Mark Zuckerberg è stato in Cina. Ha incontrato uomini d’affari, censori, ha cercato di impressionare il suo pubblico e tutto il paese con la dimestichezza con la lingua. Il paradosso: Facebook in Cina è bloccato. Lo scopo: sbloccare gli affari e corteggiare il concetto di governance della rete propagandato da Pechino.Come riportato dal New York Times, il boss di Facebook «ha scritto un post che è divenuto virale su una corsa su piazza Tiananmen; ha tenuto una conversazione ampiamente seguita dai media con il più noto imprenditore della Cina, Jack Ma di Alibaba (nella foto); e sabato ha incontrato uno degli uomini più potenti di Cina, Liu Yunshan, capo della propaganda del paese. Anche mentre era fuori dalla Cina, ha incontrato il presidente cinese, Xi Jinping; ha detto a un funzionario cinese che stava leggendo un libro con le parole di Xi e ha dato alla figlia appena nata, Max, un nome cinese. (Si tratta di Chen Mingyu)».
L’incontro che pare più rilevante e stuzzicante in termini di ragionamento, è stato sicuramente quello con Liu Yunshan, il capo della propaganda cinese. Di mezzo c’è la censura, in generale, il blocco di Facebook e le idee cinesi riguardo la governance di Internet.
Liu Yunshan ha detto a Zuckerberg di sperare che Facebook possa condividere la propria esperienza con le aziende cinesi ad aiutare che «lo sviluppo di internet meglio benefici le persone di tutti i paesi», secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa ufficiale Xinhua.
La Cina – come riporta il Guardian – ha fatto appello alla creazione di un «sistema di governance» globale di internet e la cooperazione tra i paesi per regolamentare l’uso di Internet, intensificando gli sforzi per promuovere i controlli che gli attivisti lamentano soffocare la libera espressione.
«Facebook e altre società occidentali di social media, tra cui Twitter, sono vietati in Cina. Zuckerberg ha a lungo fatto la corte ai leader cinesi in un tentativo, finora inutile, di accedere al paese con il maggior numero al mondo di utenti Internet – 668 milioni l’anno scorso».
La Cina ha aumentato il controllo sulla proprio internet, soprannominato «il Grande Firewall», perché già pesantemente censurato. Liu, un membro del comitato centrale del partito comunista cinese, ha recentemente affermato che gli utenti di internet non devono attraversare la «linea di base» quando si discute di governance.
A questo proposito va specificato che la Cina da tempo si muove all’interno del concetto di sovranità della rete. La decisione dell’Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (Icann), ad esempio, di allargare alla comunità internazionale la gestione dei domini sembra essere proprio il risultato della spinta dei paesi Brics che da tempo richiedono una governance globale, in modo da poter contare di più. La «balcanizzazione» della rete procede e la Cina muove le sue carte.
Come riportato dalla stampa straniera, «i censori cinesi hanno introdotto una lista di nuove normative per meglio consentire loro di sorvegliare i media digitali e i social. Il regolatore di Internet del paese ha più volte messo in guardia da un cyberspazio selvaggio che potrebbe rappresentare un rischio per la sicurezza interna e che il governo dovrebbe decidere a chi consentire di essere in ‘casa propria’».
L’incontro con Liu quindi è stato significativo: da un lato assolve allo scopo della propoganda cinese, «consentendo al paese di dimostrare che uno dei titani della nuova economia tecnologica americana è felice di rendere omaggio ai leader della Cina e al suo stile di governance di internet».
Se c’è qualcuno che Facebook deve conquistare, ha sottolineato il New York Times, «questi è il signor Liu, che per anni ha presieduto il controllo su media ampiamente gestiti e censurati della Cina».
[Scritto per Eastonline]