New Delhi: «Finmeccanica presto in black list»

In by Simone

L’annuncio di New Delhi: tutte le commesse militari vinte dal gruppo sono state cancellate. Strascichi dei sospetti su commessa da 560 milioni di dollari vinta da AgustaWestland per 12 elicotteri «di lusso», secondo l’accusa, dietro pagamento di mazzette a funzionari e, forse, politici indiani.Per Finmeccanica si annuncia l’arrivo di tempi duri in India. Più duri del solito, considerando che dal 2013 il nome della compagnia italiana nel subcontinente fa rima con «corruzione» e «Sonia Gandhi», in virtù di accuse – finora parzialmente provate dai giudici italiani – di mazzette a margine della fornitura di elicotteri «di lusso» a New Delhi di marca AgustaWestland, controllata inglese di Finmeccanica.

In un’intervista rilasciata al quotidiano Indian Express domenica 29 maggio, il ministro della difesa Manohar Parrikar ha annunciato che tutte le commesse militari vinte dal gruppo italiano sono state cancellate e a Finmeccanica sarà vietato partecipare ad altri appalti per forniture militari, esclusi bandi di manutenzione o fornitura di pezzi di ricambio per armamenti già acquistati in precedenza.

Inoltre, il ministro ha spiegato che «le procedure per l’inserimento di Finmeccanica nella black list del governo indiano sono già iniziate». Significa che, presto o tardi, il gruppo italiano sarà escluso dalle gare d’appalto governative di New Delhi.

L’annuncio è arrivato quattro giorni dopo l’annullamento di un’ultima commessa da 300 milioni di dollari che Finmeccanica si era aggiudicata per la fornitura di un centinaio di siluri Black Shark che avrebbero armati sei sottomarini Scorpene, tecnologia francese, in costruzione a Mumbai.

Lo stesso giorno, si nota con superficialità in Italia, in cui la Corte suprema dava l’ok al rientro in patria del fuciliere Salvatore Girone. Interpretare gli ultimi sviluppi dei rapporti tesi tra India e Finmeccanica come una ripicca da 300 milioni di dollari potrà soddisfare la sete complottarda di un paese ormai disperatamente maròcentrico, quando si parla di India.

Ma lo farebbe ignorando le vicende della politica indiana, negli ultimi mesi influenzata dagli sviluppi del caso AgustaWestland.

Dal 2013 aleggia il sospetto che la commessa da 560 milioni di dollari vinta da AgustaWestland per la consegna di 12 elicotteri «di lusso» AW101 destinati alle più alte cariche istituzionali e politiche indiane fosse stata viziata dalla distribuzione di mazzette a funzionari dell’aeronautica militare e politici indiani, per modificare le caratteristiche tecniche dell’appalto, favorendo indebitamente l’offerta italiana. Le indagini in Italia hanno portato all’arresto – tra gli altri – di Bruno Spagnolini, ex ad di AgustaWestland, e di Giuseppe Orsi, ex presidente di Finmeccanica, accusati di aver corrotto «qualcuno» in India e in Italia.

Giovedì 7 aprile la Corte d’appello di Milano, ribaltando il giudizio in primo grado, ha condannato entrambi per corruzione, confermando l’esistenza di un flusso di denaro illegale che dall’Italia, attraverso Mauritius e Singapore, avrebbe raggiunto l’India. Ma se per i giudici di Milano la corruzione c’è stata, ancora non si è arrivati a dare un nome ai corrotti, a oggi ignoti.

La notizia ha mandato in fibrillazione la politica indiana, col partito di governo Bharatiya Janata Party (Bjp) deciso ad «andare fino in fondo» a caccia di vittime eccellenti invischiate nello scandalo AgustaWestland. Obiettivo numero uno: colpire Sonia Gandhi, presidentessa dell’Indian National Congress (Inc) citata nelle carte del tribunale senza, in verità, alcuna ipotesi di connivenza nel reato. Ma tanto bastava. Per settimane, nel parlamento indiano, il Bjp ha accusato l’Inc di non aver preso provvedimenti in seguito alla notizia della presunta corruzione, arrivata – nel 2013 – quando al governo c’era il partito di Gandhi, sul quale pesa ancora – a distanza di decenni – lo scandalo Bofors: sempre armamenti, sempre intermediari italiani, sempre la famiglia Gandhi di mezzo (mai risultata colpevole in tribunale).

L’Inc ha accusato a sua volta il Bjp, colpevole, una volta al governo con Narendra Modi nel 2014, di aver bloccato il procedimento per iscrivere Finmeccanica nella black list indiana.

Provvedimento iniziato dall’Inc che, in effetti, l’amministrazione Modi fermò il 22 agosto del 2014. E arriviamo a fine maggio 2016, con Girone in volo per Bari, via Roma, e Finmeccanica «improvvisamente» passata nella colonna dei cattivi sulla lavagna di New Delhi. In Italia, accecati dal ritorno del «nostro ragazzo», in molti si sono persi una coincidenza più significativa. Tra il 28 e il 29 maggio si sono celebrati in India i festeggiamenti per la conclusione del secondo anno dell’Era Modi, una stagione politica raccontata dal Bjp in termini evangelici il cui principale risultato sarebbe stata la «lotta senza quartiere alla corruzione».

Da questa prospettiva, il destino di Finmeccanica appare più legato all’autocelebrazione dell’integrità modiana – in contrapposizione al presunto lassismo connivente dell’Inc – più che all’ipotetica rivalsa permalosa al ritorno del marò. Con la reputazione di Finmeccanica appesa al giudizio dei tribunali in Italia e in India.

[Scritto per il manifesto]