Insultati, offesi e vittime della rabbia popolare. È dura la vita per gli avvocati cinesi, soprattutto se i propri assistiti sono i boss coinvolti in uno dei più grandi processi contro la criminalità organizzata che la Cina ricordi, ossia, quello che ha messo alla sbarra le principali gang criminali della municipalità di Chongqing. Clienti scomodi, con i quali è difficile poter aver dei contatti, causa delle dure critiche da parte dell’opinione pubblica.
«Non ho ancora ricevuto nessuna comunicazione sul luogo e i tempi del processo», è la denuncia lanciata dalle pagine del edizione in lingua inglese del Global Times da Yang Kuangsheng, avvocato pechinese, difensore di Wen Qiang, ex capo dei magistrati ed ex-vice capo della polizia a Chongqing, accusato di aver protetto i boss della città in cambio di regali e tangenti.
Ben diversa la storia di Zhao Changqing già soprannominato “l’avvocato del diavolo” dai netzen cinesi. «Capisco la rabbia popolare contro la criminalità organizzata – prova a giustificarsi Zhao – ma le accuse contro gli avvocati riflettono il fallimento dell’educazione legale in Cina». Una preoccupazione condivisa da Zhou Litai. «Gli avvocati difensori proteggono la giustizia – spiega il quarantatreenne avvocato -non siamo i rappresentanti delle organizzazioni criminali». Ma come «difensori della giustizia» si sentono in dovere di garantire ai loro assistitila migliore difesa possibile opponendosi a pressioni di ogni genre.
In molti vengono da Pechino, «forse perché le famiglie dei sospettati ritengono gli avvocati pechinesi più professionali e meno soggetti alle restrizioni locali», spiega ancora Zhou, che rimanda al mittente le illazioni circa presunte pressioni popolari verso gli avvocati locali perché rifiutassero l’incarico. Ma le condizioni di lavoro degli avvocati non sono sicuramente delle migliori. Nessuno ha potuto vedere i sospettati durante le indagini né avere accesso agli archivi, una situazione così paradossale da spingere l’avvocato Xiao Ying a parlare di «violazione dei diritti» dei sospettati.
E a chi prova a a giustificarsi sostenendo che la presenza dell’avvocato potrebbe essere d’impaccio alle indagini risponde ancora una volta Zhou Litai. «Non possiamo sacrificare le procedure, premessa per una vera giustizia, alla campagna anti-crimine».