I quattro marò che l’Italia si rifiutava di mandare in India di fronte agli inquirenti sono stati interrogati ieri in videoconferenza dall’ambasciata indiana di Roma. Domani l’inviato speciale del governo De Mistura sarà chiamato a riferire in Senato sul caso Enrica Lexie.
Nella mattinata di ieri, come anticipato dalle indiscrezioni pubblicate sul sito di Repubblica qualche giorno fa, gli inquirenti della National Investigation Agency (Nia) indiana hanno potuto intervistare in teleconferenza i quattro fucilieri di Marina Renato Voglino, Massimo Andronico, Antonio Fontana e Alessandro Conte, che nel febbraio del 2012, assieme a Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, completavano il Nucleo militare di protezione a bordo della petroliera italiana Enrica Lexie.
Con ogni probabilità l’esito del confronto sarà reso pubblico la mattina di mercoledì 13 novembre, quando l’inviato del governo Staffan De Mistura – presente all’ambasciata indiana a Roma durante l’interrogatorio con Carlo Sica dell’avvocatura di stato – sarà chiamato a riferire in Senato sulla vicenda.
La videochiamata – compromesso raggiunto dopo settimane di braccio di ferro tra Roma e Delhi – si è svolta nel sostanziale silenzio dei media indiani e italiani che, nei giorni scorsi, avevano cercato invano conferme ufficiali delle voci che indicavano un’imminente svolta nella vicenda dei due marò Latorre e Girone.
I due sottufficiali di Marina sono in India da oltre 630 giorni in attesa di processo, accusati di aver ucciso Ajesh Binki e Valentine Jelastine, i due pescatori vittime degli spari provenienti dalla petroliera italiana il 15 febbraio 2012.
Le deposizioni degli altri quattro marò sono di cruciale importanza, secondo gli inquirenti indiani, poiché gli esami della balistica depositate presso il tribunale del Kerala indicano che i proiettili ritrovati nei corpi dei due pescatori sono compatibili con armi in dotazione al Nucleo militare italiano, ma non sarebbero stati esplosi dai fucili di Latorre e Girone.
Le matricole delle due armi da fuoco compatibili, secondo il rapporto interno della Marina redatto dall’ammiraglio Piroli, sarebbero invece dei fucilieri Andronico e Voglino.
Con le deposizioni dei quattro marò ora la polizia federale indiana dovrebbe avere a disposizione tutti gli elementi per redarre il documento dell’accusa necessario a istruire il processo, che si terrà inizialmente di fronte alla Corte speciale appuntata dalla Corte suprema indiana per dirimere alcune questioni preliminari come la giurisdizione, attualmente attribuita al sistema giuridico indiano ma ancora da fissare in via definitiva proprio in sede processuale.
Stando all’ultima – e unica – sentenza sul caso, quella della Corte suprema indiana del gennaio 2013, l’Italia potrebbe ancora impugnare la decisione provvisoria dei giudici indiani, tentando di spostare il procedimento penale a Roma invocando l’articolo 100 della United Nation Convention on the Law of the Sea (Unclos) del 1982 – legge dell’Onu che entrambi i paesi hanno ratificato – che esorta tutti gli stati firmatari alla massima collaborazione nella lotta alla pirateria.
[Scritto per il Manifesto; foto credit: lenovae.it]