La diga di Mullaperiyar ha quasi 116 anni, sorge in Kerala ma fornisce acqua ed elettricità al confinante Tamil Nadu. La popolazione locale, preoccupata per le frequenti scosse di terremoto, ha organizzato una protesta spettacolare per chiederne la distruzione: una catena umana di 196 km.
I due stati di Kerala e Tamil Nadu, punta estrema meridionale dell’India, hanno un problema vecchio 116 anni.
E’ la diga di Mullaperiyar, un pezzo d’antiquariato architettonico realizzato nel 1886 con la supervisione dei British Army Engineering Corps.
Secondo la volontà dell’allora Maharaja di Travancore, si sarebbe costruita una diga in territorio del Kerala per poter deviare le acque del fiume Periyar verso l’assetata regione del Tamil Nadu.
La grande opera, seppur fisicamente nell’attuale Kerala, veniva data in gestione all’amministrazione del Tamil Nadu per un lasso di tempo di 999 anni, accordo però decaduto con l’indipendenza del 1947. Tutta l’acqua accumulata dalla diga diventava proprietà del Tamil Nadu, in cambio di un affitto annuale e delle spese di manutenzione che, in 116 anni, si sono affrontate solo una volta nel 1979, per tappare alcune falle.
L’accordo nel frattempo era stato rivisto nel 1970, riconfermando la divisione degli oneri e rivedendo i termini dell’affitto della diga da parte del Tamil Nadu che, come spiega il magazine indipendente Tehelka, da allora paga un milione di rupie (poco più di 14mila euro) all’anno al Kerala per lo sfruttamento delle acque e dell’elettricità generata dalla diga.
In quarant’anni la necessità di acqua ed energia elettrica in Tamil Nadu è cresciuta comprensibilmente a dismisura, a differenza del pagamento annuale, cristallizzato al 1970, e delle condizioni infrastrutturali della diga, anch’esse rimaste all’epoca vintage di fine anni Settanta.
Nel mese di luglio una serie di scosse di terremoto hanno fatto tremare la struttura della diga di Mullaperiyar: la popolazione circostante ha temuto che una falla potesse spazzare via i villaggi e i campi adiacenti.
Sono iniziate quindi le prime proteste e manifestazioni, col governo del Kerala schierato al fianco dei manifestanti che chiedevano a gran voce la realizzazione di una nuova diga e la distruzione della pluricentenaria "Mullaperiyar dam". Ma per procedere all’abbattimento della diga serve l’assenso del governo del Tamil Nadu, proprietario della struttura, che invece non ha la minima intenzione di rinunciare ad una fonte di acqua ed energia così conveniente, specie se situata oltre il confine, assieme a tutti i rischi di un collasso.
A suon di rassicurazioni sullo stato della diga, il Tamil Nadu è riuscito tramite la Corte suprema a far alzare il limite delle acque raccolte a 152 piedi, contro i 136 piedi (41 metri) consigliati da un team di tecnici nel 1979. La misura però è stata recentemente ridimensionata, riportandola ufficialmente al di sotto dei 136 piedi.
Lo scorso 8 dicembre una spettacolare catena umana di 196 km formata da migliaia di manifestanti ha riacceso la polemica tra i due Stati confinanti. La protesta, organizzata dal Left Democratic Front, era stata in precedenza scoraggiata dalle forze dell’ordine del Kerala che, l’8 dicembre, si sono scontrate ripetutamente coi manifestanti lungo il confine col Tamil Nadu.
Il governo del Tamil Nadu accusa quello del Kerala di speculare sulla paura della popolazione per realizzare una nuova diga e “assetare i campi e la gente del Tamil Nadu”; il Kerala, per contro, sostiene che la diga sia realmente a rischio, minacciando di distruggere non solo i villaggi circostanti ma anche una delle zone più ricche di biodiversità di tutto il distretto, eventualità che il Tamil Nadu si rifiuta di prendere in seria considerazione, preferendo lo sfruttamento energetico alla sicurezza del Kerala.
Una proposta di legge per obbligare il Tamil Nadu a mettere in sicurezza la diga era stata discussa al parlamento federale nel 2010, ma l’ostruzione del rappresentanti dello Stato meridionale aveva paralizzato l’iter legislativo.
Vista la paralisi dei lavori dell’attuale sessione parlamentare, intenta alla redazione del chiacchieratissimo Lokpal Bill, è difficile capire quando e come il problema della diga di Mullaperiyar sarà risolto.
La questione rischia però di dare fuoco alle polveri dell’odio etnico tra i malayalan, etnia del Kerala, e i tamil d’oltre confine, pronti a riversare la tensione del rischio inondazione (i primi) o siccità (i secondi) sul gruppo etnico opposto.
A questo proposito la Corte suprema si è nuovamente espressa mercoledì 14 dicembre, invitando i governi di Tamil Nadu e Kerala a non esasperare la situazione cavalcando la tensione, ricordando ancora una volta che il livello delle acque non deve superare i 136 piedi, precauzione sistematicamente disattesa dagli amministratori della diga.
Per evitare un’escalation di violenze interne, a fine novembre il governo del Tamil Nadu ha censurato in tutti i cinema dello Stato la pellicola Dam999, diretta da Sohan Roy e presentata in anteprima al Festival di Cannes.
Il film, secondo il regista, si ispira alla tragedia della diga di Banqiao in Cina, che nel 1975 crollò uccidendo 250mila persone – 171mila secondo il governo cinese.
Una storia che per il Tamil Nadu è stato meglio non raccontare.
[Foto credit: tehelka.com]