La Fornero spiega la sua riforma. Ai cinesi

In by Simone

Le parole del ministro del Lavoro, Elsa Fornero, in un incontro con la stampa a Pechino. È qui su invito ufficiale dell’Associazione Donne Cinesi, ma a noi parla di credibilità, riforme strutturali e politica. In un anno e mezzo questo governo deve riuscire a "instradare il paese su una strada virtuosa". Mercoledì 18 luglio, residenza dell’ambasciatore italiano a Pechino.

La Cina è anche questa:  viene chiamato punto stampa. Per noi è possibilità di sedersi a pochi centimetri da un ministro della Repubblica e cominciare una discussione che rimbalza costantemente tra l’Italia e le sue polemiche e la straordinaria curiosità che induce al solito la Cina. 


L’ambasciata italiana è una struttura persa tra il terzo anello e Sanlitun, quartiere delle ambasciate ma anche budello della movida made in Beijing. Presenti:
Corriere della Sera, Ansa, Agi e China Files.

Di seguito le parole del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, con delega alle Pari Opportunità, Elsa Maria Fornero: una chiacchierata attraverso la quale spiegare, o tentare di raccontare, una riforma di sistema, quella del lavoro, alle sue controparti cinesi.

CREDIBILITA’
L’Italia deve rassicurare la Cina sui titoli. Questa non è un’operazione che si fa in un giorno, si fa con coerenza nel tempo. Se non riusciamo a mantenere la credibilità nei confronti del nostro debito i cinesi non ci guarderanno molto bene. Sono i nostri creditori, e per una fetta non piccola. Ho cercato di dire che l’Italia è un paese nel quale si può investire, che abbiamo manodopera capace…

Ho sempre ricordato che la strada l’ha aperta il presidente Monti con la sua visita a fine marzo, un segno molto importante. Poi è arrivato [il ministro per i Beni e le Attività Culturali] Ornaghi a inaugurare la mostra [Il Rinascimento a Firenze] al Museo Nazionale che ho visitato anch’io. Tra l’altro è una bellissima mostra e pare che i cinesi siano entusiasti anche se è stata aperta da poco più di una settimana. Poi son venuta io, poi credo verrà il  ministro [dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e Trasporti] Passera e il ministro [della Giustizia] Severino. 

Dobbiamo affermare che l’Italia è un paese affidabile, che l’Italia onorerà i suoi debiti, che pagherà gli interessi. Loro [i cinesi] come investitori in titoli del debito pubblico italiano possono stare tranquilli. Non sono certo la persona che pensa che il rigore finanziario sia un elemento accessorio della politica economica quando siamo nel vortice di una crisi finanziaria.

LA RIFORMA DEL LAVORO
H
o trovato degli interlocutori consapevoli e preparati. Ho presentato la riforma dicendo che si propone di superare una forte segmentazione del mercato [del lavoro] che esclude una larga fetta di popolazione: i giovani e le donne. 

Bisogna preservare ciò che di buono c’è nei contratti mettendo dei paletti dove i contratti tendono a prestarsi più a un uso di precarietà anziché alla flessibilità del mercato. 

Ritengo che il tipo di occupazione “mordi-e-fuggi” – che abbiamo avuto e che ci viene rimproverato non dalla Cina, ma in ambito europeo – non aiuta le imprese a crescere in produttività.

In un’economia di mercato, la flessibilità è una caratteristica naturale. Noi vogliamo la flessibilità, ma non la precarietà. Non è una questione facile da risolvere.

APPRENDISTATO E FORMAZIONE PROFESSIONALE
Con loro [i cinesi] ho parlato molto di formazione professionale e di apprendistato. Su quest’ultimo si tratta di vincere una scommessa: c’è molto scetticismo sull’apprendistato nel nostro paese. È una scommessa che riguarda lavoratori e imprese allo stesso modo. È un modo per superare quella che è stata una  debolezza strutturale dell’Italia: la bassa dinamica della produttività.

L’apprendistato c’era, era un modo per avere lavoro a costo inferiore, in modo flessibile: un apprendista non lo devi confermare. L’apprendistato vero – quello che ha funzionato in Germania – è quello che veramente forma un giovane, per cui, se non lo si conferma, quest’ultimo ha qualcosa da spendersi sul mercato.

FLESSIBILITA’
Una delle cose di questa riforma che ho spiegato ai cinesi – che sono potenziali investitori – è che se si vuole stabilizzare da un lato bisogna ridurre la precarietà e dall’altro bisogna alleggerire la rigidità. La modifica dell‘articolo 18 va esattamente incontro alla necessità di alleggerire le rigidità. 

Noi avevamo un mercato del lavoro che vede un segmento – di solito maschi adulti – garantito e protetto. E tutti gli altri fuori dalla cittadella. Questo non funziona. Se si vuole dare stabilità relativa – la sicurezza non c’è più oramai – a quelli fuori, bisogna togliere qualcosa a quelli dentro.

CONCERTAZIONE
Il presidente Monti ha dichiarato non più di una settimana fa che questo governo non adotta il metodo della concertazione

In economia, come nella società, non ci sono regole fisse che valgono in ogni periodo per ogni paese. Vanno sempre adattate e calate nella situazione concreta: questo non è un giudizio sulla concertazione in quanto tale, ma un giudizio sulla concertazione ora, con questo tipo di governo con questo tipo di compito.

L’idea di Mario Monti – che condivido – è che si dialoga (e l’abbiamo fatto con la riforma del mercato del lavoro). Ma se non c’è un’opinione condivisa, il governo si assume le responsabilità e decide

Questo spiega perché nel decreto “Salva Italia” non abbiamo concertato e non abbiamo avuto neanche un periodo sufficientemente lungo di dialogo. Bisognava intervenire in maniera decisa e rapida perché la situazione del paese era critica. Bisognava convincere che quello era veramente il decreto che poteva salvare l’Italia. Non era una fantasia, era adatto alla circostanza.

SINDACATO
Credo che il sindacato abbia dimostrato in molti casi ragionevolezza. In una situazione di recessione, anche il sindacato è tormentato dagli stessi problemi dei governati. Nessuno ha ricette sicure. Detto ciò bisogna che a un certo punto le decisioni vengano prese.

Penso che il sindacato maturerà il convincimento che la riduzione della spesa pubblica è necessaria, non soltanto per il rigore finanziario dei conti.

SPENDING REVIEW
L
a spending review è un altro tassello di quelle riforme strutturali di cui il paese ha bisogno per rimettersi sul cammino della crescita. Le riforme strutturali non servono solo a soddisfare qualche parametro di sostenibilità finanziaria (che certamente da economista non sottovaluto). Quello che veramente ci interessa è mettere insieme molti tasselli perché il paese possa riprendere a crescere.

La spending review ha questa logica, ovvero quella di voler cambiare la struttura delle pubblica amministrazione del nostro paese, nella sua articolazione centrale e nelle sue strutture periferiche. 

Non è solo l’occasione per tagliare (i tagli lineari), noi vogliamo cambiare il modo di fare pubblica amministrazione, vogliamo aumentarne l’efficienza (perché utilizzare 10 persone per fare un lavoro, se te ne bastano 7 per farlo meglio?) e vogliamo che la pubblica amministrazione sia al servizio dei cittadini e delle imprese e non che li consideri la legittimazione della sua esistenza. I tagli lineari rispondono all’esigenza finanziaria e i tagli intelligenti all’ammodernamento della pubblica amministrazione. È facile? No. Incontra delle resistenze? Sì. 

Forse c’era dell‘ingenuità nell’invocazione fatta da più parti: taglino la spesa pubblica. Tagliare la spesa pubblica non significa solo ridurre la spesa della politica, ma ridurre gli organismi, ridurre i servizi (magari quelli che non consideriamo essenziali). Questa è un’operazione che cambia il modo di operare della pubblica amministrazione. Ma ripeto: o si riesce o facciamo un passo indietro. Nel secondo caso ci scordiamo la strada della crescita.

MONITORAGGIO DELLA RIFORMA DEL LAVORO
Dico sempre che la riforma inizia a vivere nel momento in cui entra in vigore. Le riforme non sono qualcosa che uno scrive e poi si dimentica. No, le riforme sono qualcosa che richiede l’adattamento alla società, il cambiamento della società e dei comportamenti.

Vorrei lasciare a chi verrà dopo di me un metodo di monitoraggio della riforma il più possibile basato sulla ricerca scientifica. Ovvero la valutazione con metodi scientificamente approvati di ciò che la riforma produce.

Se la macroeconomia continua ad essere debole, anche la migliore delle riforma non dà risultati. Dobbiamo agire su altri fronti, pensando (e sperando) che le riforme strutturali e un quadro economico in miglioramento diano i loro frutti. 

Bisogna quindi dotarsi di buoni strumenti metodologici per verificare in maniera scientifica se la norma in questione ha dato frutti o meno. 

Un metodo simile a quello adottato in Germania, ne ho già parlato con la collega tedesca che è disposta a metterci a disposizione persone che possano aiutarmi a mettere in piedi un gruppo per il monitoraggio della riforma. Il nostro lavoro comincia da domani [oggi] mattina.

RESISTENZE
Credo che gli italiani siano in grado di capire che il percorso che l’Italia deve fare se vuole tornare a crescere  è necessario. La crescita è l’unico modo per cui le giovani generazioni possano avere una vita non sprecata. Gli italiani capiranno.

Esprimo anche l’auspicio che il sindacato capirà richiamandomi a molte occasioni nelle quali ha dimostrato una maturità che ha aiutato li paese a superare delle fasi di difficoltà.

L’ITALIA VUOLE CAMBIARE
Non abbiamo mai detto che la riforma del mercato del lavoro era il toccasana. Il governo sta agendo su molti fronti, il decreto Salva Italia è venuto prima perché bisognava tamponare. Poi sono cominciate le liberalizzazioni – forse troppo poco, possiamo discuterne – poi è cominciata la riforma del mercato del lavoro, le semplificazioni… 

Un paese che non vuole cambiare non accetta tutto questo in così poco tempo
, da un governo tecnico per giunta. Questo bisogna dirlo, perché è un segno di speranza per il paese e di responsabilità da parte dei sindacati. 

Negli ultimi sei mesi questo paese ha accettato veramente riforme importanti. Ha mugugnato, ha deplorato… ma disordini sociali finora non ne abbiamo avuti. Questo vuol dire che il paese capisce che deve imboccare una strada diversa.


IL COMPITO DI QUESTO GOVERNO
Sono pragmatica. Il mio modo di interpretare l’operato di questo governo è dire che noi instradiamo il paese su percorsi un po’ più virtuosi di quelli percorsi nel passato. 

È arrivato il momento in cui tutte le pseudo-risorse, gli pseudo-strumenti ci sono stati sottratti: la svalutazione per dare respiro a una competitività che si perdeva in rincorse interne o la spesa pubblica per dare fiato a un’occupazione che non viene da settori di mercato più abituati alla competizione e che non sono in grado di produrre vero lavoro aggiunto. 

Il paese è di fronte alle proprie responsabilità
in un momento molto difficile. Siamo in un periodo di recessione profonda e di crisi finanziaria. L’instabilità non è solo nostra e rende più impellente l’azione di riforme strutturali in ogni momento.

È anche un momento in cui molti avrebbero bisogno di aiuti pubblici, perché il paese ha effettivamente delle aree di sofferenza. Questo è un dilemma rispetto al quale penso ci sia una sola cosa da fare: agire in maniera costante su tanti fronti.

C’è un eccesso di polemica nel dibattito italiano e non so se questo aiuta a vedere con chiarezza il problema, a capirne la complessità e a individuare una strada. Nessuno ha ricette sicure. Possiamo discutere, ma poi dobbiamo anche decidere.

Il tempo è poco, ma se riusciamo a instradare, rendendo al tempo stesso difficile per quelli che verranno dopo riportare indietro, allora qualcosa di buono lo avremmo fatto.

Credo anche in un’altra cosa che per un professore è essenziale: l’esempio. Credo che la politica – che ha molti problemi – possa prendersi una pausa, questa pausa di governo tecnico, per riflettere su se stessa e sulle modalità per cambiare.

Instradare il paese in un anno e mezzo deve essere possibile
, starà agli altri non riportarlo sulla vecchia strada. Ma comunque non ci sarà più concesso: il mondo è cambiato e gli altri stanno correndo.