La dura vita dei giornalisti stranieri in Cina, con la Cina che nega il visto e la residenza per un giornalista di South China Morning Post e Reuters. Il sondaggio online della commissione disciplinare del Partito comunista cinese sulla corruzione. Infine, il megaconcorso nell’esercito cinese, con oltre 100mila candidati. La dura vita del giornalista straniero
Due notizie del weekend preoccupano i giornalisti stranieri che lavorano in Cina. La prima riguarda Paul Mooney, un ex reporter dell’hongkonghese South China Morning Post, ora accreditato per Reuters, a cui le autorità cinesi hanno negato il visto e la residenza permanente.
Mooney, statunitense, è considerato una “old China hand”, avendo lavorato sul suolo del Celeste impero per diciotto anni. Era rientrato l’anno scorso in patria, quando il suo permesso giornalistico in Cina era scaduto. Ora lamenta che la negazione del visto potrebbe essere collegato alla sua continua copertura di storie che riguardano i diritti civili oltre Muraglia.
L’altra vicenda riguarda una sorta di “autocensura” che Bloomberg avrebbe messo in atto per rientrare nelle grazie del governo cinese. Un anno e mezzo fa, la nota agenzia di informazioni economiche aveva fatto uno scoop sulle ricchezze della famiglia dell’attuale presidente Xi Jinping. Da allora, l’accesso al suo sito è bloccato in Cina.
Ora, rivela il New York Times, Bloomberg avrebbe sospeso ogni attività di giornalismo investigativo, proprio del genere di quella che consentì lo scoop (o presunto tale, di fatto dall’inchiesta del 2012 non emerse nessuna irregolarità nell’accumulo di ricchezze da parte dei familiari di Xi), per rientrare nelle grazie di Pechino.
La vicenda è anche una nuova scaramuccia nella guerra tra i media corporate anglosassoni, che si contendono autorevolezza sulle cose cinesi. Il New York Times, che oggi rivela i retroscena di Bloomberg, è lo stesso giornale che, pochi mesi dopo lo scoop su Xi Jinping, ne pubblicò un altro sulle ricchezze dell’allora premier Wen Jiabao. In netto ritardo sul concorrente, ma scoprendo intrallazzi più verosimili e soprattutto, in un momento “sensibile”: alla vigilia del congresso che cambiò la leadership cinese. Da allora, anche il sito del New York Times è bloccato in Cina.
Anticorruzione 2.0
La Commissione Centrale per l’Ispezione Disciplinare (Ccid) del Partito comunista cinese ha lanciato un sondaggio online per raccogliere pareri sulle proprie attività anticorruzione e sul percorso intrapreso dalla nuova leadership in direzione di un governo pulito.
Al sondaggio, che durerà fino al 7 dicembre, si può accedere attraverso il sito web della stessa Commissione, dove gli intervistati possono dare risposte a sei domande. Non è necessario fornire i propri dati personali ad eccezione di età e professione. Fino a sabato scorso, la pagina era stata cliccata 6179 volte.
Nei primi otto mesi del 2013, un totale di 129 funzionari di livello prefettizio o superiore sono stati messi sotto inchiesta in Cina, per sospetta corruzione e concussione. Il malaffare dei potenti è considerato un grande problema in tutto il Paese, fonte principale di diseguaglianza sociale e instabilità politica.
Dal proprio insediamento circa un anno fa, la nuova leadership guidata da Xi Jinping e Li Keqiang ha lanciato una grande campagna anticorruzione che, nelle parole del presidente cinese, “colpirà sia le tigri sia le mosche”, intendendo sia i pesci piccoli sia quelli grandi.
Le domande lanciate dalla Ccid sono: sei soddisfatto dei risultati finora ottenuti nella costruzione di un governo pulito e nella lotta alla corruzione?; durante l’ultimo anno, hai visto qualche cambiamento per quanto riguarda lo stile di lavoro deviato e i problemi di corruzione?; sei fiducioso per quanto riguarda lo sradicamento della corruzione?; come si può valutare l’efficacia nella realizzazione degli “otto punti” stabiliti dalla nuova leadership del Partito per la riforma ella burocrazia?; quando ci hai avuto a che fare, hai mai dato soldi al personale di governo, alle imprese di proprietà dello Stato o alle istituzioni amministrative?
Infine una domanda sui metodi preferiti dagli utenti/cittadini per segnalare i fenomeni di corruzione: dalla lettera alle istituzioni competenti, all’esposizione del caso attraverso i media; dalla divulgazione attraverso siti ufficiali, alla soffiata online attraverso i social media.
Megaconcorso nell’esercito
Come in Italia, più che in Italia. Più di 100.000 persone, “la maggior parte in possesso di diplomi universitari di livello superiore”, hanno fatto domanda online per entrare nel personale civile dell’esercito cinese, riporta l’agenzia di stampa ufficiale, Xinhua. Era possibile candidarsi durante “la finestra” temporale compresa tra il 22 ottobre e il 5 novembre.
Solo uno su 38 candidati potrà entrare nell‘Esercito Popolare di Liberazione (Epl), dopo essere passato attraverso il test che si terrà il 15 dicembre.
Quello in corso è il primo “reclutamento unificato di personale civile” per l’Epl – commentano i media cinesi – in un tentativo di attirare nelle forze armate sempre più talenti e di rendere più trasparenti le procedure relative all’occupazione.
Le posizioni civili, nell’esercito, ricoprono incarichi “tecnici e professionali”, tra cui l’insegnamento, la ricerca scientifica, l’ingegneria, la salute, la cultura, lo sport e le biblioteche, così come i servizi di logistica.
[Foto credits: smh.com.au]