La Casa bianca punta al disgelo con la Russia per creare un solco con Pechino, ma riuscire nell’intento è tutt’altro che semplice. E il paragone con Nixon è fuorviante…
Prima una telefonata, poi una doppia visita reciproca. Xi Jinping e Vladimir Putin si cercano, alla ricerca di conferme su un’amicizia che negli scorsi anni ha in realtà già mostrato qualche limite, ma sembra lontana dal punto di scoppiare come vorrebbe Donald Trump. Il contropiede negoziale degli Stati uniti sulla guerra in Ucraina e sui rapporti con Mosca non ha fin qui fatto scattare l’allarme a Pechino, dove c’è la consapevolezza di aver messo fondamenta assai solide sulla partnership con il grande vicino. Ieri, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha incontrato l’omologo russo, Sergej Lavrov, a margine della ministeriale del G20 in Sudafrica. “Si sta aprendo una finestra per la pace”, ha detto Wang, che ha ribadito il sostegno a “tutti gli sforzi utili a una soluzione politica, incluso il consenso raggiunto da Stati uniti e Russia”.
Si tratta d’altronde della linea ufficiale mantenuta sin dall’inizio del conflitto. Allo stesso tempo, Wang sottolinea che “a dispetto dei cambiamenti nel panorama internazionale, le fondamenta dell’amicizia tra Cina e Russia restano indistruttibili”. Quasi un avvertimento a Washington, che l’idea di provare a scavare un solco tra Pechino e Mosca è destinata a restare un desiderio inespresso. E, forse, anche un implicito richiamo al Cremlino a non deviare dal percorso degli ultimi anni e non farsi ammaliare dalla Casa bianca. In molti, sui media occidentali e non, ritengono che l’obiettivo di Trump sia quello di provare a ripetere quanto fatto da Richard Nixon durante la guerra fredda: normalizzare i rapporti con la Cina per isolare l’Unione sovietica. Stavolta, ovviamente, all’inverso.
Ne è convinto, tra gli altri, il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko: “Non sappiamo cosa vogliono gli Stati uniti per porre fine alla guerra. Ma non bisogna farsi ingannare, credo che cercheranno di mettere i russi contro i cinesi”. Proprio per evitare sorprese, la Cina potrebbe puntare a partecipare alla mediazione. “In tal modo si ridurrebbe il rischio che gli Stati uniti utilizzino la distensione con la Russia per danneggiare gli interessi cinesi”, ha detto alla Reuters l’esperto di relazioni sinoeuropee Cui Hongjian. Diversa l’opinione di Alexander Gabuev del Carnegie Russia Eurasia Center, secondo cui Pechino “è felice di non essere chiamata in causa perché non sa cosa chiederà Trump”.
Di più. Non siglare un accordo sbilanciato a favore di Putin può essere un fattore positivo per i rapporti tra Cina ed Europa, persino tra Cina e Ucraina. Secondo molti osservatori cinesi, peraltro, la manovra trumpiana farà fatica a funzionare. All’epoca, Nixon sfruttò le divisioni già in essere tra Pechino e Mosca, persino coinvolte in scontri al confine. Stavolta, Washington dovrebbe rompere l’allineamento tra due potenze che condividono molte prospettive sull’ordine globale. Senza contare che è la Cina a essere più integrata all’economia occidentale rispetto alla Russia, che ha invece accresciuto la sua dipendenza nei confronti di Pechino con la guerra in Ucraina.
Certo, Putin potrebbe usare il disgelo per aumentare la propria autonomia strategica, ma l’imprevedibilità americana e i nervi tesi con l’Europa non facilitano un’ipotetica rottura. “Il Cremlino sa che i paesi occidentali non si fideranno mai totalmente della Russia, né la accetteranno come una di loro”, ha detto il politologo Wang Shuo alla tv di stato. Probabilmente Xi lo ricorderà a Putin, sia al telefono che nel doppio incontro previsto a maggio a Mosca per il giorno della vittoria e a settembre a Pechino per l’80esimo anniversario della sconfitta dei giapponesi.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il Manifesto]
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.