[In Collaborazione con AGICHINA24] Il 1 luglio 2011 il Partito Comunista Cinese compie 90 anni: la propaganda comincia la sua marcia di avvicinamento…
Un’ambigua nota della State Administration of Radio Film and Television cinese (SARFT) sembra abbia aperto un piccolo caso tra media occidentali e Cina, l’ennesimo. Lo scorso 31 marzo la SARFT pubblica una nota intitolata “Nota sui programmi televisivi del mese di marzo”, una comunicazione di routine dove l’organo preposto ad oliare la macchina della propaganda radiotelevisiva elargisce dati e consigli sulla programmazione nazionale.
La nota in questione, come è prassi in tutte le comunicazioni ufficiali di enti statali, esordisce con una serie di dati sui tipi di programmi trasmessi da tutte le reti nazionali, delineando i gusti e le tendenze dei telespettatori cinesi. La seconda parte invece, la pietra dello scandalo, contiene le indicazioni e i rimproveri agli addetti ai lavori. La nota criticava i contenuti di alcune fiction di carattere storico, ree di aver presentato “trame bizzarre, eventi sopranaturali, caotiche ricostruzioni di miti, assurdità, esaltazioni di concetti feudali e fatalisti, reincarnazioni e mancanza di pensieri significativi e virtuosi”, nella speranza che, in vista del 90esimo anniversario della fondazione del Partito comunista cinese, anche i programmi tv dessero il loro contributo nel mostrare correttamente “vivide ricostruzioni storiche della rivoluzione cinese, della costruzione della Repubblica popolare e della politica di riforma ed apertura, in un riflesso veritiero del Partito guidato dal popolo, come regalo per il 90esimo anniversario”.
Per quanto anacronistico ed assurdo possa sembrare, simili direttive espresse con questo taglio pomposo e nostalgico qui in Cina sono la norma, parte di un’etichetta e una retorica ufficiale ancorata a declinazioni socialiste, buone oramai solo per i mercatini d’antiquariato. Ad esempio, un’analoga nota della SARFT, datata ottobre 2010, accusava i film producer cinesi di non “afferrare correttamente lo spirito della tradizione cinese, migliorare la qualità estetica e aderire alle direttive della cultura socialista avanzata”, additando alcune fiction come troppo kitsch, volgari o dozzinali.
Alcuni media occidentali, in un eccesso di zelo o di allarmismo, hanno riportato la notizia come una censura nei confronti delle fiction storiche o di viaggio nel tempo, denunciando una bizzarra quanto eccessiva stretta delle maglie censorie cinesi; in tutta risposta, il Global Times oggi ha pubblicato un editoriale – “Popolarità non sempre rima con qualità” – spiegando che gli appunti della SARFT hanno solamente l’obiettivo di migliorare la qualità delle fiction made in China, ancora nemmeno lontanamente paragonabili alle produzioni hollywoodiane, difendendo sostanzialmente il diritto di difendere il ruolo educativo della televisione statale, evitando di trasmettere valori ambigui – tradimenti ed infedeltà, bassezze etiche, esempi immorali… – ad un pubblico che deve essere comunque indottrinato, anche e soprattutto nei momenti di relax.
Il rischio che su qualsiasi canale cinese possa essere trasmesso qualcosa anche di vagamente anti-governativo è decisamente inesistente. La tv cinese è il caposaldo della propaganda nazionale, regolata da sistemi di controllo ferrei e soprattutto dal buon senso dei produttori: se c’è il rischio di spendere denaro per una produzione destinata ad essere cassata dalla SARFT, meglio l’autocensura che perdere soldi investiti in un prodotto non vendibile. Cercando di indovinare le vere intenzioni nascoste dietro al vocabolario rivoluzionario della SARFT, può essere d’aiuto il riferimento al 90esimo della fondazione del Partito.
Come in ogni ricorrenza dall’alto valore ideologico, la Cina si sta preparando per celebrare la nascita del Partito comunista con una serie di fiction e film a tema: nella prima metà di marzo i netizen cinesi avevano fortemente criticato delle incongruenze storiche e tecniche rilevate in alcune fiction ambientate durante la Seconda guerra mondiale, dove i soldati cinesi erano equipaggiati con degli AK-47 – fucile che sarebbe entrato nel mercato cinese solamente nel 1956 – e le truppe americane vestivano uniformi mimetiche e caschi che, secondo i netizen, sarebbero stati adottati dalla US Army solo nel 2004.
Insomma, sembra che dietro alle direttive socialiste si nasconda una semplice premura estetica: è il 90esimo anniversario, compagni, non facciamo figuracce.
[Articolo pubblicato da AGICHINA24 il 15 aprile © Riproduzione riservata ]
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