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Murakami e la metafora del trauma

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Piercing (edito in Italia nel 2021 da Atmosphere Libri) rientra nella produzione più classica di Murakami: è un thriller psicologico, pubblicato originariamente nel 1994, che con un continuo gioco di specchi tra il detto e il non detto indaga l’elaborazione del trauma

Murakami Ryū (da non confondere con un altro celebre autore con cui condivide il cognome, Murakami Haruki) è uno scrittore e regista nipponico nato nel 1952 a Sasebo, città costiera del Kyūshū all’interno della prefettura di Nagasaki. Definito l’enfant terrible della letteratura giapponese, a soli 24 anni vince il premio Akutagawa con il suo romanzo d’esordio Blu quasi trasparente, opera piuttosto cruda incentrata su un gruppo di giovani sbandati dediti alla violenza e al consumo di droghe.

Murakami d’altronde abituerà i suoi lettori a queste tematiche nel corso degli anni: offrendo una narrativa dalla scrittura semplice e diretta, spesso invita il suo pubblico a compiere un salto negli abissi più profondi della società, mostrando traumi, psicologie conturbate, ferocia e altre nefandezze del genere umano. Non mancano, però, scritti in cui questa vena dark viene messa da parte a favore di trame più moralmente accettabili: è il caso, per esempio, di Sixty-nine, romanzo semi-autobiografico in cui l’autore si lascia trasportare dalla nostalgia degli anni della contestazione giovanile e pieno di riferimenti al rock e alla musica in generale.

Piercing (edito in Italia nel 2021 da Atmosphere Libri) rientra nella produzione più classica di Murakami: pubblicato originariamente nel 1994 (e da cui è stato tratto il film omonimo del regista statunitense Nicolas Pesce, uscito nel 2018), è un thriller psicologico che proietta il fruitore dell’opera nella mente contorta di Kawashima Masayuki, grafico di professione e personaggio principale. Il romanzo si apre con una scena significativa che sarà il motore principale della trama: Kawashima fissa sua figlia nella culla, il fascio di luce di una torcia che la illumina, e nella mano un punteruolo da ghiaccio, pronto per essere conficcato in quel corpicino inerme, temendo di essere in grado di compiere una tale azione. Poi, d’un tratto, la moglie si sveglia e l’uomo nasconde in fretta e furia l’oggetto contundente rinunciando al suo intento omicida. Tuttavia, questa ossessione rimane e una voce nella sua testa gli dice di ammazzare una persona qualsiasi con il punteruolo, in modo tale da vincere la paura di far del male a sua figlia: Kawashima sceglierà una prostituta come sua vittima e organizzerà un piano per raggiungere il suo obiettivo.

Il protagonista quindi incrocerà la sua strada con quella di Sanada, comprimaria del romanzo.
L’incontro tra i due sarà l’occasione per Murakami di sviluppare il tema portante di Piercing: il liberarsi dal peso della negatività individuale, passata e presente, che l’essere umano si porta appresso nella sua intimità e con cui quotidianamente si scontra. Nel modo peggiore possibile. Sono due personaggi che condividono alcuni aspetti nel loro passato, se pur con qualche differenza: entrambi da bambini hanno subito violenze di vario genere, Kawashima da parte della madre e Sanada dal padre. Entrambi soffrono di insonnia e di crisi improvvise in cui ripensano al loro vissuto precedente: in questi momenti hanno veri e propri raptus di follia, rappresentati in Kawashima da istinti omicidi e in Sanada da atti suicidi. Importante in questi contesti, inoltre, la presenza di un Altro, un Doppelgänger che funge loro da protezione ai mali del mondo.

I loro traumi sono, metaforicamente, causati dalla società stessa: le persone che avrebbero dovuto essere loro guide nella collettività – e che quindi, in un certo senso, rappresentano l’ordinamento di valori condiviso da tutti – non fanno altro che considerarli spazzatura. Non a caso ambedue i personaggi pensano costantemente di meritare una punizione per ogni cosa che fanno, in quanto non conformi alle regole imposte. Se non sei in linea vieni relegato ai margini.

Grazie a questo espediente Murakami mostra la dualità dell’uomo: nel suo vivere all’interno della società mantiene le apparenze formali ma nel profondo del suo Io cova pulsioni e problematiche che non verrebbero accettate dallo stesso sistema dove vive. E quindi vengono contenute per evitare l’estromissione dalla collettività, creando al contempo una paura sociale che si innesta sulla già esistente negatività individuale, crescendo mano a mano esponenzialmente.

Il romanzo stesso è un continuo gioco di specchi che si fonda sul non detto e sul fraintendimento, in particolare nel lungo momento dell’incontro tra Sanada e Kawashima: questa vicenda catartica permetterà loro di sfogare il peggio delle loro personalità “privatamente”, al riparo dagli occhi giudicanti della comunità. Dopo una notte folle, essi saranno in grado di ritornare all’interno della loro quotidianità, rinfrancati e pronti per affrontare nuovamente la banalità delle loro vite, fino all’arrivo di futuri eventi infausti: un evento non così dissimile dal weekend, metaforicamente, in cui ci si lascia alle spalle la settimana appena trascorsa aspettando il lunedì, il nuovo inizio, in un ciclo perpetuo.

Nella vicenda assumono una certa rilevanza due oggetti: il punteruolo da ghiaccio e un piercing al capezzolo, rispettivamente appartenenti a Kawashima e Sanada. Il punteruolo rappresenta per il protagonista la sua paura/ossessione di far potenzialmente del male a sua figlia. Infatti, già in passato aveva utilizzato un utensile del genere per uccidere qualcuno: in questo senso, utilizzarlo nuovamente sarebbe un ritorno alla sua vecchia vita e ai suoi vecchi traumi. In effetti, da quando pianifica di assassinare una prostituta riemergono nella sua mente ricordi conturbanti, salvo poi decidere di sbarazzarsene alla fine del romanzo, gettandosi “fisicamente” il passato alle spalle.

Per Sanada il piercing è sinonimo di realtà: ogni qual volta che soffre di una crisi, in particolare quei momenti in cui vengono scossi i recessi della sua memoria, lo stringe per percepirne la consistenza cosicché possa uscire da quello stato di tranche  e tornare con la mente al tempo presente. Successivamente si farà un secondo piercing che significherà per lei un nuovo inizio, una nuova realtà.
Da questo romanzo è stato tratto il film omonimo del regista statunitense Nicolas Pesce, uscito nel 2018.

Di Marco Cerutti*

*Nato a Domodossola nel 1997 e studente di lingua e letteratura giapponese presso l’università di Torino. Lettore incallito e grande appassionato di Storia, intraprende la via del giornalismo dopo aver letto In Asia di Tiziano Terzani.