La Chiesa cattolica romana e il Partito comunista cinese non si riconoscono vicendevolmente. Ma entrambi sono regimi autoritari i cui leader sono espressione di una minoranza. Per la Cina abbiamo già il nome del prossimo Presidente, ma il prossimo Papa sarà veramente il cardinale Scola?
Strano incrocio di destini, quello tra la Chiesa cattolica romana e il Partito comunista cinese. Due regimi autoritari, che in passato si sono sfidati e si sono combattuti aspramente – si combattono ancora, perche’ alcuni ostinati preti, vecchi e meno vecchi, continuano ad essere perseguitati, arrestati e a volta torturati dagli agenti della polizia politica cinese. La Ccr non riconosce il Pcc: la sua Ambasciata in Cina, la Nunziatura Apostolica, si trova ancora a Taiwan. E il Pcc non riconosce la Ccr. Al suo posto, ha creato l’Associazione Patriottica dei Cattolici Cinesi, che è il pomo della discordia tra le due entita’.
I suoi funzionari, con i quali ho discusso spesso, sostengono di essere cattolici “indipendenti”, cioè che seguono il Papa per quanto riguarda le questioni religiose ma non per quelle politiche. Hanno sempre respinto scandalizzati la mia affermazione, “allora siete protestanti!”. L’Associazione appartiene al Pcc, non alla Ccr, e risponde all’Ufficio affari religiosi , cioè un organismo apertamente politico che pretende di eleggere i vescovi cattolici, nominare gli imam musulmani, trovare le reincarnazioni dei maestri buddhisti. Inutile dire che i vescovi, gli imam e i “Buddha viventi” che vengono prescelti sono prima di tutto funzionari del Pcc e solo in secondo luogo espressione delle comunità dei credenti delle varie religioni.
Decine, centinaia di persone dalle due parti, anche molto “in alto” come Deng Rong, una delle figlie di Deng Xiaoping e principessa dell’aristocrazia rossa cinese, hanno cercato di avvicinare i due soggetti, invano. A piccole, e anche non tanto piccole, aperture, seguono immancabilmente clamorose rotture.
Due soli nello stesso cielo, come dicono i cinesi, non ci possono essere. Davvero? Per uno scherzo della storia, ora il Pcc si trova, per la prima volta nella sua storia, ad avere non due ma tre soli nel suo alto cielo: l’ex-presidente Jiang Zemin, l’attuale presidente presto dimissionario Hu Jintao e il nuovo segretario del Pcc e presto presidente della Repubblica Xi Jinping. La Ccr è già stata in questa situazione, ma questo succedeva 600 anni fa. Ora, avrà di nuovo due soli, il teologo presto ex-Papa Joseph Ratzinger e il suo successore, che verrà eletto in marzo (mi pare che secondo gli esperti il favorito sia il cardinale Angelo Scola, ma nei conclave chi parte favorito spesso rimane fregato). Vediamo le eta’: 86 anni Jiang Zemin e Ratzinger, 72 Scola (più o meno la stessa degli altri papabili, ma potrebbe essere eletto qualcuno più giovane), 71 Hu Jintao, 60 Xi Jinping.
E vediamo le date: il 5 marzo si apre a Pechino l’Assemblea Nazionale del Popolo (Npc nella sigla inglese) che eleggerà Xi Jinping presidente. Durerà fino al 12 marzo, data nella quale, giorno più giorno meno, si riunirà il conclave della Ccr. Alla fine di marzo, i giochi saranno chiari – almeno dal punto di vista formale. Pur rimanendo vero che le Vie del Signore (e quelle della storia) sono infinite, se proprio devo fare una previsione, non credo che la Ccr e il Pcc si accorderanno mai. Chiaro, a meno che uno dei due, o tutti e due, non cambino profondamente la loro natura, cosa della quale non vedo segni. Al momento l’unica possibilità è che la Ccr accetti di stare in Cina in posizione subordinata al Pcc, cosa molto, molto difficile.
Si andrà avanti così – a singhiozzo, con timide aperture e brusche chiusure – a tempo indeterminato.
Per una volta, però, la Ccr – che è un organizzazione di potere più antica e più saggia del Pcc – potrebbe imparare qualcosa dai comunisti cinesi. Questi, in un modo o nell’altro, un meccanismo per determinare la successione al vertice l’hanno trovato: ne sa qualcosa l’ambizioso Bo Xilai, che ha cercato di cortocircuitare il sistema e l’ha pagata con la galera e una condanna sicura (probabilmente a morte “sospesa”, cioè un ergastolo). All’Npc non ci saranno sorprese. Xi Jinping sarà eletto presidente e il grigio Li Keqiang sarà il suo primo ministro. I conti sono stati regolati prima della sua sessione. Al contrario mi sembra di capire che alla fine di marzo dalla Cappella Sistina, dopo il terremoto della dimissioni di Ratzinger, qualche sorpresa potrebbe venir fuori (anche se ci credo poco)…uno a zero per il Pcc?