India – Wal-Mart entrerà nel mercato indiano

In by Simone

La riforma dei supermercati multimarca in India ha passato il vaglio del parlamento. Il mercato indiano aprirà le porte a Wal-Mart ed altri big brand stranieri, misura che dovrebbe aiutare la ripresa economica. Ecco cosa succederà nella seconda economia in via di sviluppo al mondo.
La discussa riforma dei supermercati multimarca in India, varata a settembre dal governo guidato dal Congress, oggi è ufficialmente passata alle due camere del parlamento di Delhi.

Sia alla Lok Sabha (camera bassa), sia alla Rajya Sabha (camera alta), la coalizione di governo della United progressive alliance (Upa) è riuscita a respingere le mozioni contrarie avanzate dall’opposizione, aprendo di fatto le porte del mercato indiano ai supermercati multimarca internazionali come Wal-Mart e Tesco.

L’iter è stato particolarmente travagliato: la Upa infatti, solo la scorsa settimana, non aveva in parlamento i numeri necessari per sconfiggere l’opposizione.

Condizione creatasi nel mese di settembre, quando il Trinamool party di Mamata Banerjee, chief minister del Bengala occidentale, era uscito dalla coalizione di governo in aperta polemica con Manmohan Singh, principale promotore dell’apertura del mercato indiano ai grandi marchi stranieri.

I primi giorni della sessione parlamentare invernale, aperta all’inizio di dicembre, hanno visto i lavori delle due camere bloccati dalle continue proteste dell’opposizione, guidata dal partito conservatore Bharatiya janata party (Bjp).

Quando però il governo ha reso chiara la necessità di passare per il voto in entrambe le camere, si è aperta l’ufficiosa compravendita dei voti dei partiti locali indipendenti che, come spesso succede in India, si sono rivelati decisivi.

E’ il caso del Samajwadi party (Sp) di Mulayam Yadav Singh, partito socialista che controlla l’enorme stato dell’Uttar Pradesh, e del Bahujan samaj party (Bsp) di Mayawati, ex chief minister dell’Uttar Pradesh e paladina dei dalit, la casta più bassa del sistema induista.

Nonostante in tutti questi mesi Sp e Bsp si siano apertamente schierati contro la riforma dei supermercati multimarca, sposando le istanze dell’opposizione che prefigurava conseguenze disastrose per i contadini indiani e i piccoli rivenditori delle drogherie indiane – i kirana shop – al momento del voto hanno fatto in modo che la riforma passasse in entrambe le aule.

Il Sp di Yadav Singh, pochi minuti prima del voto alla Lok Sabha di due giorni fa, ha annunciato l’astensione dei suoi deputati, ufficialmente perché nel dibattimento in aula il governo non ha mai “considerato i problemi dei contadini e dell’uomo comune”. E oggi ha ripetuto la protesta anche alla Rajya Sabha.

Con l’astensione, il Sp ha di fatto abbassato la soglia del 51 per cento dei votanti necessaria al governo per respingere le mozioni dell’opposizione, operazione raggiunta con successo grazie all’appoggio esterno del Bsp in entrambe le camere.

Da domani quindi il mercato indiano, secondo gli analisti un bacino da 450 miliardi di dollari, sarà aperto a compagnie estere che vogliano investire in India nel settore dei supermercati multimarca.

Ma ci sono delle condizioni da non sottovalutare: gli stranieri potranno avere una quota di maggioranza non superiore al 51 per cento – saranno quindi necessarie delle joint venture – , dovranno garantire un investimento minimo di 100 milioni nelle infrastrutture sul territorio indiano, potranno operare solo in cittadine con più di un milione di abitanti – una cinquantina in tutta l’India, dove oltre il 65 per cento della popolazione vive in zone rurali – e soprattutto saranno obbligati a rifornirsi per almeno il 30 per cento dei prodotti da fornitori locali.

Inoltre, nonostante la legge sui supermercati multimarca sia nazionale, l’ultima parola spetterà ad ogni governo locale dell’Unione indiana, che potrà decidere se ospitare o meno punti vendita Wal-Mart o Tesco sul proprio territorio.

Il governo Singh ha sempre sostenuto che l’entrata nel mercato di competitor stranieri potrà aiutare la ripresa dell’economia indiana, ottimizzando la filiera dal produttore al consumatore – togliendo di mezzo tutti gli intermediari sul territorio che contribuiscono al rincaro dei prezzi al consumo – ed assicurando un’entrata fissa ai contadini che stringeranno contratti coi marchi stranieri.

L’opposizione, per contro, ha paventato scenari di “svendita dell’India allo straniero”, preannunciando disoccupazione di massa dei contadini, resi obsoleti dalla vendita di prodotti importati dall’estero, e dei piccoli rivenditori locali, schiacciati dalla concorrenza di Wal-Mart e simili.

Il New York Times oggi ha fatto un po’ di fact-checking, analizzando l’impatto avuto da Wal-Mart in Cina e da McDonald’s e PepsiCo in India.

Ne esce un quadro tutto sommato favorevole all’economia indiana: McDonald’s India infatti si rifornisce per il 90 per cento da produttori indiani, con l’obiettivo di arrivare presto al 100 per cento, come PepsiCo.

PepsiCo in India ha contratti di partnership con 24mila contadini indiani in Bengala occidentale, Punjab, Gujarat, Uttar Pradesh, Maharashtra, Karnataka e Bihar, comprando nel solo 2012 oltre 240mila tonnellate di patate. Più del doppio rispetto al 2011.

L’esperienza di Wal-Mart in Cina, dove è presente da oltre 20 anni, indica che la catena di grandi magazzini americana tende ad affidare il management all’estero al personale locale – in Cina il 99,9 per cento degli impiegati Wal-Mart sono cinesi – e a vendere prodotti locali – il 95 per cento delle merci Wal-Mart in Cina sono cinesi. Se il metodo cinese sarà applicato in India, però, è ancora tutto da appurare.

Dal lato politico, la performance in parlamento della maggioranza è una vittoria di Pirro. A Delhi la riforma è passata solo grazie all’appoggio esterno di Sp e Bsp, due partiti decisamente inaffidabili, sempre pronti a prestare i propri voti al miglior offerente.

Ancora una volta predomina l’anomalia della democrazia indiana, dove in fin dei conti sono i partiti più piccoli a fare la differenza e, di conseguenza, a dettare l’agenda del secondo Paese in via di sviluppo al mondo.

Dal lato dell’opposizione invece arriva nuovamente la conferma di un Bjp allo sbando, incapace di attirare attorno a sé altre forze politiche che possano dare la spallata al governo Singh e profondamente diviso al suo interno per questioni di leadership.

Una situazione che forse, con le prossime elezioni in Gujarat, troverà una soluzione unanime: appoggio indiscriminato al controverso Narendra Modi, l’autoritario chief minister del Gujarat che piace ai conservatori, ai mercati e agli estremisti hindu.

[Foto credit: qz.com]