Il caso di un uomo arrestato in un salone di massaggi e poi deceduto nelle mani della polizia, evento che i quotidiani cinesi hanno sottolineato come un segnale di potenziale tensione sociale in Cina, non sembra destinato a chiudersi a breve. Ieri – ancora una volta – il Global Times è intervenuto sul caso.L’incipit dell’articolo è chiaro: «La misteriosa morte di un giovane dopo essere stato arrestato durante un raid in un salone di massaggi a Pechino ha innescato proteste pubbliche, sollevando sospetti sulla brutalità della polizia e l’abuso di potere ufficiale, con molti che ormai stanno chiedendo un’indagine imparziale sul caso».
Da quando «Lei Yang è morto mentre era in custodia della polizia a Changping il 7 maggio», la polizia avrebbe rilasciato comunicati nei quali si sostiene che il giovane sarebbe morto «per un attacco di cuore» e che «era stato arrestato mentre adescava una lavoratrice del sesso». La polizia non avrebbe però fornito altri dettagli «sulle circostanze esatte della morte di Lei o qualsiasi prove a sostegno delle loro affermazioni».
«La polizia locale dovrebbe evitare il sospetto pubblico e lasciare che la Procura rilasci i risultati dell’indagine, dal momento che le indagini interne della polizia non sono viste come convincenti» ha detto al quotidiano ufficiale del Partito comunista cinese Mo Shaoping, un professore di diritto presso la Central University of Finance and Economics.
In risposta all’indignazione pubblica, la Procura Popolare del quartiere di Changping a Pechino ha fatto passi avanti nelle indagini, anche se ulteriori dettagli non sono ancora stati rivelati, secondo quanto scritto venerdì scorso dalla Xinhua.
«In teoria, l’intervento dell’organo della procura nel caso ha due scopi principali. La supervisione delle azioni delle forze dell’ordine di polizia per determinare se le loro azioni sono state legali e per indagare l’inadempienza del dovere da parte della polizia» ha spiegato Mo.
«Anche se i dettagli dell’indagine della Procura non sono chiari, è molto probabile che l’indagine si concentrerà ugualmente su entrambi gli aspetti, dal momento che l’opinione pubblica è furiosa per i possibili abusi del potere della polizia e chiedono un risultato imparziale», ha spiegato invece Wang Sixin, professore di legge alla Communication University of China.
Tutto questo conferma un dato certo: in Cina lo stato di diritto, al di là delle reali cause della morte di Lei, non c’è. La sensazione è quella di trovarsi sempre nelle mani di un destino che potrebbe anche non essere benigno.
Come sottolineato da Wang, «Il paese dovrebbe dare più diritti a delle terze parti, come ad esempio ai media, agli esperti legali e le persone coinvolte nel caso, in modo che possano partecipare anche alla supervisione degli organi di pubblica sicurezza», anziché lasciare «il pallino» a una polizia spesso corrotta o impreparata.
[Scritto per Eastonline]