Pneumoconiosi. La malattia dei migranti

In by Simone

Dati allarmanti sulla pneumoconiosi, patologia polmonare incurabile dei cosiddetti migranti, in questo caso i minatori e i lavoratori edili. Di fatto è la malattia di chi, negli ultimi 20 anni, ha costruito il miracolo economico. Secondo il CLB, per Pechino è arrivato il momento di pagare il conto.
Di tanto in tanto leggiamo di incidenti in miniera avvenuti in Cina in cui muoiono decine di lavoratori e ci rattristiamo per le nefaste conseguenze dell’assenza di sicurezza sul lavoro. Ma queste sono briciole se si pensa al numero di malati di pneumoconiosi. Un recente rapporto del China Labour Bullettin (CLB) – ong di Hong Kong impegnata in difesa dei diritti dei lavoratori – denuncia che la malattia ha ormai colpito un numero di lavoratori compreso tra il milione delle fonti ufficiali e i sei milioni stimati dal CLB medesimo.

La pneumoconiosi è una malattia professionale incurabile che comporta reazioni fibrose croniche polmonari ed è provocata dalla prolungata inalazione di quantità eccessive di polveri. Colpisce prevalentemente chi lavora nelle miniere di carbone, ma anche chi taglia pietre e minerali e quindi anche chi lavora nel settore edile e nella manifattura di gioielli. Attacca quindi soprattutto i cosiddetti lavoratori migranti, quelli che dalle campagne si spostano alla ricerca di un lavoro che permetta la sussistenza delle loro famiglie. E proprio perché è la fascia di popolazione più povera, incolta e meno tutelata dell’intera Cina, i media ufficiali hanno a lungo ignorato il fenomeno.

Di fatto è la malattia di chi, negli ultimi vent’anni ha costruito il miracolo economico della nuova Cina. E, secondo l’ong di Hong Kong, per Pechino è arrivato il momento di saldare il debito con i lavoratori e le loro famiglie. Sì, perché in genere i lavoratori colpiti da questa malattia rappresentano l’unica fonte di reddito dell’intera famiglia, che improvvisamente si trova costretta a indebitarsi per garantire il sostentamento dei propri membri oltre che per le cure mediche che i malati devono affrontare.

Il China Labour Bullettin ha fatto il conto di quanto costerebbe allo stato cinese: 1200 euro all’anno per le cure di ogni malato, il doppio se si decidesse di mantenere anche le loro famiglie. Una cifra totale che equivale a quanto lo stato cinese spende per le automobili dei propri funzionari. Affrontarla sarebbe un atto dovuto, visto che per almeno un decennio non è stato fatto nulla per migliorare le condizioni di questi lavoratori né per vigilare sull’applicazione di misure di prevenzione nei cantieri e nelle miniere.

Il rapporto pone anche l’accento sulle responsabilità. In queste due decadi che son servite alla Cina per diventare la seconda potenza economica mondiale, il consumo energetico e i cantieri edili sono cresciuti di conseguenza. E la principale fonte di energia è il carbone estratto dai lavoratori migranti, che nella maggior parte dei casi non hanno nemmeno mai visto un contratto di lavoro. Sempre a loro si deve il boom dell’edilizia.

La storia dei diritti negati passa per false diagnosi e sit in di massa. Il caso più eclatante degli ultimi anni è quello degli edili di Shenzhen, la megalopoli spuntata dal nulla di fronte ad Hong Kong, dove si concentrano milioni di industrie. Qui nel 2009 un lavoratore di ventotto anni arrivò a farsi aprire i polmoni per dimostrare che tutte le diagnosi che gli avevano fatto per due anni erano sbagliate, e che soffriva proprio dell’incurabile pneumoconiosi. Aveva convinto anche gli altri suoi cento compaesani, che avevano lavorato assieme a lui e che soffrivano della sua stessa malattia, a manifestare di fronte al palazzo della municipalità di Shenzhen. Dopo diverse lotte erano stati compensati con circa 3500 euro, ma il governo locale non aveva mai ammesso di averli fatti lavorare in assenza di sicurezza.

È solo un esempio di come sia difficile per i lavoratori affetti da questa terribile malattia ottenere una giusta diagnosi, il riconoscimento e il risarcimento pubblico. Uno dei più grandi giornalisti d’inchiesta cinese, Wang Keqing, ha fondato nel 2011 un’organizzazione, Da’ai Qingchen, che ha raccolto diversi fondi pubblici e privati per sopperire alla mancanza di assistenza da parte del governo centrale per le vittime di pneumoconiosi. Grazie a internet ha ricevuto l’appoggio di attori e cantanti che volontariamente ne sono diventati testimonial.

Ma, come ha sottolineato lo stesso Wang Keqing, l’azione su base volontaria non basta. E secondo il China Labour Boullettin è arrivato il tempo che il governo faccia la sua parte. Deve condurre un censimento nazionale per stabilire l’esatto numero dei malati di pneumoconiosi, istituire un fondo per i risarcimenti ed eliminare il problema alla radice garantendo che le norme di sicurezza vengano applicate. Lo deve ai lavoratori che instancabilmente hanno costruito la sua fortuna.

[Scritto per Rassegna.it; Fotocredits: www.echinacities.com]