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In Cina e Asia – Trade war, Xi rilancia la “diplomazia del vicinato”

In Notizie Brevi by Redazione

I titoli di oggi:

  • Trade war, Xi rilancia la “diplomazia del vicinato”
  • Zelensky: “Pechino sa dei mercenari cinesi arruolati da Mosca”
  • Il colosso hongkonghese CK Hutchison difende gli investimenti nei porti di Panama
  • Apple produrrà più iPhone in India per limitare l’impatto dei dazi
  • I dazi di Trump sono un’opportunità per le Filippine
  • I soldati nordcoreani in Russia adottano nuove tattiche dopo le pesanti perdite

Mentre infuria la guerra commerciale con gli Stati Uniti, la Cina di Xi Jinping si impegna a rafforzare i rapporti con il resto dell‘Asia. Lo ha detto proprio il presidente cinese, che martedì e mercoledì ha presenziato a una conferenza di alto profilo sulla “diplomazia di vicinato“, ispirata al concetto ormai consolidato di “comunità dal futuro condiviso“. Durante l’incontro, Xi ha invitato i paesi asiatici ad approfondire “l’integrazione economica, rafforzando la connettività e la cooperazione industriale e nella catena di approvvigionamento. Il presidente, inoltre, ha affermato che dovrebbero essere compiuti “sforzi congiunti per salvaguardare la stabilità regionale attraverso la collaborazione in materia di sicurezza e di applicazione della legge per affrontare diversi rischi e sfide”. Si tratta della prima conferenza dedicata alla “diplomazia del vicinato” dal 2013, anno in cui Xi ha lanciato la Belt and Road Initiative. Il bilancio, secondo il leader cinese, è positivo: “Le relazioni con i paesi vicini attraversano la loro fase migliore”.

Non è ancora chiaro se e quanto il corteggiamento della Cina funzionerà. Diversi stati asiatici hanno già intavolato colloqui con Washington, e l’Australia ha affermato che “non ci alleeremo” con Pechino contro gli Stati Uniti.

Intanto Trump ha congelato i dazi al 10% per 90 giorni, per tutti tranne che per la Cina, su ci ormai incombe un’aliquota del 125%. La buona notizia è che l’inquilino della Casa Bianca ha dichiarato che  probabilmente non aggiungerà altre tariffe. Pechino ha risposto con controdazi dell’84%, ma tiene aperta la porta del dialogo, purché sia basato sul principio dell’equità. Alcuni dettagli sono deducibili dal libro bianco “Some Issues Concerning China-U.S. Economic, Trade Relations”, pubblicato ieri dal Consiglio di Stato.

La situazione resta tesa e le autorità di Pechino ieri hanno emesso due allerta sui viaggi negli Stati Uniti, uno indirizzato specificatamente agli studenti cinesi. Secondo il Wall Street Journal, college e università americani “affermano che negli ultimi giorni i visti di alcuni studenti internazionali sono stati revocati senza preavviso, causando confusione nei campus e panico tra gli studenti”.

Zelensky: “Pechino sa dei mercenari cinesi arruolati da Mosca”

Volodymyr Zelensky ha ribadito ieri che Kiev ha ottenuto i documenti di oltre 150 mercenari cinesi arruolati dalla Russia, aggiungendo che sono stati reclutati prevalentemente attraverso social network e che Pechino è a conoscenza della cosa. Ad essere sorpresi pare siano invece gli Stati Uniti.

Il colosso hongkonghese CK Hutchison difende gli investimenti nei porti di Panama

CK Hutchison, conglomerato di Hong Kong guidato dal magnate Li Ka-shing, ha replicato alle accuse emerse dall’audit del governo panamense, affermando di aver investito 1,7 miliardi di dollari nei porti di Balboa e Cristobal, superando gli obblighi contrattuali. L’indagine, avviata a gennaio, sostiene invece che Panama abbia perso 1,3 miliardi a causa di sgravi fiscali concessi all’azienda. La società, che controlla il 90% della Panama Ports Company (PPC), ha precisato di aver dato sia i 50 milioni previsti dall’accordo del 1997 sia il miliardo richiesto da un addendum del 2005. Inoltre, ha versato 668 milioni in tasse, “più di ogni altro operatore portuale nel Paese”, e difende le agevolazioni ricevute, ritenute “allineate agli standard del settore”.

L’audit rischia però di complicare la vendita dei due terminal a un consorzio guidato da BlackRock, in un’operazione da 22,8 miliardi già sotto esame antitrust in Cina. Intanto, Panama valuta se revocare la concessione, in un braccio di ferro tra interessi economici e pressioni geopolitiche esercitate da Pechino e Washington.

Apple produrrà più iPhone in India per limitare l’impatto dei dazi

Apple sta progettando di aumentare la produzione di iPhone in India destinati al mercato statunitense, cercando così di mitigare l’impatto dei dazi imposti dalla Cina e di ottenere un’esenzione dalle tariffe previste dall’amministrazione Trump.

Prima che venissero annunciati i dazi reciproci (la Cina colpita da una tariffa totale del 104 per cento, mentre all’India viene applicata una barriera del 26), Apple aveva in programma di produrre circa 25 milioni di iPhone in India quest’anno, di cui 10 milioni destinati al mercato locale indiano. Se Apple dovesse reindirizzare tutta la produzione indiana verso gli Stati Uniti, potrebbe soddisfare circa il 50% della domanda americana. I dazi sulle merci cinesi potrebbero infatti aggiungere circa 300 dollari al costo di produzione di un iPhone 16 Pro, che attualmente ha un prezzo di vendita di 1.100 dollari.

I dazi di Trump sono un’opportunità per le Filippine

Le nuove tariffe imposte dal presidente Trump colpiscono duramente la manifattura asiatica, ma per qualcuno rappresentano un’opportunità. È il caso di Liu Gang, imprenditore cinese che ha aperto già durante il primo mandato Trump una fabbrica di componenti elettronici a Batangas, a 90 minuti da Manila. Mentre i nuovi dazi statunitensi colpiscono duramente le economie manifatturiere asiatiche (con barriere fino al 50%), le Filippine emergono come un’opportunità inaspettata per le aziende in fuga da Cina, Vietnam e Thailandia. Pur colpite con tariffe al 17%, le Filippine sono meno dipendenti dall’export manifatturiero, fattore che le rende meno esposte ai dazi rispetto ai vicini asiatici. Secondo quanto riportato dal New York Times, solo nelle ultime settimane almeno sei aziende hanno contattato Liu per spostare lì la produzione destinata al mercato americano. Lo stesso governo filippino ha accolto con favore i dazi imposti da Trump, definendoli “buone notizie” e prevedendo un afflusso di investimenti nel Paese.

I soldati nordcoreani in Russia adottano nuove tattiche dopo le pesanti perdite

I soldati nordcoreani inviati a combattere in Russia hanno abbandonato le obsolete tattiche di assalto frontale, adattandosi alle strategie moderne delle forze russe. Lo rivela il Wall Street Journal, che descrive come Pyongyang stia trasformando la guerra in Ucraina in un banco di prova per l’addestramento delle proprie truppe. 

Inizialmente, i militari nordcoreani che combattono nella regione russa di Kursk si erano distinti per resistenza fisica e aggressività, ma avevano subito pesanti perdite a causa di attacchi frontali su larga scala, spesso non supportati da artiglieria o copertura aerea dell’esercito russo. Dopo mesi di combattimenti, le unità nordcoreane sembrano ora più integrate con le forze russe e capaci di operare secondo modelli più sofisticati: maggiore coordinamento con droni e artiglieria, uso strategico del terreno e tattiche di logoramento, con una drastica riduzione degli assalti diretti.