Morte accidentale di un dissidente

In by Simone

È morto Li Wangyang, attivista detenuto in seguito ai fatti di Tian’anmen. Le autorità bollano la vicenda come un suicidio e impediscono alla famiglia di vedere il corpo. Ma secondo chi lo conosceva Li non era tipo da fare un gesto simile. La rete si mobilita con una petizione. Firma anche Ai Weiwei. Il 6 giugno Li Wangyang, noto attivista recentemente uscito di prigione, è stato trovato morto nell’ospedale dove era in terapia per problemi cardiaci e diabete.

Secondo le autorità l’uomo si sarebbe suicidato, ma i parenti di Li credono che questa versione sia insostenibile: on line sono partiti appelli – cui hanno partecipato anche artisti e attivisti come Ai Weiwei e Hu Jia – per conoscere la verità sulla morte di uno dei dissidenti più noti in Cina.

Li Wangyang era un attivista proveniente dalla regione dello Hunan che aveva preso parte alle proteste di Tian’anmen nel 1989.

Il 4 giugno di quell’anno Li aveva fissato un poster su un cartello stradale nella città di Shaoyang nel quale incitava i lavoratori a scioperare per le manifestazioni pro democrazia.

Dopo la repressione e la fine delle proteste, Li organizzò un memoriale per le vittime.

Pagò caro per le sue idee: 11 anni di galera per propaganda controrivoluzionaria, poi aumentati a 21 per le sue proteste contro presunti maltrattamenti subiti in prigione. Un paio di giorni fa, a 62 anni uscito da un anno dal carcere, è stato trovato senza vita.

La versione ufficiale sostiene che Li si sarebbe impiccato con delle bende, ma restano molti punti poco chiari nella vicenda. A cominciare dalla salute precaria dell’uomo che avrebbe reso il suicidio materialmente difficile (Li aveva infatti una pessima vista ed era quasi sordo).

Yin Zhengan, amico di Li e attivista, ha dichiarato al South China Morning Post: “Non è possibile che abbia fatto quel cappio da solo” aggiungendo che resterebbe da spiegare – inoltre – dove avrebbe preso le bende per impiccarsi.

Secondo Yin, Li “era il tipo di persona che credeva nel mobilitarsi per una causa. Anche se si fosse davvero suicidato, l’impiccagione non sarebbe stato il metodo prescelto.

Lo stesso quotidiano di Hong Kong ha osservato come “durante un’intervista con Cable Television prima dell’anniversario della repressione di Tian’anmen, Li aveva bisogno di aiuto per camminare e le sue mani tremavano.

Secondo quanto è stato riportato dalla stampa locale la sorella Li Wangling e suo marito Zhao Baozhu sarebbero disposti ad accettare un’autopsiasolo se l’operazione avvenisse in presenza di un avvocato che non sia di Shaoyang”: ai famigliari infatti è stato impedito di vedere il corpo di Li, dopo che la polizia lo aveva rimosso dall’ospedale.

Tang Jingling, un veterano tra gli attivisti per i diritti legali, avrebbe però dichiarato che “la legge non prevede che la polizia impedisca ai famigliari di vedere il corpo se il caso non è considerato criminale”.

Aggiungendo: “e se il caso è criminale e ci si affretta a cremare il cadavere, si tratta di distruzione di prove – e questo non solo è contrario alla legge, ma è anche un’interferenza con il corso della giustizia, che è più grave.

Nel frattempo è iniziata una petizione intitolata “un appello urgente per un’investigazione credibile sulla morte di Li Wangyang.”

La petizione è stata lanciata da Wen Yunchao, un noto critico dei media meglio conosciuto come Beifeng e dall’economista Xia Yeliang. Insieme ad oltre 3mila persone, avrebbero firmato anche l’artista dissidente Ai Weiwei e l’attivista Hu Jia.

I media della città hanno riportato che ad Hong Kong “circa cinquanta dimostranti appartenenti all’Alleanza di Hong Kong a supporto dei movimenti patriottici e democratici della Cina, al Partito civico e di altri gruppi hanno marciato verso la sede del Governo centrale”.

Alan Leong Kah-kit, legislatore appartenente al Partito civico si è spinto fino a dire che le circostanze della morte di Li suggeriscono che non si sia trattato di suicidio, ma delle conseguenze dell’intervista rilasciata in occasione dell’anniversario di Tian’anmen alla Cable Television.

* Michele Penna è nato il 27 novembre 1987. Nel 2009 si laurea in Scienze della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali con una tesi sulle riforme economiche nella Cina degli anni ‘80-’90. L’anno seguente si trasferisce a Pechino dove studia lingua cinese e frequenta un master in relazioni internazionali presso l’Università di Pechino. Collabora con Il Caffè Geopolitico, per il quale scrive di politica asiatica.

[Scritto per Lettera 43; Foto Credits: deccanchronicle.com]