Israele e Palestina: cosa dicono in Asia

In by Simone

Raccolta di dichiarazioni e posizioni ufficiali da Cina, India, Giappone, Pakistan, Malesia, Indonesia, Filippine e Corea del Sud. Per sapere cosa pensano e cosa dicono "gli altri" della crisi nella Striscia di Gaza.
CINA
La Cina è estremamente preoccupata delle continue operazioni militari su larga scala che Israele sta portando avanti nella Striscia di Gaza. Condanniamo l’uso eccessivo della forza che ha causato morti e feriti tra la popolazione civile innocente”.

Queste le parole di Hua Chunying, portavoce del Ministero degli Esteri della Repubblica popolare cinese. Hua ha aggiunto che la Cina “supporta la posizione dei Paesi Arabi sulla questione palestinese, apprezzando e appoggiando gli sforzi dell’Egitto, degli altri Paesi arabi e della Lega Araba volti a migliorare la situazione attuale”.

La diplomazia cinese, inoltre, “esorta con forza le parti coinvolte, specialmente Israele, a mantenere la massima moderazione e a cessare le ostilità il prima possibile, evitando azioni che possano esacerbare la situazione o aumentare la tensione”.

Un inviato del presidente palestinese Mahmoud Abbas si recherà domani a Pechino per discutere della crisi in corso a Gaza con rappresentanti del governo cinese. La visita, secondo il Ministero degli Esteri cinese, durerà tre giorni.

INDIA
Il ministro degli Esteri Salman Khurshid oggi ha dichiarato: “[La crisi di Gaza] rappresenta una triste e tragica escalation di violenza che è costata la vita di innocenti, in particolare donne e bambini”.

L’India, ha affermato Khurshid, considera le violenze “completamente inaccettabili ed esorta un ritorno immediato alla pace. Qualsiasi sforzo verrà fatto per portare alla pace e a una diminuzione delle violenze in corso, l’India lo appoggerà categoricamente”.

Il ministro Khurshid, recentemente nominato agli Esteri, ha precisato inoltre che “il nostro appoggio alla causa palestinese rimane immutato”. L’India sostiene che la Palestina abbia il diritto di essere uno Stato indipendente, con Gerusalemme come capitale.

GIAPPONE
Nel comunicato ufficiale diramato dal Ministero degli Esteri giapponese il 20 novembre si legge:

Il Giappone è profondamente preoccupato per le nuove tensioni nella situazione di Gaza. Al fine di evitare un’escalation delle violenze e ulteriori spargimenti di sangue, e in particolare l’aumento delle vittime civili, Il nostro Paese chiede che le forze armate palestinesi interrompano il lancio di missili e che Israele faccia il massimo sforzo per contenere la propria offensiva.

Allo stesso tempo, il Giappone chiede con forza e insistenza che i due Paesi giungano al più presto ad un accordo per un duraturo cessate il fuoco.

Inoltre, il Giappone offre il proprio aiuto e supporto ai Paesi che mirano alla realizzazione del cessate il fuoco, e in primo luogo gli sforzi di mediazione della comunità internazionale e della Lega Araba, e collabora a questo fine col massimo sforzo. 

PAKISTAN
Martedì 20 novembre il parlamento pakistano ha adottato una risoluzione che condanna i bombardamenti aerei israeliani sulla striscia di Gaza. La risoluzione descrive gli attacchi come “terrorismo di stato” e “violazione delle leggi internazionali”.

Pochi giorni prima un comunicato ufficiale del Ministero degli Esteri condannava “gli attacchi aerei israeliani indirizzati non solo contro la leadership di Hamas ma anche contro civili innocenti”.

Il Pakistan, che non ha relazioni diplomatiche con Israele, ha confermato il suo “inequivocabile e incondizionato appoggio alla causa palestinese”.

MALESIA
Il governo malesiano ha esortato le Nazioni Unite affinché agiscano immediatamente per fermare quella che ha definito “l’irresponsabile azione militare israeliana contro i civili innocenti di Gaza”.

Il ministro degli Esteri, Datuk Seri Anifah Aman, ha condannato i raid aerei sulla Striscia, chiedendo alle parti coinvolte di evitare ulteriori morti e a Israele l’immediata fine “dell’aggressione contro la popolazione palestinese”.

Posizione cui si somma quella dell’ex primo ministro Tun Dr Mahathir Mohamad, che ha lanciato un fondo di emergenza per dare assistenza agli abitanti di Gaza, nonostante gli ostacoli posti dal blocco sulla Striscia.

In un duro editoriale sul New Straits Times, l’ex premier ha ricordato i raid contro la Freedom Flotilla e le condizioni di vita nella Striscia paragonata al campi di concentramento di Auschwitz, spiegando che i palestinesi stanno “apparentemente” pagando per i peccati degli europei. “Rimanere in silenzio”, conclude, “non è una scelta possibile”.

INDONESIA
Anche l’altro grande Paese a maggioranza musulmana nella regione ha fatto sentire il proprio sostegno ai palestinesi. Da Phnom Penh per l’East Asia Forum, il presidente indonesiano Susilo Bambang Yudohoyono, ricordando la guerra del 2008, ha esortato il suo omologo statunitense Barack Obama a premere su Israele affinché metta fine ai raid.

Intanto una delegazione di parlamentari indonesiani ha in programma una visita nella Striscia di Gaza tra il 27 novembre e il 3 dicembre. “Sarà una missione umanitaria per dare la nostra solidarietà a Gaza”, hanno spiegato al Jakarta Globe.

La delegazione, che incontrerà anche il presidente palestinese Abu Mazen a Ramallah e esponenti religiosi a Gerusalemme, farà prima tappa ad Amman in Giordania per discutere l’apertura di un ufficio di rappresentanza nei territori palestinesi.

Indonesia e Israele, al contrario, non hanno relazioni diplomatiche ufficiali.

FILIPPINE
Sempre da Phnom Penh ha parlato anche il presidente filippino Benigno Aquino, che ha confermato gli sforzi di Manila per riportare a casa i circa 120 connazionali bloccati a Gaza, in maggioranza sposati con palestinesi.

Al contrario de filippini nella Striscia, per gli oltre 40mila filippini che vivono in Israele non ci sarebbe al momento necessità immediata di rimpatri, ha spiegato il capo di Stato.

COREA DEL SUD
Rimane in silenzio il governo di Seul. I leader sudcoreani, ha spiegato il ministro degli Esteri Kim Sung-hwan, attendono di sedere ufficialmente come membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu prima di esprimersi.

Intanto, nella capitale, ci sono state manifestazioni contro gli attacchi israeliani.

[Foto credit: bbc.co.uk]