L’Asean fermo sul Mar cinese meridionale

In by Simone

L’Asean è iniziato e ha redatto un Codice di condotta che dovrà essere valutato, questa settimana, dal governo cinese. Ma secondo gli analisti non conterrebbe norme sufficientemente “forti” per gestire i crescenti conflitti nel Mar Cinese Meridionale. E la diplomazia cinese ne uscirebbe vincente.

Il clima politico nel Mar Cinese Meridionale, ovvero il tratto di oceano compreso grosso modo fra la Cina meridionale, il Vietnam, Taiwan e la Malesia, diventa di mese in mese sempre più torrido.

Diversi Paesi, e soprattutto Cina, Filippine e Vietnam, sono in conflitto sulla sovranità sulle sue acque. Dietro a queste rivalità si nascondono la sete per le risorse naturali della zona e un crescente nazionalismo, soprattutto in Cina. 

All’orizzonte ci sono gli Stati Uniti, alleati delle Filippine e indirettamente interessati alla questione per il valore strategico della zona.

Secondo quanto riportato dalla Bbc, il Codice “punta alla risoluzione dei conflitti nel Mar Cinese Merdionale” e, secondo quanto scritto dal South China Morning Post sulla base di una copia degli elementi principali, “collega le misure per la risoluzione delle dispute alla Convenzione per la Legge dei Mari delle Nazioni Unite”.

Per i media di Hong Kong, però, il codice sarebbe “toothless”, privo di forza. Per esempio, “molte delle misure volute dalle Filippine, incluse alcune per rendere più chiare le varie rivendicazioni, sono state rimosse”.

Per Ian Ian Storey, dell’Institute of South East Asia Studies a Singapore, il testo non è in alcun modo sufficiente a risolvere i problemi esistenti: “Non ha alcun potere. Ed era proprio la prospettiva di un accordo per ridurre gli eccessi e le aggressioni che la gente, dentro e fuori dall’Asean, voleva vedere solo qualche anno fa”. 

A ridurre la forza dell’accordo avrebbero contribuito le divisioni interne all’Asean,Associazione dei Paesi del Sud Est Asiatico, con da un lato le Filippine e il Vietnam, fortemente ostili alla Cina, e dall’altro paesi come la Tailandia e la Cambogia, più concilianti. 

La palla è ora passata al governo cinese, che dovrà decidere se accettare, modificare o rifiutare il testo. Non è certo come Pechino deciderà di comportarsi.

Un diplomatico dell’Asean avrebbe dichiarato: “Certo che ci aspettiamo che la Cina voglia indebolire ancora di più il testo e che avrà delle obiezioni da fare su certi punti, ma in questo momento non c’è nulla che possa davvero infastidire Pechino”.

E ha aggiunto: “Si può dire che manca in termini di forza e lo si può considerare una parziale vittoria delle manovre diplomatiche di Pechino. Ma almeno li stiamo tenendo al tavolo delle trattative”.

Un articolo pubblicato ieri, 11 luglio, sul Global Times – quotidiano nazionalista che ha dedicato molto spazio a queste vicende – ha affermato che “la Cina e l’Asean sono già decisi a esplorare delle soluzioni diplomatiche alle dispute nel Mar Cinese Meridionale e non dovrebbero dimenticare quest’obbiettivo”.

Anche perché “le connessioni [fra la Cina e il Sud Est Asiatico] sono troppo preziose per essere rovinate. Qualsiasi ulteriore peggioramento della situazione sarebbe rovinoso per l’unità, la sicurezza, la stabilità e la prosperità della regione”.

L’articolo ha anche avvisato le vari parti che dovrebbero cercare di risolvere la questione senza l’intervento di “potenze esterne”. Il che, non è un mistero, vuol dire Stati Uniti.

* Michele Penna è nato il 27 novembre 1987. Nel 2009 si laurea in Scienze della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali con una tesi sulle riforme economiche nella Cina degli anni ‘80-’90. L’anno seguente si trasferisce a Pechino dove studia lingua cinese e frequenta un master in relazioni internazionali presso l’Università di Pechino. Collabora con Il Caffè Geopolitico, per il quale scrive di politica asiatica.

[Scritto per Lettera 43; Foto Credits: 1.bp.blogspot.com ]