Li Keqiang in India

In by Simone

Li Keqiang, primo ministro cinese, sta svolgendo la sua missione all’estero di esordio nelle vesti di capo del governo. Conquista con accordi ecomici il diffidente pubblico indiano da sempre scettico per le tante contese territoriali. Di sicuro la nuova leadership di Pechino ha cambiato stile e approccio durante le visite all’estero.
I dubbi sulle possibilità che la Cina possa procedere ad un cambiamento del proprio processo produttivo in grado di ridurre le diseguaglianze, diminuire l’inquinamento e migliorare la vita dei propri abitanti, rimangono gli stessi, così come restano non esauriti di certo i tanti punti interrogativi sul processo di riforme tanto annunciate ma ancora non messe in pratica.

Di sicuro però la nuova leadership di Pechino ha cambiato stile e approccio durante le visite all’estero, con una rinnovata attenzione all’immagine che segna di sicuro uno scarto rilevante con il passato. Abituati ai movimenti quasi robotici di Hu Jintao e alle smorfie e ai discorsi strappalacrime di Wen Jiabao, i sorrisi di Xi Jinping, addirittura accompagnato dalla moglie nel suo primo viaggio di Stato e la sagacia che il premier Li Keqiang ha dimostrato in India, costituiscono un segnale di cambiamento.

Li Keqiang, novello primo ministro cinese, sta svolgendo la sua missione all’estero di esordio nelle vesti di capo del governo, conquistando un diffidente pubblico indiano da sempre scettico nei confronti della Cina anche per le tante contese territoriali e per una sfida a distanza, poca, da sempre molto accesa nell’animo di due popoli, la cui prossimità geografica non ha quasi mai significato un afflato comune morale, spirituale e neanche economico.

Il premier cinese dopo l’India andrà in Pakistan, un paese che costituisce uno dei motivi di screzio tra Pechino e Nuova Delhi. In mezzo c’è anche il Dalai Lama, “ospitato” dall’India dopo la fuga dal Tibet, quando la Cina lo rifece proprio, dopo una lotta su cui ha pesato e non poco l’influenza della Cia e degli Stati Uniti.

E proprio Washington starà osservando con estrema attenzione i movimenti del premier cinese e la sua allegra visita in India: dopo la Russia, che ha ospitato il Presidente Xi Jinping, un altro paese dei Brics, i paesi in via di sviluppo, è sulla rotta di Pechino, proprio nei giorni in cui viene ufficializzato il prossimo incontro in California (7 e 8 giugno) tra Obama e Xi Jinping. L’intenzione della Cina e del nuovo “sogno cinese” appare chiaro: sistemare le cose con quei paesi che possono costituire un asse alternativo al mondo disposto sotto gli ordini di Washington con una minima attenzione alla vecchia Europa (Li Keqiang dopo il Pakistan si recherà in Svizzera e Germania).

Venendo agli affari e ai contenziosi sino-indiani, Li Keqiang dopo aver intrattenuto la stampa indiana con aneddoti circa il suo interesse – filosofico e spirituale e non solo – nei confronti dell’India di cui ha sottolineato di apprezzare le produzioni di Bollywood (oggi particolarmente in voga in Cina) ha tentato in primo luogo di rassicurare gli indiani. Una “stretta di mano”, come ha detto Li sui tanti screzi territoriali, non ultimo quello riguardante i territori innevati e contesi nei pressi dell’Himalaya dove solo qualche settimana fa i due eserciti sono arrivati quasi allo scontro.

Poi ci sono gli aspetti economici: gli scambi commerciali tra i due paesi hanno raggiunto 66,5 milioni di dollari nel 2012 e si prevede che raddoppieranno entro il 2015, mentre l’India preme per un maggiore accesso al mercato cinese, dato che il suo deficit commerciale con la Cina ammonta a 29 miliardi di dollari.

Proprio in virtù di questo elemento è stato stilato un accordo che prevede l’esportazione indiana in Cina di carne di bufalo, di cui l’India è il più grande esportatore mondiale con una vendita pari a 3,2 miliardi di dollari in più di 65 paesi, mentre in nome di una ritrovata amicizia e interesse, un memorandum d’intesa è stato firmato circa la traduzione di cinquanta libri e opere classiche contemporanee provenienti da Cina e India nelle due lingue.

[Scritto per il Manifesto; fotocredits: asiancorrespondent.com]