I passaggi chiave dell’attesa conferenza stampa annuale sulla postura internazionale cinese, a margine delle due sessioni in corso a Pechino
“Daremo certezza a un mondo incerto”. A parlare è Wang Yi, ministro degli Esteri e capo della diplomazia del Partito comunista, nell’attesa conferenza stampa annuale sulla postura internazionale della Cina durante le riunioni delle “due sessioni”. Rispetto a un anno fa, Pechino dà un’immagine più sicura di se stessa, con una narrazione riveduta e corretta ai tempi del secondo mandato di Donald Trump. Le sfide e gli avvertimenti del 2024 a una Washington che “non manteneva le promesse”, lasciano posto a una sorta di manifesto anti MAGA. Come a costruire la propria immagine di potenza responsabile raccontandosi agli antipodi degli Stati uniti del Make America Great Again. “La giustizia prevale sulla forza o la forza fa la giustizia?”, chiede Wang citando una vecchia massima cinese. “Al mondo ci sono più di 190 paesi, se tutti agissero prevaricando l’altro saremmo governati dalla legge della giungla”, aggiunge, con riferimento alla Casa bianca, ai dazi e a quello che definisce “bullismo commerciale”, contro cui viene promessa una “reazione ferma”.
Al di là della retorica, l’obiettivo della Cina è di presentarsi come garante del libero commercio e del “vero multilateralismo”, nonché come portatrice di “stabilità in un mondo turbolento”. Alla base, dice Wang, c’è la “visione globale” di Xi Jinping, che trova sempre maggiore spazio nei paesi emergenti come dimostrerebbero i vari forum tra Cina e Africa, Cina e paesi arabi, Cina e Asia centrale. È una conferma del progressivo superamento del vecchio mantra di Deng Xiaoping sulla politica estera: “Nascondi la tua forza, aspetta il tuo momento”. O meglio, ne è la realizzazione, visto che la Cina sente che quel momento è arrivato, con l’amministrazione Trump che sembra concedere più opportunità che problemi. Quantomeno dal punto di vista diplomatico. Per esempio nel continuare ad aumentare la propria influenza nel cosiddetto Sud globale, compresa l’America latina e i Caraibi. Wang promette cooperazione “senza calcoli geopolitici” con quei paesi che vogliono “costruire la propria casa e non diventare il cortile altrui”.
Non sembra preoccupare la strombazzata teoria del disgelo cercato da Washington con Mosca per separarla da Pechino. “I legami tra Cina e Russia sono una costante in un mondo turbolento”, dice Wang, che aggiunge: “La relazione è resiliente e stabile, non cambierà a causa di eventi temporanei, né sarà interrotta da interferenze di terze parti”. Il messaggio è rivolto all’amministrazione Trump, ma anche al Cremlino. Come a dire: questo tentativo di disgelo è solo una contingenza, il futuro risiede nella partnership sinorussa, che Wang descrive come “pionieristica perché costituisce un nuovo paradigma di legame tra grandi potenze: no alleanza, no confronto, no presa di mira di terze parti”.
Come prevedibile, la Cina resta vaga sulla guerra in Ucraina, su cui si limita a dire di sostenere “tutti gli sforzi per la pace”. Ennesimo segnale che Xi non ha fretta di farsi coinvolgere in un processo negoziale, ma mira a entrare in campo semmai solo dopo l’eventuale cessate il fuoco per garantire peacekeeping e ricostruzione post bellica. Sul Medio oriente, Wang critica il piano Trump: “Gaza appartiene al popolo palestinese ed è una parte inseparabile del suo territorio”.
A proposito di questioni territoriali, sale di grado la richiesta alla comunità internazionale di opporsi “a qualsiasi forma di indipendenza di Taiwan” e di “supportare la riunificazione completa della Cina”, definita ancora una volta una “tendenza inarrestabile”. Segnali di apertura agli altri vicini asiatici, dall’India – “i due paesi hanno abbastanza saggezza per mantenere le relazioni stabili” – ai paesi del Sud-Est asiatico coinvolti nelle dispute sul mar Cinese meridionale – “Non c’è problema che non possa essere risolto col dialogo”. Duro avvertimento invece al Giappone: “Ha il dovere di ricordare i suoi crimini passati e seguire i principi della sua costituzione pacifista. A Tokyo c’è ancora chi è segretamente in combutta con gli indipendentisti di Taiwan”, dice Wang. “Ricorrere a Taipei per provocare problemi porterà problemi allo stesso Giappone”.
“Sviluppo pacifico”, sì, ma chiarendo chi è la grande potenza della zona.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il Manifesto]
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.