Rissa alla Foxconn

In by Simone

La Foxconn torna al centro dell’attenzione dei media internazionali. Ieri, nello stabilimento di Taiyuan, nel centrale Shanxi, circa 49 lavoratori sarebbero rimati feriti in una rissa. Nonostante l’intervento di Apple di qualche mese fa, permangono dubbi sulle reali condizioni di lavoro dei dipendenti dell’azienda taiwanese.
L’impianto della Foxconn di Taiyuan, nel nord cinese (Shanxi) sarebbe stato chiuso, per indagare sulle cause che hanno scatenato violenti scontri – avvenuti ieri – all’interno di uno dei dormitori che ospita duemila lavoratori. Durante gli incidenti 49 lavoratori sarebbero rimasti feriti, mentre l’azienda taiwanese non ha lasciato trapelare alcuna informazione circa le cause di quella che la Reuters ha definito come una “sommossa”.

Secondo le prime indiscrezioni all’origine dei disordini ci sarebbero scontri personali tra addetti giunti da province diverse. Alcune persone sarebbero state arrestate, mentre la Foxconn non ha confermato quanto trapelato nelle prime ore, ovvero che nell’impianto dello Shanxi si assemblerebbero gli Iphone 5.

Si tratta dell’ennesimo evento che pone l’azienda taiwanese dinnanzi ai riflettori internazionali per quanto riguarda la gestione della sua forza lavoro. Secondo quanto ricostruito dalle agenzie e attraverso i messaggi scovati nel web cinese, la Foxconn avrebbe dichiarato che l’incidente di domenica sarebbe stato l’atto finale di una “escalation di quella che si può definire come una controversia privata tra diversi dipendenti scoppiata intorno alle undici di sera di domenica in un dormitorio, poi messo sotto controllo dalla polizia un’ora dopo circa”.

La causa di questa “controversia” è al momento oggetto di indagine da parte delle autorità locali: “stiamo lavorando a stretto contatto con loro in questo processo, ma sembra che tutto quanto  accaduto non sia collegato a questioni lavorative”, hanno fatto sapere dalla Foxconn.

Alcuni commenti on line, sui social network cinesi, tuttavia, suggeriscono che il comportamento delle guardie di sicurezza possa essere stato una della cause del divampare più generale delle proteste.

Su Weibo, come riportato anche dalla Reuters, un utente che si è firmato “Jo-Liang”, ha scritto che “cinque guardie avrebbero picchiato a morte un lavoratore”, mentre un altro utente ha specificato di aver visto due guardie picchiare violentemente alcuni lavoratori all’interno dei dormitori. 

 
Secondo i primi resoconti pubblicati dall’agenzia di stampa ufficiale Xinhua, l’opinione della polizia locale è che lo scontro sia stato tra “lavoratori della provincia di Shandong e quelli della provincia dell’Henan”.

L’agenzia di stampa governativa ha inoltre riferito che circa 5mila poliziotti sono stati inviati a “reprimere la violenza”, secondo quanto affermato dall’ufficio di pubblica sicurezza della città di Taiyuan.

La polizia avrebbe inoltre confermato il dato rilasciato dalla Foxconn, secondo il quale almeno 40 persone sono state mandate in ospedale poiché ferite (due sarebbero in gravi condizioni), mentre un numero non precisato di persone sarebbe in stato di arresto.

Anche se gli eventi non sembrano collegati a condizioni di lavoro o problematiche scaturite da proteste legate a orari o salari, Geoff Crothall, direttore delle comunicazioni di China Labour Bulletin, un gruppo di attivisti che si occupa dei diritti dei lavoratori cinesi a Hong Kong, ha detto in una dichiarazione che “tra i dipendenti della Foxconn c’è sempre molta frustrazione, perché all’interno dell’azienda non c’è nessun dialogo e nessun mezzo di risoluzione delle controversie, non importa quanto piccolo. Quindi non sorprende se tali controversie rischiano di degenerare, ogni volta, in violenza”.

La Foxconn è da tempo al centro dell’attenzione mondiale: prima per un’ondata di suicidi di alcuni dei propri dipendenti, poi per le proteste per le condizioni di lavoro, che avevano provocato anche la necessità di un audit internazionale ed una pressione sulla Apple affinché controllasse al meglio le condizioni di lavoro dei propri fornitori cinesi.

Regime interno militare, straordinari non pagati, condizioni al limite data l’ingente necessità di consegnare nuovi prodotti: queste alcune delle critiche che non poche organizzazioni non governative avevano rivolto alla Foxconn.

Dopo l’attenzione internazionale e le promesse da parte del management dell’azienda taiwanese, però, nel maggio scorso una nuova ricerca aveva riproposto i consueti temi: secondo un rapporto della Students and Scholars Against Corporate Misbehaviour (Sacom) di Hong Kong condotto tra marzo e maggio, attraverso interviste al personale di varie fabbriche della Foxconn, sarebbe emerso che le condizioni lavorative sarebbero ancora basate sullo sfruttamento e sul regime interno di tipo militare.

[Scritto per Wired; foto credits: Reuters]