Ritorna puntuale come ogni autunno l’allarme smog. L’aria della capitale cinese è infestata da 900mila tonnellate di gas inquinanti, scaricate da oltre 5 milioni di veicoli. Ora il governo promette di agire con un apposito piano anti-smog. Intanto iniziano a diffondersi le navette aziendali con wi-fi e posto prenotato. Ma i trasporti pubblici rimangono carenti. Settembre, andiamo, è tempo di soffocare. È già ora di allarme smog a Pechino.
La capitale è la città più trafficata della Cina e, per questo motivo, i gas di scarico hanno di recente superato le emissioni industriali e domestiche come principale fonte inquinante, con un buon 22,2 per cento di PM 2,5 (le microparticelle che si depositano nei polmoni provocando danni di lungo periodo) scaricate nell’aria.
Lo dicono i dati ufficiali ripresi da Xinhua, secondo cui i veicoli a motore a Pechino consumano più di 7 milioni di tonnellate di carburante ogni anno, scaricando nell’aria circa 900mila tonnellate di emissioni. La capitale ha attualmente 5 milioni e 350mila veicoli, che bruciano più di 4 milioni di tonnellate di benzina e più di 2 milioni di tonnellate di gasolio all’anno. Le emissioni annue ammontano a circa 900mila tonnellate e contengono 77mila tonnellate di idrocarburi e oltre 80mila di ossidi di azoto, secondo Li Kunsheng, funzionario che si occupa di questo problema al locale ufficio di Protezione Ambientale.
Ora, i dati snocciolati alla rinfusa, si sa, dicono poco. Se per esempio si paragonano quelli di Pechino con i corrispettivi londinesi, si apprende che nonostante tutto l’allarmismo, la capitale cinese inquinerebbe meno di quella britannica. Questo, nonostante un’auto targata Pechino percorra ogni anno il 50 per cento di chilometri in più (15mila) di una londinese e oltre il doppio rispetto a una di Tokyo.
Tuttavia, chissà perché, a Pechino è emergenza e a Londra no. Mistero. Resta il fatto che le autorità lanciano l’allarme: “Le emissioni dei veicoli contengono oltre 100 tipi di sostanze cancerogene”, dice lo stesso Li.
Settembre poi è un mese terribile. L’autorità dei trasporti urbani prevede che nove giorni di questo mese saranno da allarme rosso. Questa previsione si basa su un’analisi comparativa dei dati nel corso degli ultimi tre anni, i quali mostrano che la congestione media giornaliera di Pechino a settembre è del 46,1 per cento superiore a quella annuale. Sarebbe tutta colpa del clima freddo autunnale, dell’inizio di un nuovo semestre scolastico e delle due feste nazionali in arrivo. Certo, è anche un po’ colpa della sfortuna: Pechino è infatti circondata da montagne e quindi lo smog non si disperde, un po’ come succede in pianura Padana.
La ormai tradizionale (anche se risale al 2011) “lotteria delle targhe” sembra non bastare più. Consisterebbe nel limitare il numero di licenze rilasciate ogni anno, ma i metodi per aggirarla proliferano (quasi tutti alla voce “corruzione”) e Guo Jifu, direttore del centro pechinese di Ricerca e Sviluppo dei Trasporti confessa all’Osservatore Economico che “rispetto alla rapida crescita delle auto, non abbiamo tenuto il passo in termini di costruzione di infrastrutture, trasporti pubblici, pianificazione, gestione e altri aspetti”.
Pechino ha quindi presentato un pacchetto di misure anti-inquinamento all’inizio del mese, che prevede una riduzione delle emissioni dei veicoli e dell’inquinamento industriale. Siamo alle buone intenzioni, nella fattispecie quelle del governo municipale, che si è impegnato a ridurre le PM 2,5 del 25 per cento entro il 2017. Non si vede ancora il come.
Di concreto, è stato lanciato il progetto delle navette aziendali. È un modello di trasporto a metà tra il privato e il pubblico e dal primo settembre esiste una piattaforma per la prenotazione di autobus-navetta a cura dell’ufficio dei Trasporti. Al momento ci sono 62 bus su 31 percorsi, a breve dovrebbero diventare 120. Un biglietto di andata e ritorno costa 8 yuan per distanze di 20 chilometri, con maggiorazioni di 3 yuan per i successivi 5 km. È circa il doppio di quanto costerebbe la metropolitana, ma sul bus-navetta hai il posto garantito, il wi-fi e l’aria condizionata. Un’impiegata intervistata dall’Osservatore Economico riferisce che il servizio le ha circa dimezzato i tempi per recarsi al lavoro, da 60 minuti a 35 circa.
E il trasporto pubblico-pubblico? In cinese dicono “essere tritati in un polpettone di carne” (jichen roubing) e si capisce al volo. Ma non è solo quello: secondo i dati, chi va al lavoro in autobus invece che in auto ci mette in media più del doppio del tempo. Urgono nuove linee metropolitane, possibilmente senza “tritacarne” annesso.
Ciò nonostante, i pechinesi continuano a credere (e sperare): usano i mezzi pubblici molto più degli altri cinesi. Nel 2012, la percentuale di residenti nella capitale che utilizzano la rete dei trasporti municipali ogni giorno ha raggiunto il 44 per cento, un aumento del 2 per cento rispetto al 2011.
[Scritto per Lettera43; foto credits: slate.com]