La mia India – Guerre in India

In by Simone

L’India è orgogliosa di non aver mai invaso alcun territorio straniero. Gli indiani sono orgogliosi di vivere in un Paese "pacifista". Ma dentro i confini indiani si combattono giornalmente guerre tra maoisti e milizie civili, gruppi imprenditoriali e tribali, bramini e dalit.
Un amico ha pubblicato una nota online dicendo quanto fosse orgoglioso del fatto che l’India non avesse mai attaccato nessun’altra nazione. Mi sono sentita orgogliosa anche io, ma mi sono chiesta – è perché siamo un miliardo di persone pacifiste? Esseri umani felici liberi dall’avidità? O è perché la maggior parte della nostra aggressività è rivolta all’interno dei confini indiani?

Considerate gli episodi più recenti. Otto case in una colonia dalit sono state ridotte in cenere da una folla in Tamil Nadu. Gli aggressori hanno avuto però la premura, prima di appiccare il fuoco, di aprire gli armadi di metallo delle abitazioni, portandosi via oro e gioielli.

Intanto Mahendra Karma, uno dei leader del Congress in Chhattisgarh, riusciva a salvarsi da una mina piazzata lungo la strada. Nello Stato non sono rari i casi di attentati esplosivi contro convogli di polizia e della Central Reserve Police Force (il corpo di polizia addetto alla sicurezza dei politici indiani, ndt): il ministro degli Interni del Chhattisgarh, RPN Singh, ha dichiarato alla stampa che, dal 2011, i maoisti hanno ucciso 5.745 civili e 2.062 agenti.

Altri rapporti indicano che almeno 100mila persone sono state trasferite in altre zone a causa degli scontri tra i maoisti e le forze di sicurezza statali o milizie civili come il Salwa Judum, messe in piedi dallo Stato e supportate da politici come Karma. “Trasferite” significa spostate in campi profughi, le loro case rase al suolo.

Ma ad ogni modo gli affari devono proseguire. Così il governo locale e quello centrale continuano a spingere per progetti nelle “aree ad influenza naxalita”. I piani di sviluppo includono aeroporti (improbabile vengano utilizzati dai contadini locali), fabbriche (che impiegano personale locale solo per le mansioni meno remunerative e, probabilmente, a contratto a tempo determinato), miniere.

Forse vi starete chiedendo cosa si sta facendo per diminuire l’impatto negativo di questi progetti. Pare che la Bhilai Steel Plant abbia manifestato la volontà di incontrare i maoisti attraverso la sua sezione per la Corporate Social Responsibility.

Hanno intenzione di promuovere eventi sportivi e culturali. Immagino le persone saranno invitate a cantare, suonare, giocare, anche se le loro vite stanno per essere distrutte.

In ogni caso, la Airport Authority of India (Aai) vuole costruire nuovi aeroporti nelle città di Raighar e Bilaspur. E anche l’impresa statale Coal-India in Chhattisgarh vuole raddoppiare la propria produzione entro il 2017.

Ma per raggiungere l’obiettivo ha bisogno di una ferrovia funzionante entro i prossimi anni. E la ferrovia ha bisogno di sicurezza. Ogni impresa ha bisogno di sicurezza. Così la Bhilai Steel Plant, dice la stampa, ha stanziato dei fondi per la “costruzione di caserme” per forze paramilitari.

Le miniere esistenti sono state prosciugate, c’è dell’altro ferro da estrarre nelle miniere di Raoghat, ma il Partito comunista indiano – maoista si oppone al progetto.

Anche la Bhilal ha bisogno di una ferrovia per trasportare il minerale grezzo estratto. Se la stampa dice il vero, “oltre 4000 agenti d’élite delle forze paramilitari saranno disposti sul territorio per garantire la sicurezza del cantiere della ferrovia”.

Tra l’altro, nessun altro Paese al mondo è interessato ad avventurarsi nel business delle miniere del Chhattisgarh. In una recente conferenza “globale” tra uomini d’affari a Naya Raipur – summit che lo stesso governo del Chhattisgarh aveva organizzato per attirare investitori – Alexey Mzarevlov, un diplomatico russo, ha affermato: “Se il governo locale lo desidera, possiamo collaborare a mantenere la sicurezza nella zona. La Russia vanta una lunga esperienza in misure anti-terrorismo”.

Qualche tempo fa in Madhya Pradesh si è tenuta una Land Rights Cycle Yatra (una biciclettata per i diritti della terra, ndr). Gli attivisti sono arrivati fino al villaggio di Sangi, nel distretto di Rewa, scoprendo che i dalit e gli adivasi locali (i tribali, ndr) non hanno mai ricevuto una ration card (documento per comprare beni di consumo a prezzi calmierati, ndt) negli ultimi vent’anni. Gli anziani non ricevevano la pensione. La divisione della terra era stata pianificata, ma non implementata.

Mi chiedo se in effetti non siano necessarie anche qui le milizie paramilitari. Dopotutto, rendono possibili un sacco di cose: miniere, ferrovie, dighe. Forse saranno anche in grado di far arrivare le pensioni agli anziani e il pranzo nelle scuole.

*Annie Zaidi scrive poesie, reportage, racconti e sceneggiature, non necessariamente in quest’ordine. Il suo libro I miei luoghi: a spasso con i banditi ed altre storie vere è stato pubblicato in Italia da Metropoli d’Asia.

[Articolo originale pubblicato su Daily News and Analysis]