scintille

Scintille

In Cina, Cultura by Redazione

Se qualcosa accomuna tutti i paesi è che la storia diventa sempre più terreno di scontro sul presente. In Cina l’interazione tra passato, presente e futuro è un’ossessione millenaria. Le dinastie imperiali riscrivevano il passato per giustificare il loro dominio e dimostrare l’indegnità dei predecessori. Il marxismo si è modernizzato facendo della storia un processo inarrestabile verso la vittoria del comunismo. Il Partito comunista cinese, forte di questo assunto, da decenni riscrive misfatti e tragedie, giustificazioni e violenze. A fronte di una storia autorizzata, fin dagli albori della Repubblica popolare, la controstoria era affidata al coraggio di un pugno di dissidenti. Negli ultimi vent’anni, però, a riscrivere la versione del regime è una rete diffusa attraverso il paese: scrittori, artisti, filmmaker, giornalisti, “cronisti” clandestini che, sfruttando la velocità e l’anonimato della tecnologia digitale, sfidano il governo sul suo terreno più sacro, il monopolio del passato. Una documentarista fa un film su un famigerato campo di lavoro dell’era di Mao. Una giornalista studia le vicende di una fanzine studentesca del 1960, Xinghuo (Scintilla), “spenta” subito nel sangue. Un editore elude la polizia segreta e pubblica un periodico samizdat di argomento storico. Una giornalista indipendente dà voce alle sofferenze di milioni di persone per i lockdown a oltranza. Sono alcune delle persone che hanno partecipato a questa testimonianza corale raccolta dal Premio Pulitzer Ian Johnson nel libro Scintille (24 euro, Neri Pozza 2024). L’opera dà atto di un cambiamento poderoso in essere: le voci di dissenso stanno incrinando la versione ufficiale, combattendo una delle grandi battaglie dell’umanità, memoria contro oblio. Una battaglia che darà forma alla Cina di domani. 

China Files propone un estratto del capitolo 4 Scintilla per gentile concessione dell’editore Neri Pozza.

Zhang Chunyuan era il custode del trattore. A soli ventisei anni era già veterano della Guerra di Corea, dove era stato ferito in battaglia e, in seguito, addestrato alla riparazione e alla guida dei veicoli dell’esercito. Persone con le sue competenze erano una rarità in quella regione arretrata, e i leader locali erano felici della sua presenza. Gli affidarono il compito di sovrintendere al prezioso trattore. Lui lo sorvegliava, lo riparava e lo guidava per i contadini del posto, perché nessun altro ne era capace.

Tuttavia, le capacità di hang non bastavano a nascondere il fatto che fosse un reietto. Era uno studente universitario e soldato decorato al valore, una combinazione all’apparenza inattaccabile, ma era a Mapaoquan perché era rimasto invischiato nella Campagna anti-destra. Nel maggio 1958 era stato esiliato nella cittadina insieme ad altri quaranta studenti e professori dell’università di Lanzhou: erano tra i milioni di persone che avevano risposto alla richiesta di critiche fatta dal Partito comunista e che avevano offerto commenti moderati e costruttivi su problemi che ritenevano risolvibili. Quello era il risultato. Nella primavera del 1959, proprio mentre i fiori sbocciavano nel campus universitario, hang e gli altri furono deportati a Tianshui e spediti a lavorare nelle campagne.

Studenti e insegnanti vennero divisi in due squadre: una fu mandata più a ovest, nella vicina contea di Wushan, mentre hang e un’altra ventina di persone furono assegnati a Mapaoquan. Il lavoro da svolgere era di tipo agricolo, come seminare nei campi o badare al bestiame. In quel momento cominciava a dilagare la Grande carestia del 1959 e gli studenti e le studentesse furono i primi testimoni dei suoi spaventosi effetti: loro erano giovani e forti, in grado di sopportare la fame, ma videro gli anziani, i deboli e i piccoli morire lentamente.

Gli studenti scamparono al peggio anche perché il popolo cinese ha sempre amato molto l’istruzione: perfino in tempi di fame, i funzionari locali si resero conto del fatto che quei giovani esiliati disponevano di conoscenze di gran lunga superiori a quelle della gente del posto, e uno di loro ebbe l’idea di sfruttarli per gestire una libera università in cui insegnare a leggere ai contadini della zona. In questo modo, il gruppo trovava tregua dai lavori pesanti e poteva preparare le lezioni negli uffici del Partito accanto alla rimessa del trattore. I giovani poterono anche sfruttare la rara opportunità di leggere i quotidiani nazionali e seguire la serie di terribili, surreali eventi che avevano portato alla carestia e che impedivano di cambiare la
situazione.

Nell’agosto del 1959, i giornali parlarono dei raccolti da record della provincia dello Henan e di altri avvenimenti miracolosi, tutte informazioni evidentemente false. Come scrisse più avanti una studentessa, Tan Chanxue, nel proprio memoir: «A quanto pareva, la produzione di grano era alle stelle, ma la gente aveva la pancia vuota e i contadini erano affamati e stravolti. Si finiva per grattare la corteccia dagli alberi e raccogliere le erbe selvatiche nei
campi».

Presto gli studenti cominciarono ad assistere a episodi di cannibalismo. Scendendo dalle montagne in cerca di radici commestibili, Tan e i suoi compagni di studi videro un gruppo di persone accalcate intorno a un uomo che vendeva bao farciti di carne, un miracolo. «Il giorno dopo si diceva che qualcuno avesse trovato un’unghia nel ripieno. Mi sentii mancare. Mio Dio!»

Gli anziani scomparvero, solo per essere trovati smembrati e appesi ai ganci da macellaio in qualche cantina. Tan si rese conto che potevano sopravvivere solo tre tipi di persone: i funzionari, che potevano sfruttare il loro potere per ottenere cibo; i furbi, se erano capaci di rubare con qualche sotterfugio; e infine quelli che fuggivano a ovest, verso le oasi dello Xinjiang, al confine con la Turchia, dove c’erano ancora grano e frutta.

Gli studenti si incontravano spesso alla rimessa del trattore di hang. Si trovava in un punto comodo, sulla strada principale, e lui era affabile e premuroso con tutti. Forte, robusto, con le sopracciglia folte e il viso squadrato, aveva uno sguardo sensibile e amava leggere. I suoi studi si integravano con le esperienze vissute in guerra, dotandolo di un bagaglio di conoscenze inattingibili per chi si era formato solo sui libri. Ma lui non era uno che faceva prediche o che ostentava superiorità, anzi, coinvolgeva gli altri in lunghe conversazioni sul futuro della Cina. Un punto su cui insisteva sempre era il fatto che, anche se loro erano solo studenti in esilio, dovevano assolutamente aiutare la nazione. «Era davvero in disaccordo con quelli che pensavano solo a sé stessi» ricorda Tan Chanxue. «Non diede mai grande importanza alla sua libertà personale».

Alcuni persero ogni speranza e cercarono di fuggire dalla Cina. Uno di questi era Ding Hengwu, laureato in Matematica, un ragazzo muscoloso e tarchiato. Aveva sempre fame, ma passava ore intere ad allenarsi a nuoto in un laghetto artificiale della zona: era parte del suo piano di fuga. Un giorno se ne andò, deciso a percorrere oltre millecinquecento chilometri a piedi, per poi attraversare il Mekong a nuoto e raggiungere il confine con la Birmania. Nessuno
ebbe più sue notizie.

Ma la storia più sconvolgente era quella di un altro loro compagno di studi, Sun iyun. Era laureato in Letteratura cinese e membro del Partito comunista. Vedendo crescere il bilancio delle vittime della carestia, Sun scrisse una lettera allo Hongqi (Bandiera rossa), il più importante periodico
dei teorici del Partito, per informare la redazione del disastro in corso. Andava fiero di quella lettera. Certo che il Partito non fosse a conoscenza della situazione reale, Sun pensava che i suoi cauti, leali consigli sarebbero stati accolti e seguiti da un invio di aiuti, e attese trepidante insieme agli altri studenti.

Qualche mese dopo, nell’autunno 1959, alcuni militari vennero ad arrestarlo mentre lavorava nei campi. Lo picchiarono davanti a tutti e cercarono di fargli confessare di aver preso parte ad attività controrivoluzionarie. Lo abbandonarono con secchi di feci e urina appesi al collo, finché le maniglie non gli affondarono nella pelle e lui svenne. Poi lo ammanettarono così stretto da bloccargli la circolazione dei polsi e mandargli le mani in cancrena. Alla fine, Sun riuscì a scappare e a raggiungere un’altra provincia. L’episodio sconvolse gli altri studenti: se anche un leale membro del Partito come Sun poteva essere trattato in quel modo, voleva dire che il Partito non nutriva alcun interesse per la verità.

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