I titoli della nostra rassegna di oggi:
– La presidente taiwanese chiede dialogo
– Come fa lobby un funzionario locale del Partito comunista cinese
– L’inviato della Bbc racconta il suo fermo a Pyongyang
– Abe accoglie rifugiati, ma li chiama studenti
– Il dilemma di Obama, cancellare l’embargo di armi al Vietnam
La presidentessa taiwanese chiede il dialogo
Tsai Ing-wen, prima donna ad assumere la presidenza di Taiwan, ha giurato. Nel suo discorso di insediamento l’esponente del Partito democratico progressista il cui mandato rischia di incrinare i rapporti con la Cina, dopo otto anni riavvicinamento sotto il governo nazionalista, ha comunque riaffermato la volontà di dialogo, senza tuttavia mai citare il Consenso del 1992, il tacito patto che regola i rapporti tra Taiwan e Pechino.
In base a questo assunto le due parti dello stretto riconoscono l’esistenza di una sola Cina, che ognuno interpreta a proprio piacimento. La presidentessa ha voluto inoltre rimarcare la difesa dei valori di democrazia e libertà, un passaggio che la dirigenza cinese potrebbe tuttavia intendere come un riferimento a posizioni autonomiste, se non indipendentiste, di un territorio che pur essendo di fatto uno Stato indipendente dal 1949, la Cina continua a considerare «proprio».
Sebbene Tsai si sia espressa a favore dello sviluppo di rapporti pacifici e proficui con Pechino la sfiducia tra le due parti potrebbe continuare a influire sulle relazioni bilaterali.
Come fa lobby un funzionario locale del Partito comunista cinese
Il segretario della sezione del Partito comunista di Shoayang, nella provincia dello Hunan, si guadagnato i titoli dei giornali spiegando le regole del perfetto lobbysta cinese. Gong Wenmi ha fatto un resoconto accurato del viaggio di quattro giorni a Pechino con l’intento di ricevere più soldi e guadagnare influenza. Ha quindi svelato il ruolo dei funzionari e dei quadri spesso in pensione, per garantirsi dli appoggi e spiegato le regole non scritte per approcciare chi frequenta le stanze del potere politico ed economico cinese.
Il racconto di Gao evidenzia inoltre la competizione tra le diverse province e regioni della Repubblica popolare per ricevere finanziamenti e l’approvazione dei progetti. Tanto più in un periodo di frenata della crescita economica, indirizzata verso quella che la dirigenza definisce la nuova normalità.
L’inviato della Bbc racconta il suo fermo a Pyongyang
Fermato per 10 ore, interrogato, umiliato, costretto a a scusarsi poi espulso dalla Corea del Nord. L’inviato della Bbc Rupert Wingfield-Hayes ha spiegato per la prima volta le ragioni della sua disavventura mentre si trovava a Pyongyang al seguito di una delegazione di premi Nobel negli stessi giorni in cui il regime celebrava il settimo congresso del Partito coreano dei lavoratori.
L’accusa nei suoi confronti è stata di aver diffamato il popolo della Repubblica popolare democratica di Corea, con la minaccia peraltro di essere indagato dagli stessi funzionari che seguirono il caso di Kenneth Bae, il cittadino statunitense condannato a 15 anni di lavori forzati.
Abe accoglie i rifugiati in Giappone, ma li chiama studenti
Criticato per lo scarso sostegno all’accoglienza dei rifugiati, il governo giapponese ha annunciato che darà ospitalità a 150 siriani in un periodo di cinque anni. Non saranno trattati però da rifugiati, ma da studenti. La notizia è stata annunciata mentre si avvicina il summit del G7 proprio in Giappone, durante il quale la questione siriana e i conflitti in Medio oriente saranno in agenda.
Il piano di Abe punta quindi sull’istruzione. I ragazzi saranno selezionati dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati. Ogni anni 30 studenti che si trovano ancora in Siria o fuggiti in Paesi terzi saranno scelti per frequentare un’università nipponica.
Il dilemma di Obama, cancellare l’embargo di armi al Vietnam
Si tratta di uno dei lasciti della guerra degli anni Sessanta e Settanta. Quando mancano pochi giorni al viaggio di Barack Obama in Asia in occasione del G7, il presidente statunitense deve ancora decidere se cancellare l’embargo sulle armi al Vietnam, anche in base a considerazioni sulla tutela dei diritti umani nel Paese. All’interno del Congresso Usa non manca il sostegno alla decisione in chiave anticinese.
Sullo sfondo ci sono le tensioni per le dispute territoriali nel Mar cinese meridionale, che oppongono tra gli altri Hanoi e Pechino. I cinesi a loro volta, come già fatto con la parziale revoca dell’embargo, considerano tale opzione un’interferenza negli affari regionali