Plenum del PCC: misteri e successioni

In by Simone

«Nei giorni precedenti il quinto Plenum del diciassettesimo Comitato Centrale del Partito comunista cinese, molti professori e politici occidentali si sono prodigati a consigliare alla Cina riforme politiche, in modo da mantenere stabile il proprio sviluppo economico. Questa attitudine dimostra una completa ignoranza di quanto sta accadendo in Cina». Lo ha scritto in un editoriale il Global Times, giornale cinese in lingua inglese, uno dei più aperti del paese: una forma di benvenuto particolare e piuttosto astiosa nei confronti dei tanti occidentali interessati alle discussione dei capi della nazione cinese in corso da ieri a Pechino. Un ragguaglio che nasce in circostanze particolari e che al di là dell’ansia di rimbrotto cinese nei confronti dell’Occidente, segnala l’importanza del vertice in un crocevia fondamentale per il futuro della Cina.

La conferenza annuale del Comitato Centrale del Partito comunista cinese, l’organo più alto del Partito, incaricato di nominare i membri del ristretto Politburo cinese e il segretario generale, è un evento che si ammanta tradizionalmente del proprio fascino misterioso, con i suoi trecento membri rinchiusi a discutere del futuro del paese. Quasi sempre la segretezza delle discussioni è l’unico dato certo prima dell’incontro: le sorprese, le liti, le congiure e le decisioni salienti sono uno spettacolo riservato ai figli dell’attuale cielo di Pechino.

Questo Plenum poi arriva al termine di uno stress tour da parte della dirigenza cinese, quasi da guerra fredda: scioperi in primavera che hanno fatto gridare alla rivoluzione, le beghe con gli imprenditori di Hong Kong in tema di regolamentazione del mondo del lavoro, il premier Wen Jiabao che alla CNN parla di riforme democratiche e viene censurato dal proprio Ministero della Propaganda in patria, il Nobel al dissidente Liu Xiaobo, condannato dalla giustizia locale a 11 anni di carcere, la lettera degli anziani del partito contro i limiti alla libertà di espressione in Cina.
Sullo sfondo due questioni non da poco: la diatriba sulla rivalutazione dello yuan con Stati Uniti e alcuni paesi europei che la richiedono a gran voce nonché con misure economiche ad hoc e la necessaria decisione circa la sucessione politica di Hu Jintao e Wen Jiabao, che passerano le consegne nel 2012, quando cinque noni del Politburo, i nove padroni della Cina, raggiungeranno i 70 anni e dovranno quindi ritirarsi.

Una rivoluzione cinese nella classe dirigente partirà con la probabile nomina di Xi Jinping – uno dei taizidang, ovvero il partito dei principi, figlio di Xi Zhongxun uno dei padri fondatori della Repubblica Popolare – al ruolo di vice presidente della Commissione militare centrale, anticamera del ruolo di presidente dal 2012. Xi Jinping è legato al gruppo di Shanghai, sempre potente all’interno del Partito, nonostante rumors indichino il favorito di Hu Jintao in Li Keiqang, uno dei populisti (in una visione politica cinese che segue altri canali, più di relazioni, di guanxi, rispetto a dettami ideologici). L’anno scorso gli andò male, perché la nomina non arrivò: a questo giro sembra maturo il compromesso tra Hu Jintao e i fedeli di Jiang Zemin in seno al partito.

L’attenzione in Cina, naturalmente, svia da questioni personali e profili di alti papaveri del Partito: si parla di altro. A cominciare dai nodi che dovranno essere risolti in tema di ingiustizie sociali, differenze economiche, regolamentazione del mondo del lavoro, attuazione del nuovo piano quinquennale. Terreni sui quali i cinesi si muovono con tutta la cautela possibile, in uno scontro dialettico ormai infuocato con l’Occidente.

Il nostro mondo è in attesa, mentre dopo i riflettori mediatici al premio Nobel Liu Xiaobo, ormai poca attenzione viene riservata alle conseguenze dell’evento. Agli arresti domiciliari la moglie Liu Xia, così come lo scrittore Yu Jie (autore di un libro contro il premier Wen Jiabao, recentemente pubblicato a Hong Kong), mentre risulta sparita Ding Zilin, una delle anime più influenti del movimento delle madri di Tiananmen: telefono disabilitato, secondo alcuni testimoni sarebbe stata portata via insieme al marito da alcuni agenti armati. Questo l’attuale bilancio dell’esposizione mediatica internazionale cinese.
 

[Anche su Il Manifesto del 16 ottobre 2010]