In Cina riforme strutturali per ridare fiducia ai mercati

In by Simone

«Jishi huiyixing», alla lettera «reattività tempestiva». Sembra la scoperta del just-in-time un trentennio dopo il «metodo Toyota» dei dirimpettai giapponesi, ma è proprio questo l’appello fatto il weekend scorso dal premier Li Keqiang a tutte le agenzie governative, per fare fronte ai problemi dell’economia nazionale. Sintetizziamoli: rallentamento della crescita, aumento del debito, eccesso di capacità, riduzione dei profitti delle imprese, caos sui mercati azionari, fuga di capitali.

In questo quadro, i tentativi di intervenire messi in atto da Pechino hanno acuito i guai – come nel caso del «sistema interruttore» che è costato il posto all’ex capo della Consob cinese Xiao Gang – e tutti coloro che si sono cullati nell’idea che i tecnocrati cinesi siano in grado di agire rapidamente con soluzioni top-down appaiono ora quasi spaventati.

Quel «jishi huiyixing» è tradotto dal Financial Times con «migliore comunicazione», il che dà la stura a un articolo ironico sul fatto che di fronte a problemi reali Pechino si preoccupi soprattutto di mettere in riga i media. Ma, quale sia il significato vero – in Cina di solito lo si scopre a processo in corso – non sembra che di sola offensiva dello charme si tratti. Bisogna essere più svelti ed efficienti.

A questa necessità sembra corrispondere la scelta del 54enne Liu Shiyu come nuovo capo della China Security Regulatory Commission (CSRC) al posto di Xiao Gang. L’autorevole rivista economia Caixin sottolinea che deve soprattutto ridare fiducia agli investitori e la sua nomina è stata accolta bene dalle borse: più 2 per cento il 22 febbraio, alla riapertura delle contrattazioni dopo l’avvento del nuovo presidente della Consob cinese.

Per restituire ulteriore fiducia a mercati che hanno perso quasi il 60 per cento dai picchi di giugno 2015 e bruciato 30 miliardi di yuan, Liu dovrà soprattutto procedere a riforme strutturali, altro che quella «comunicazione» di cui parla il Financial Times.

Caixin indica, tra queste, un nuovo sistema per le offerte pubbliche iniziali (Ipo), che finora devono passare attraverso un’approvazione controllata politicamente ed eccessivamente restrittiva, per un settore privato che ha bisogno di liquidità. Si pensa a un più semplice sistema «a registrazione». Insomma, si ritiene che Liu dovrà lasciare via libera al mercato e snellire le procedure per la quotazione di nuove società evitando però che le borse diventino una sagra della porchetta percorsa da pacchetti azionari privi di fondamentali, senza controlli.

Dovrà anche traghettare l’apertura del mercato azionario cinese alle imprese e agli investitori stranieri. Determinare una svolta con tanta «jishi huiyixing», concetto che implica sia la necessità di fare in fretta sia quello di correggere rapidamente la rotta.

Liu è un banchiere e, come altri suoi predecessori nel ruolo che occupa oggi, ha mosso i primi passi nella People’s Bank of China – la banca centrale – per poi passare a un istituto commerciale – la Agricultural Bank of China – che però non è stato esente da scandali durante il suo mandato: alcuni funzionari hanno infatti rubato e venduto cambiali per il valore di 3,9 miliardi di yuan, investendo poi il ricavato nel mercato azionario prima che crollasse bruscamente la scorsa estate. Un’indagine della polizia è ancora in corso.

Si ritiene comunque che un tecnico – come si direbbe da noi – sia in questo momento la migliore scelta per rimettere in carreggiata le borse cinesi.