Sfidando Chiesa cattolica e gruppi pro-life i deputati filippini hanno dato il primo sì alla legge sulla salute riproduttiva. Lo Stato indiano del Guarat va ai seggi con gli occhi puntati su Modi e Amnesty International critica l’esercito pakistano.
FILIPPINE – Primo sì alla salute riproduttiva
La Camera dei Rappresentanti delle Filippine ha approvato la legge sulla salute riproduttiva. I voti a favore sono stati 113 su 220 deputati.
Il disegno di legge tra le altre norme prevede l’educazione sessuale nelle scuole, mezzi di contraccezione gratuiti, e garantisce assistenza ospedaliera pubblica per pratiche di sterilizzazione maschile o femminile.
La legge ha polarizzato l’opinione pubblica del Paese a maggioranza cattolica, provocando la reazione delle autorità ecclesiastiche e dei gruppo pro-vita che la considerano un primo passo verso la legalizzazione dell’aborto.
Sostegno invece è arrivato dai gruppi femministi e dalle Nazioni Unite.La legge è stata voluta dal presidente Benigno Aquino con l’obiettivo di sradicare la povertà in un Paese di 100 milioni di persone e l‘alto tasso di mortalità materna.
INDIA – Si vota nel Gujarat
Lo Stato indiano del Gujarat va ai seggi per la prima fase di una tornata elettorale cui si guarda con attenzione a livello federale per il risultato dell’attuale e controverso Chief Minister, Narendra Modi.
Forte dei successi economici dello Stato leader nazionalista hindu è considerato tra i papabili per la corsa alla poltrona di primo ministro. Modi era al governo dello Stato durante gli scontri del 2002 che fecero almeno un migliaio di morti, in maggioranza musulmani. Accusato di non aver fatto molto per fermare le violenze fu oggetto di sanzioni statunitensi e britanniche. Un boicottaggio durato fino allo scorso ottobre.
PAKISTAN – Amnesty contro l’esercito
Amnesty International ha accusato l’esercito pakistano di violare i diritti umani nella campagna contro i miliziani talebani nelle aree tribali del nordovest del Paese. I militari sono accusati di arresti arbitrari e torture. I detenuti sopravvissuti e alle loro famiglie sono inoltre minacciati affinché mantengano il silenzio e non parlino del comportamento dei soldati.
L’organizzazione per la tutela dei diritti umani punta il dito anche contro i talebani colpevoli per l’uccisione di civili e di militari catturati. Amnesty ha inoltre sottolineato di non essere a conoscenza di alcun esponente delle forze armate in attività o congedo, membro delle forze speciali o dei servizi sotto indagine per questi casi.
[Foto credit: trust.org]