India – Tra moglie e marito non metterci…la legge

In by Gabriele Battaglia

Quando l’India si trova a dover mettere in discussione alcuni tratti della propria cultura contro le spinte che provengono dall’estero, di solito si chiude a riccio: "siamo in India, non capite". Lo stesso è stato detto da un ministro a proposito dello stupro coniugale giustificato sulla base della sacralità del matrimonio. Parole che celano la scarsa volontà della politica di intervenire nella questione. Quando l’India si trova a dover mettere in discussione alcuni tratti della propria società e tradizione in reazione a spinte che provengono dall’estero, di solito si chiude a riccio, proteggendosi col dogma del "eh ma questa è l’India, è diverso, voi non capite".

È successo due giorni fa nell’aula del parlamento centrale, quando il Ministero degli Interni ha risposto alla sollecitazione da parte di una deputata circa l’abrogazione della legittimità del cosiddetto marital rape, violenza sessuale che la moglie subisce dal marito, con "in India il matrimonio è speciale e sacro, non possiamo applicare le stesse interpretazioni valide fuori da qui".

Il virgolettato precedente è una sintesi mia della dichiarazione scritta rilasciata da Haribhai Parathibhai Chaudhary, Ministry of State for Home Affairs del governo centrale guidato dal Bharatiya Janata Party (Bjp). La deputata Kanimozhi del Dravida Munnetra Kazhagam (Dmk), partito tamil attualmente all’opposizione, chiedeva ragguagli circa le iniziative che il governo in carica reputava opportune di fronte alle sollecitazioni mosse dallo UN Committee on Elimination of Discrimination against women verso l’India, appellandosi per la cancellazione dell’eccezione del marital rape all’interno della legislazione che va a punire le violenze sessuali in India (Section 375 del Codice penale indiano).

Nella legge è infatti indicata un’eccezione che recita letteralmente: «Rapporti sessuali tra un uomo e la propria moglie, sia la moglie maggiore di 15 anni, non sono da considerarsi stupro».

Di fatto, secondo la legge indiana, tutto quello che succede in camera da letto tra marito e moglie è da considerarsi affare privato e lecito, dove lo stato non mette il becco anche in casi di violenze sessuali. Eventualità non propriamente peregrina, considerando i dati rilasciati dallo United Nations Population Fund, citati da Kanimozhi, secondo i quali tre mogli su quattro in India avrebbero subito delle violenze sessuali da parte del proprio marito (nota: dati da prendere con le pinze e approssimativi, ma comunque allarmanti).

La risposta dell’esponente di governo è stata, testualmente:

È da considerarsi che il concetto di marital rape, come concepito a livello internazionale, non possa essere applicabile nel contesto indiano a causa di alcuni fattori tra cui il livello d’istruzione, l’analfabetismo, la povertà, la miriade di abitudini e valori sociali, le diverse fedi religiose, la forma mentis della società che tratta il matrimonio come un sacramento.

Il governo indiano, quindi, si astiene dal normare su temi considerati "sacri", anche ove questi possano sfociare in episodi internazionalmente riconosciuti come criminali.

E lo fa, oggi, in aperta opposizione alle direttive promosse dal Verma Committee, l’organo di esperti che dopo il Delhi Gangrape era stato chiamato dal governo centrale (dell’Indian National Congress) a stilare un rapporto raccogliendo le indicazioni provenienti dalla società civile in tema di violenza sessuale.

Un documento che si pensava dovesse essere la Stella Polare da seguire e che invece, ora, diventa la cartina al tornasole della mancanza di volontà della politica di occuparsi del "problema stupri" al di là delle iniziative di facciata (banca per le donne, fondazioni in nome di Nirbhaya) o reazionarie (più polizia, pena di morte per gli stupratori, più telecamere, più controllo). 

[Scritto per East online; foto credit: sourcefed.com]