Il sottosegretario agli Esteri in questi giorni sta girando le televisioni indiane con un solo obiettivo: salvare la faccia della diplomazia italiana. Ecco l’analisi di un’intervista trasmessa da NDTV, dove affiorano tutte le discrepanze nel racconto della vicenda tra Italia e India.
Di tutta questa imbarazzante querelle diplomatica tra India e Italia sul caso dei due marò, a questo punto saltano all’occhio due aspetti: la completa incapacità del ministro Terzi di gestire una patata bollente internazionale senza farsi condizionare dalle sue smanie personalistiche e dagli umori del popolo, e le incredibili doti di diplomatico del sottosegretario degli Esteri Staffan De Mistura, l’uomo mandato qui in India prima ad occuparsi di Latorre e Girone, ed ora col gravoso compito di ricucire un rapporto bilaterale fatto a brandelli lo scorso 11 marzo.
Delle molte interviste rilasciate in televisione da De Mistura in questi giorni, prendiamo come esempio quella andata in onda sulla rete nazionale indiana NDTV il 24 marzo, riproposta in versione integrale sul sito del canale televisivo.
Di seguito proviamo ad analizzarla, sperando che emerga chiaramente il doppio standard di narrazione che ha contraddistinto il caso Enrica Lexie sin dal 15 febbraio 2012: come abbiamo ripetutamente sostenuto, la storia propinata al pubblico italiano è radicalmente stravolta rispetto allo svolgersi dei fatti e alle dichiarazioni rilasciate in territorio indiano.
Il botta e risposta sarà, per ovvie ragioni, reso in modo sintetico, ma la sostanza del confronto in tv crediamo rimanga invariata.
Prima domanda: “Questa crisi tra Italia e India poteva essere evitata in qualche modo?”
Si parla della crisi generata dalla decisione di non riportare in India i due marò, tramutatasi poi in una minaccia e infine, secondo la nuova linea da tenere per la diplomazia italiana, di una “sospensione dell’impegno scritto” per rassicurarsi che ai due marò, qualsiasi cosa fosse successo, non sarebbe stata comminata la pena di morte.
De Mistura, dopo un elogio alla lunghissima tradizione di rapporti tra India e Italia, si mette subito sulla difensiva, spiegando che “dopo un anno di attesa” in Kerala e a Delhi per una soluzione del contenzioso legale, specie quando il caso coinvolge “militari in servizio”, ha generato in Italia una situazione “emotional”, in cui le emotività e i sentimenti hanno prevaricato il buon senso.
Dall’altra parte, continua De Mistura, l’Italia capisce come per l’India sia stato “uno shock” trovarsi davanti a una “sospensione dell’affidavit” firmato da Mancini che, leggendo entrambi i comunicati diramati dalla Farnesina l’11 marzo, è palese, di sospensione non si trattava, bensì di azione unilaterale e perentoria.
Seconda domanda: “Lei è stato citato in un quotidiano italiano dicendo che la sospensione dell’affidavit è stata una scelta di costrizione per rafforzare la vostra posizione nel negoziato…”.
De Mistura svia abilmente, dicendo di “guardare ai risultati. Eravamo così vicini a una crisi diplomatica, e invece […] Noi…ehm…io non avrei mai accettato di giocare d’azzardo a questi livelli. La ragione per la quale è tutto così complicato è la presenza di forti emozioni emozioni nazionali” iniziando una tirata sulla disperazione delle famiglie dei pescatori morti nel Kerala, “che erano poveri pescatori, non avevano niente a che fare con la pirateria, erano pescatori” paragonata alla disperazione delle famiglie di Latorre e Girone in Italia.
Il sottosegretario conclude che l’unico modo per evitare tutti questi problemi emozionali scaturiti da un incidente che coinvolge due militari “in acque internazionali” – e la giornalista abbozza, ché per l’India acque internazionali quelle non sono – è arrivare a una sentenza il più velocemente possibile.
Terza domanda: “Siccome la giurisdizione era ancora da decidere e la Corte speciale non era ancora stata nominata, né erano stati chiariti definitivamente i capi d’accusa, come mai avete sollevato questo problema della pena di morte? Da dove è venuta fuori questa preoccupazione?”
De Mistura ancora una volta evita la risposta diretta, giustificando la presa di posizione italiana col gigantesco equivoco della natura delle Corti speciali indiane, in Italia percepite come una versione esotica dei Tribunali speciali di fascista memoria, dove la sospensione del diritto permetteva di comminare pene esemplari infischiandosene dei diritti degli imputati. Cosa che, ovviamente, è lontana anni luce dalla realtà delle Corti speciali qui in India, alle quali si ricorre per dirimere questioni particolarmente complicate sotto il profilo giuridico (come il caso dei marò) o di eccezionale sensibilità nazionale (corruzione, stupri, terrorismo).
Ci interessa quello che De Mistura non dice però, ovvero: se la diplomazia italiana era a conoscenza della vera natura delle Corti speciali indiane, perché nessuno l’ha spiegato al pubblico italiano? Perché la stampa ha sorvolato su questo punto, lasciando che le idee distorte in Italia degenerassero in convinzioni false?
La teoria di De Mistura è questa: l’idea delle Corti speciali più il rischio della pena di morte – che lui stesso ammette davanti alla giornalista “in India applicate raramente, per fortuna” – ha generato un allarme diffuso su un rischio – inesistente – di una condanna capitale per i marò. Una volta avute rassicurazioni dagli Esteri indiani, i due militari sono stati rimandati in India mantenendo la parola.
Ecco, ora provate a ripensare a tutti gli articoli che avete letto in queste ultime settimane e valutate se le cose, in Italia, sono davvero andate così.
Quarta domanda: “Lei mi sta dicendo quindi che la tensione si è venuta a creare per un’idea distorta delle Corti speciali in India. Si può quindi dire che il problema vero fosse di un governo [italiano] che ha voluto soddisfare il proprio popolo piuttosto che di attriti tra India e Italia?”
De Mistura evita ancora di rispondere, rafforzando la sua tesi madre: per risolvere il problema dobbiamo “trovare una formula che soddisfi sia le famiglie dei due pescatori che le famiglie dei due marò”, lasciando fuori tutte le emozioni che sia in India che in Italia hanno molta presa, siccome “India ed Italia sono molto simili, lei lo sa, siamo molto emotivi”.
Quinta domanda: “Considerando che la Corte suprema aveva accordato un permesso inaudito in India per due imputati accusati di omicidio, e che tale permesso era stato ottenuto tramite una firma di impegno del vostro Ambasciatore, ora che la fiducia è stata completamente disattesa è probabile che una nuova licenza – si parlava in conferenza stampa di un ritorno dei marò in Italia per Pasqua – non sarà più accordata. Crede che ricostruire la fiducia reciproca sia al momento il compito più arduo?”
Vantando 42 anni di carriera in situazioni di crisi diplomatica – De Mistura ha lavorato a lungo nelle Nazioni Unite – il sottosegretario si dice convinto che, nonostante la crisi non sia mai stata raggiunta – “si sarebbe raggiunta se non avessimo riportato i marò in India entro la mezzanotte del 22 marzo” – “in ogni crisi c’è un’opportunità”. La fiducia, secondo De Mistura, può essere ricostruita poiché i marò sono tornati, la parola è stata mantenuta, la “sospensione” è stata revocata. Poi ribadisce di nuovo la necessità di arrivare a una soluzione, “qualsiasi soluzione”, in modo rapido, chiarendo che seppur l’Italia mantenga la propria posizione – cercare un arbitrato internazionale – “rispetta il diritto dell’India di arrivare ad una sentenza tramite la Corte speciale. Solo, facciamolo in fretta”.
Sesta domanda: “La Convenzione di Vienna è stata citata in questo caso. Nella Convenzione ci sono una serie di clausole che indicano che una volta rinunciato all’immunità [quando Mancini firma l’affidavit, ndt] non si possa farla valere da un’altra parte [il divieto di uscire dall’India, ndt]. E’ una Convenzione che protegge i diplomatici in tutto il mondo, ciò nonostante, qui in India, la sospensione dell’affidavit è stata vista come uno schiaffo alla Corte suprema, il massimo tribunale del Paese. E’ stata un’azione enormemente irrispettosa che molte persone non sono neanche riuscite ad immaginare potesse mai accadere, e il risentimento che ha generato nella popolazione non si è ancora sopito. L’Italia come pensa di porsi davanti a questo sentimento cruciale della popolazione indiana?”
De Mistura paragona lo shock indiano per lo “schiaffo” alla Corte suprema con lo shock italiano davanti alle minacce mosse dall’India contro l’immunità di Mancini, un fatto che “avrebbe potuto avere conseguenze gravi nella comunità internazionale” – “avrebbe potuto”, non “ha avuto” – ma non pensiamoci, “torniamo a considerare quale sia la vera natura del problema” – cioè arrivare ad una sentenza il più in fretta possibile – e a valutare i “rapporti speciali” che legano l’India e l’Italia.
In Italia “abbiamo 100mila indiani, stanno facendo un lavoro fantastico, sono parte integrante della nostra società; abbiamo 100mila turisti italiani che ogni anno si recano in India, tutti questi problemi devono essere superati”. Il sottosegretario si spinge perfino ad ammettere che, nonostante lui assieme a molti altri in Italia capisca "la natura di questi sentimenti” – il rancore indiano per l’affronto alla Corte suprema – “a volte la politica nazionale possa prevalere nelle decisioni, ma voglio che voi capiate che, al nostro posto, avreste fatto lo stesso per i vostri militari. Non li avreste mai abbandonati […] qualsiasi errore abbiano commesso, erano in servizio per il loro Paese”.
Settima domanda: “Quando lei è tornato in India venerdì ha dichiarato di aver ricevuto il giovedì precedente una lettera del ministro degli Esteri indiano e che ciò fosse tutto quello di cui l’Italia aveva bisogno per riportare indietro i marò. Qui in India c’è però il dubbio che l’Italia in realtà non abbia ottenuto un grosso supporto internazionale nella sua temporanea decisione [di non riportare indietro i marò] e che ci fossero anche delle preoccupazioni per contratti bilaterali e accordi a rischio se la situazione non si fosse risolta. Questi fattori hanno contribuito [alla vostra decisione finale]?”
De Mistura spiega di nutrire molto rispetto per il ministro degli Esteri che, firmando la nota verbale, ha dato all’Italia “dei chiarimenti su una questione per noi molto importante, quella della pena di morte”. Quindi nessun patto, nessun accordo: dei chiarimenti.
Le relazioni bilaterali, spiega il sottosegretario, ovviamente hanno pesato sulla decisione, come avrebbero pesato “se l’India avesse intrapreso molto efficacemente e in modo specifico la questione della libertà di movimento dell’Ambasciatore. Sarebbe potuta essere, secondo la mia modesta opinione, una strada molto poco saggia da seguire, come sarebbe stato poco saggio da parte nostra non mantenere la parola”.
De Mistura fa mea culpa, spiegando che l’Italia ha fallito a comunicare all’India quanto la questione della pena di morte fosse “così vitale per noi”. Un fallimento pachidermico, se si considera che il problema della pena di morte è stato sollevato solamente dopo un anno dall’inizio del confronto diplomatico.
Il diplomatico conclude sperando che l’India capisca l’emotività della faccenda, equiparando le “simpatie” che attraggono da un lato i pescatori – le vittime – e dall’altro i due marò, che erano in servizio sulla petroliera Enrica Lexie. In poche parole: torniamo alla razionalità e troviamo in fretta una soluzione.
Ultima domanda: “Lei mi sta dicendo che la questione della pena di morte poteva essere sollevata con maggiore anticipo, e qui in India infatti ci chiediamo come mai il problema sia sorto dopo un anno…” – De Mistura interrompe rimarcando la delicatezza della pena di morte dal punto di vista italiano – “Ora, visto che il potere giudiziario, come in molte altre parti del mondo, in India agisce in regime di indipendenza [dal potere politico, dal governo, ndt], il governo dirà sempre che i processi giudiziali sono indipendenti, funziona così in tutto il mondo…qual è la strada che si profila davanti ai rapporti diplomatici tra i due Paesi, come si può fare un passo indietro dall’orlo del precipizio? Lasciando stare la vicenda dei marò, ci sono altri aspetti che a questo punto devono essere ricostruiti.”
De Mistura dice che dal punto di vista diplomatico, quando si evita una crisi, la fiducia si ricostruisce con ancora più forza e velocità. Ciò senza dimenticare che sia India che Italia devono raggiungere una soluzione al problema dei marò al più presto, tenendo presente che in entrambi i Paesi c’è molta emotività. “E come si fa a controllare questa emotività? Bisogna arrivare in fretta a una soluzione”.
L’intervista si conclude qui e, crediamo, metterla a disposizione dei lettori italiani permetterà di capire meglio quali siano le discrepanze nel racconto della vicenda dei due marò in India e in Italia, come la diplomazia italiana si stia effettivamente muovendo qui in India e, soprattutto, quanto la disinformazione o la colpevole approssimazione di tutto il caso in Italia abbia contribuito a creare caos e incomprensioni in larga parte dell’opinione pubblica.
[Foto credit: tg24.sky.it]