L’assalto al cielo dei Pet Conspiracy

In by Simone

A Pechino gli elementi dei gruppi musicali che dividono la scena underground, è possibile incontrarli spesso. A concerti, serate, discoteche con musica non commerciale. Condividono la passione, la voglia di suonare e proporsi (è praticamente impossibile ascoltare un gruppo cinese che conceda cover nei propri concerti), tenere le antenne alzate e mischiare generi, alla ricerca di una forma innovativa. Che possa funzionare a livello sociale, in grado di creare attenzione e sperimentare sempre di più e anche in grado di sfondare. Perché alla fine, di fronte a un mercato potenzialmente così vasto, non si può certo fare finta di niente. Anche i Pet Conspiracy, tre membri cinesi e due italiani, animano le serate pechinesi, così come le preserate, raccolti in un piccolo bar di Nanluoguxiang, la zona degli hutong più radical chic di Pechino, bevendo birra e raccontando la loro storia.

«We are Pet Conspiracy. We are from China, but we don’t eat dogs», scrivono sul loro myspace. Hanno suonato anche in Europa, Barcellona, Berlino, Colonia e Budapest e secondo alcune riviste musicali locali, sono il gruppo da tenere d’occhio in questo momento. Electro rock, electro crash band, con richiami costanti e quasi inconfondibili in uno stile proprio, caratterizzato da una presenza scenica che rappresenta un mix tra punk e sfilata di moda bizzarra, nel tentativo di detournare il trendy offerto dal fashion made in Cina. Non a caso le loro prove consistono più nell’organizzare le scenografie per gli spettacoli, piuttosto che suonare. A fare quello sono bravi, tutti, con un passato sperso tra gruppi e giornate intere a strimpellare.

Helen Feng, 29 anni è la vocalist. Personalità forte, dentro e fuori lo show, ha iniziato a cantare a cinque anni. Scrive lei i testi, tutti improntati a una critica della odierna socialità cinese, basata sull’apparenza, in modo ironico e pungente. Una fanzine l’ha definita la Regina del Rock pechinese. Cinese ma cresciuta negli States, dopo essere stata VJ di Mtv Asia è tornata a Pechino, nel 2002.
Partecipa, come gli altri componenti della band, a più progetti musicali: un altro elemento che sembra accompagnare molti dei musicisti cinesi e non che si ritrovano ad animare i club musicali della capitale e non solo.
Sul loro ruolo all’interno del panorama culturale ha idee precise: «non so se abbiamo un ruolo per cambiare il paese. Penso però che il mercato sia pronto a esplodere e se il governo lo capisce e la censura si abbassa, la Cina in tre anni è pronta a diventare un punto di riferimento importante per la musica mondiale». La censura, rieccola. E con essa il sospetto con il quale il Governo cinese guarda ai fenomeni musicali più alternativi. «La censura ha un suo lato positivo, dice Helen, perché ci ha reso veramente creativi e in grado di creare complesse metafore, che hanno sviluppato un ottimo mix tra musica, parole e atteggiamenti. Anche perché io non mi sento di avere particolari idee politiche da offrire, uso il mio linguaggio per dire quello che penso, fare buona musica e uno show che soddisfi le persone che vengono a sentirci».

Anche sulla proprietà intellettuale ha una posizione precisa: «prima di tornare in Cina ero contraria al file sharing, ma quando sono arrivata ho pensato che la pirateria di fatto supporta la nostra attività, possiamo arrivare a tante persone. Perché i prezzi dei cd sono troppo alti e noi vogliamo arrivare soprattutto ai giovani che non possono permettersi certe spese. Penso che la possibilità di scaricare la musica sia una grande opportunità per tutti».

Insieme a Helen l’altro pezzo storico della band è Huzi. Fisico possente, appare catapultato dagli anni 70, mischia al cinese frasi italiane apprese dai due italiani nella band. Grazie ad un genere così ricercato, è riuscito a fare ballare sua madre: merito di una cover di un vecchio successo dance cinese, riproposto in chiave electro. Per lui la missione è chiara: «la band costituisce la nostra famiglia, una vera alternativa al concetto cinese di famiglia. Per me, ancora prima che musicistia, chi suona con me, deve essere un mio amico».

Edo e Mary sono i due italiani che animano il gruppo, un modo come un altro per partecipare alla vita culturale di una città e tuffarsi nella Cina profonda attuale. Mary spacca sul palco con balli ed energia, Edo picchia sulla batteria che è un piacere. «Ho incontrato Huzi ad un evento. Non parlando il cinese, ero appena arrivato, ho pensato che suonare con loro fosse il modo migliore per conoscere gente e la loro cultura». E divertire le serate ormai primaverili dei cinesi e dei laowai, gli stranieri, in attesa del colpo gobbo su un mercato smisurato. Altrimenti, ne sarà valsa comunque la pena.

[Pubblicato da Il Manifesto, 7 maggio 2009]