I ministri della Difesa dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai si incontrano a Qingdao, mentre Donald Trump ottiene un’accelerazione delle spese militari europee. Il caos in Medio oriente può convincere Pechino di dare l’ok al “Forza della Siberia 2”
Proprio mentre in Europa si chiudeva il summit della Nato, con l’accelerazione trumpiana nella corsa al riarmo, i ministri della Difesa degli stati membri dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco) visitavano il cacciatorpediniere lanciamissili Type 052D della marina cinese. Non è un caso, visto che negli ultimi due giorni si è svolta anche la ministeriale annuale del gruppo, ospitata nel porto orientale di Qingdao. Una coincidenza di tempi utilizzata per contrapporre l’ordine multipolare promosso dalla Sco a quello descritto come “unipolare” e “unilaterale” guidato dagli Stati uniti, che all’Aja hanno ottenuto l’aumento delle spese militari europee. Il tutto, pochi giorni dopo che le bombe di Donald Trump hanno colpito i siti nucleari iraniani.
Il ministro di Teheran, Aziz Nasirzadeh, ha scelto proprio la Cina per la sua prima apparizione internazionale dopo la guerra con Israele. Con lui, presenti tra gli altri anche il russo Andrei Belousov, i rappresentanti di Bielorussia e delle repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale, nonché i ministri di India e Pakistan, Rajnath Singh e Khawaja Asif. Ad aprire i lavori il cinese Dong Jun, attesissimo dopo aver cancellato la tradizionale presenza allo Shangri-la Dialogue di Singapore a inizio giugno, evitando il confronto con lo statunitense Pete Hegseth.
Dong ha definito l’incontro “una risposta al caos e all’instabilità globale”. Con una retorica decisa contro Washington, ha denunciato “l’unilateralismo, il protezionismo e gli atti egemonici e intimidatori” come principali cause del disordine mondiale, invocando una maggiore coesione tra i membri della Sco per “salvaguardare collettivamente un ambiente favorevole allo sviluppo pacifico”. Nel documento congiunto finale, si ribadisce che lo Sco non è un’alleanza contro terzi, ma si stabilisce comunque il rafforzamento della cooperazione in materia di difesa, compresa l’intensificazione di esercitazioni militari congiunte.
Tra chi si aspettava qualcosa di più concreto dai partner Sco era però l’Iran. Nasirzadeh ha ringraziato la Cina per il sostegno verbale ricevuto durante il conflitto, auspicando un ruolo attivo di Pechino nella stabilizzazione regionale. Tuttavia, al di là della solidarietà formale, Cina e Russia non hanno mostrato alcuna intenzione di fornire sostegno militare diretto a Teheran. Non mancano le asimmetrie che riducono la proiezione effettiva del gruppo. A partire dalla rivalità tra India e Pakistan, che ha vissuto momenti drammatici negli scontri di maggio lungo il confine tra i due paesi.
Le tensioni sono riemerse anche a Qingdao, tanto che l’India non ha firmato il comunicato finale. Singh avrebbe voluto l’inserimento nel testo di riferimenti “all’attacco terroristico a Pahalgam”, nel Kashmir, di cui il governo indiano accusa gruppi che sarebbero in qualche modo sostenuti da Islamabad, che ha sempre negato. L’India è convinta che Pechino sostenga il Pakistan, tanto che alcuni jet di Nuova Delhi sarebbero stati abbattuti da mezzi militari di fabbricazione cinese.
La Russia prova a sfruttare i nodi interni per rafforzare il suo ruolo regionale. Belousov ha definito l’India un “partner strategico eccezionale” e ha parlato delle relazioni con la Cina come “a un livello senza precedenti”, nonostante i documenti riservati dell’intelligence russa rivelati rivelati nei giorni scorsi dal New York Times mostrino come Mosca, dietro la retorica ufficiale, sia profondamente sospettosa nei confronti delle presunte attività di spionaggio scientifico e militare cinese sul suo territorio.
La Russia potrebbe avere un altro vantaggio. Il caos in Medio oriente potrebbe convincere la Cina a dare il via libera al Power of Siberia 2, il maxi gasdotto annunciato in pompa magna da oltre quattro anni ma su cui Xi Jinping ha fin qui sempre temporeggiato. Putin insiste da tempo, ma per Pechino il progetto è stato a lungo una priorità secondaria. Il nodo cruciale è stato il prezzo: Mosca premeva per condizioni simili a quelle applicate in Europa, mentre Pechino puntava su tariffe scontate, consapevole della posizione di debolezza russa nel mercato globale.
Non solo: la Cina vorrebbe quote nella costruzione e nella gestione, mentre la Russia è riluttante a cedere governance. L’instabilità iraniana e del Medio oriente starebbe però portando Xi a rivedere gli obiettivi di diversificazione e aumentare la quota di import energetico da Mosca. Non sono esclusi passi avanti concreti a settembre, quando Putin sarà a Pechino per il summit Sco e la grande parata militare per l’80esimo anniversario della vittoria contro il Giappone.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il Manifesto]
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.