brics

L’altro mondo che dice no a Nato e dollari: al vertice dei Brics, Xi detta la linea

In Cina, Relazioni Internazionali by Lorenzo Lamperti

No alle sanzioni. No all’espansione della Nato. Sì alla globalizzazione. Sì al dialogo per una ripresa economica «guidata dall’innovazione».

Il mondo non occidentale immagina un futuro diverso da quello proposto dalle democrazie liberali in reazione alla guerra in Ucraina. Un futuro nel quale c’è spazio anche per Vladimir Putin. Nel summit Brics ospitato in formato virtuale dalla Cina, il presidente russo può per la prima volta dialogare in un consesso di leader internazionali dopo aver ordinato l’invasione.

OLTRE A LUI e a Xi Jinping, presenti anche l’indiano Narendra Modi, il brasiliano Jair Bolsonaro e il sudafricano Cyril Ramaphosa. Il presidente cinese ha aperto il forum d’impresa che precede il vertice vero e proprio con un lessico simile a quello dello scorso 4 febbraio, quando incontrò Putin a Pechino in apertura dei Giochi Olimpici Invernali.

Xi ha esortato a «cogliere la tendenza dei tempi» e a collaborare per un «futuro luminoso». La tendenza è la globalizzazione e non è possibile «tornare indietro nella storia».

Da qui l’ostilità nei confronti di sanzioni «arbitrarie» e «irresponsabili». Un «boomerang» e «un’arma a doppio taglio», secondo Xi: «Politicizzare, strumentalizzare e trasformare in un’arma l’economia mondiale usando la posizione dominante nel sistema finanziario globale per imporre arrogantemente sanzioni finisce solo per colpire gli altri e se stessi, lasciando la gente nel mondo a soffrire».

TANTO DA METTERE a rischio gli «sforzi degli ultimi decenni» per la riduzione della povertà, ha ammonito Xi con echi della sua retorica della prosperità comune. Il nuovo timoniere si è scagliato anche contro la logica dei blocchi: «Non si possono espandere le alleanze militari e cercare la propria sicurezza a spese della sicurezza di altri paesi».

Un chiaro, per quanto implicito, riferimento all’Alleanza Atlantica che ancora una volta giustifica (senza appoggiarle) le azioni russe. Narrativa funzionale a Pechino come chiave interpretativa su Pacifico e Taiwan. Non è un caso che, a pochi giorni dalla storica partecipazione dei leader di Giappone e Corea del Sud al summit della Nato, alcune navi dell’Esercito popolare di liberazione abbiano circumnavigato l’arcipelago nipponico.

Xi è poi passato alla fase propositiva, ribadendo l’impegno a una iniziativa di sicurezza globale (la Global Security Initiative, evoluzione retorica della Belt and Road), anticipando che durante il XX Congresso del Partito comunista la Cina definirà «un progetto per lo sviluppo nella fase successiva». Un modello sempre più alternativo a quello «contrappositivo» degli Usa.

PECHINO ha rimodulato da tempo la sua narrativa per ergersi con ancora maggiore convinzione a teorico «protettore» del mondo in via di sviluppo. Un mondo di cui i Brics rappresentano ancora un ingranaggio importante ai suoi occhi, utile anche a smontare la teorica compattezza del fronte anti russo tra Washington e i suoi alleati, veri o presunti.

Emblematico il caso dell’India, che accompagna la sua partecipazione al Quad a una forte cooperazione con Mosca. Come sottolineato ieri dallo stesso Putin, che ha ricordato il netto aumento delle esportazioni di petrolio proprio verso Pechino e Nuova Delhi.

Modi ha evitato qualsiasi riferimento all’Ucraina, affermando però il ruolo «importante» dei Brics come «motore della crescita globale». Putin ha invece addossato sull’Occidente le responsabilità dell’arresto della ripresa post pandemica.

«I PARTNER occidentali trascurano i principi base dell’economia di mercato, del libero scambio, dell’inviolabilità della proprietà privata, perseguono un percorso macroeconomico sostanzialmente irresponsabile», ha detto il presidente russo che individua nella «rottura deliberata dei legami di cooperazione» la causa di una «crisi cronica dell’economia globale». Putin ha anche avvisato che i paesi Brics stanno lavorando alla creazione di una valuta per gli scambi internazionali basata sul paniere delle valute degli stessi paesi. In sostanza, una de-dollarizzazione.

Un modo anche per mettere pressione ai partner, Pechino in primis, e cercare di velocizzare la creazione di sistemi alternativi per aggirare le sanzioni. Un tema a cui, piaccia o non piaccia, sono sensibili in molti.

[Pubblicato su il manifesto]