicinarsi alla scena dell’incidente per commemorare le vittime.

Ieri – in occasione del primo anniversario della tragedia – un piccolo gruppo di persone in lutto ha visitato il luogo dell’incidente di Wenzhou, ma non si sono tenute commemorazioni” ha scritto il quotidiano di Hong Kong.

Ci sarebbero stati tre studenti della Communication University of China. Altri sette studenti della Zhejiang University sarebbero stati sul posto nella mattinata del 23.

Domenica 10 luglio diversi residenti di Wenzhou, inclusi dei funzionari e impiegati di aziende di Stato, si sarebbero recati privatamente a commemorare le vittime.

Secondo molti commentatori il motivo di tanta cautela da parte del governo sarebbe la transizione politica prevista per ottobre.

Un alto funzionario dell’amministrazione municipale avrebbe detto a un giornalista dell’Asahi Shimbun che “l’incidente è qualcosa che vogliamo dimenticare”. E avrebbe aggiunto: “Se l’amministrazione locale dovesse preparare una cerimonia commemorativa umilierebbe il Ministero delle ferrovie”. E questo non farebbe certo bene al Partito.

Per il Wall Street Journaluna ripetizione della rabbia vista l’anno scorso – causata dalle immagini dei treni che si sono scontrati, con tanto di carrozze penzolanti dal viadotto – non sarebbe benvenuta”. Tanto più che il governo potrebbe voler “incrementare gli investimenti nelle infrastrutture, incluse nelle ferrovie, per dare una spinta all’economia ora in fase di rallentamento”.

Dopo un anno di proteste, per molti di coloro che hanno perso qualcuno nell’incidente è giunto il momento della resa. Sempre il South China Morning Post ha raccontato la storia di Wang Hui, la moglie di una vittima.

Subito dopo l’incidente, Hui “aveva iniziato una crociata contro il Ministero delle ferrovie, chiedendo le vere ragioni della tragedia e la fredda risposta di quest’ultimo l’aveva spinta a rivolgersi ai media”.

Ma, dopo aver subito forti pressioni dalle autorità locali, sarebbe “scesa a un patti e avrebbe firmato un accordo di compensazione rinunciando al suo diritto di fare causa”.

Il problema è stato riassunto dalle parole di Wang Wei, un tassista locale: “Sappiamo tutti che la ragione essenziale della tragedia è la corruzione all’interno delle Ferrovie. Le persone comuni si sono lamentate e vogliono che i funzionari riflettano sulle loro malefatte e cambino. Ma certamente non lo faranno. E allora che senso ha commemorare l’incidente?

* Michele Penna è nato il 27 novembre 1987. Nel 2009 si laurea in Scienze della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali con una tesi sulle riforme economiche nella Cina degli anni ‘80-’90. L’anno seguente si trasferisce a Pechino dove studia lingua cinese e frequenta un master in relazioni internazionali presso l’Università di Pechino. Collabora con Il Caffè Geopolitico, per il quale scrive di politica asiatica.

[Scritto per Lettera 43; Foto Credits: english.people.com.cn]