Jinping l’africano

In by Gabriele Battaglia

Russia, Africa e paesi emergenti. I primi viaggi ufficiali di Xi Jinping, neo presidente della Rpc, sono indicativi della strada su cui si dirigerà la nuova amministrazione: trovare nuove fonti di approvvigionamento energetico e nuovi poli d’investimento. E domani Xi siederà al tavolo dei Brics, in Sudafrica. Russia, poi Africa e Brics, nel suo primo viaggio ufficiale da presidente: un percorso molto indicativo di quali siano le priorità del nuovo leader cinese, Xi Jinping.

Di concreto, la visita a Mosca appena conclusa lascia gli accordi economici. Rosneft, il maggior produttore di petrolio russo, aumenterà le forniture alla Cina da 15 milioni a 31 milioni di tonnellate di greggio l’anno. La società russa ha anche offerto alla China National Petroleum l’accesso alle risorse dell’Artico, attraverso esplorazioni congiunte nei mari di Barents e Pechora e in otto aree onshore.

Da parte sua, Gazprom ha invece firmato un memorandum con la cinese Cnpc per la costruzione di un gasdotto lungo la cosiddetta via orientale, con spedizioni da 38 miliardi di metri cubi l’anno a partire dal 2018. È tuttavia andato male il “colpo grosso”, dato che non è stato ancora trovato l’accordo per incrementare la fornitura fino a 68 miliardi di metri cubi di gas naturale l’anno, per 30 anni. Divergenze sul prezzo, aggiungono i commentatori. Nulla di irrisolvibile, dato che la società russa ha già precisato che prevede di stipulare il contratto entro la fine dell’anno.

Di meno concreto ci sono i fiumi d’inchiostro versati dagli analisti, che si dividono tra chi considera “storica” la visita di Xi Jinping in Russia e chi invece ci tiene a sottolineare i problemi che tra le due superpotenze restano irrisolti. Su un piatto della bilancia, la sanzione di un definitivo disgelo dopo la “guerra fredda” intra-socialista che durava dai tempi di Mao; dall’altro le preoccupazioni russe per il ruolo predominante che la Cina inevitabilmente avrebbe in un’alleanza più stretta.

La conclusione congiunta è che si tratta di amicizia, ma che ognuno mantiene la propria agenda geopolitica indipendente.

Ora si volta pagina: Xi è atterrato in Tanzania e andrà quindi in Sudafrica per un summit dei Brics – le economie emergenti (Brasile, Russia India, Cina, Sudafrica) – per concludere il suo viaggio nella Repubblica del Congo. Il presidente parlerà di miniere e infrastrutture e al contempo dovrà rassicurare circa la presenza cinese in Africa, sempre più indigesta alle popolazioni locali.

Secondo Standard Bank Group, il commercio tra Africa e Cina è raddoppiato dal 2007, raggiungendo i 200 miliardi di dollari, mentre gli investimenti cinesi sono pari a 20 miliardi per circa duemila imprese presenti nel continente. La Cina è arrivata con una politica basata sulla fornitura di infrastrutture in cambio di materie prime. Un ingresso a suon d’investimenti che ha fornito ai Paesi africani un’alternativa al rapporto con l’Occidente, anche perché Pechino, nel nome della “non intromissione” nelle questioni interne altrui, ha sempre fatto affari con chiunque, senza troppe valutazioni di tipo politico o morale sul partner di turno.

In Tanzania, ricordano i media cinesi e non solo, l’arrivo di Xi è stato preceduto dalla firma di ben sedici trattati commerciali. Gli accordi – dicono le news – comprendono piani per sviluppare congiuntamente un nuovo porto e una zona industriale, un prestito agevolato per le infrastrutture di comunicazione, e un prestito senza interessi al governo tanzanese. Non sono ancora chiari sia la dimensione del prestito sia il valore monetario dei progetti.

Dal Congo, la Cina ha importato 5,4 miliardi di tonnellate di greggio lo scorso anno, solo il due per cento delle sue importazioni di petrolio totali. Ma potenzialmente il Paese africano può offrire molto di più.

Tuttavia, molti osservatori africani oggi si chiedono: il continente ci ha guadagnato quanto la Cina da questo rapporto? Xi Jinping dovrà convincerli di sì. Il governatore della banca centrale nigeriana Lamido Sanusi – la Nigeria è il massimo produttore continentale di petrolio – ha per esempio sottolineato attraverso il Financial Times che la politica cinese fondata sull’acquisto di materie prime e sulla vendita di manufatti ai Paesi africani ricorda le pratiche coloniali britanniche.

Sanusi ha anche criticato gli investimenti cinesi nelle infrastrutture che – ha detto – con alcune eccezioni, non sono riusciti a trasferire competenze alle comunità locali. Il perché è semplice: molto spesso, i lavoratori impiegati nei cantieri arrivano direttamente dalla Cina invece di essere scelti sul posto.

[Scritto per Lettera43; foto credits: newsdaily.com ]