I titoli di oggi:
- Clima e tariffe, Pechino sostiene gli “interessi comuni” contro gli Usa
- La Cina si prepara a rimuovere le sanzioni contro gli eurodeputati
- Attacco in Kashmir, sale la tensione tra India e Pakistan
- La Cina appoggia i colloqui tra Iran e Usa
- Corea del Sud, ex presidente Moon incriminato per corruzione
- Il presidente taiwanese Lai non andrà ai funerali del Papa
- La Cina lancia un piano per promuovere l’internazionalizzazione dello yuan
- Progettato un sistema di pagamento per proteggere gli scambi tra Cina e Russia
- Prodotti cinesi spacciati per sudcoreani per eludere i dazi di Trump
- Il Myanmar consegna oltre 900 sospettati di frode online alla Cina
“Nonostante la persistente ricerca di unilateralismo e protezionismo da parte di alcuni grandi paesi”, la Cina “non rallenterà le sue azioni sul clima”. Lo ha dichiarato ieri Xi Jinping durante un incontro virtuale a porte chiuse con il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e una dozzina di altri capi di Stato e di governo. L’elefante nella stanza è l’America di Trump, che non ha aderito all’iniziativa e sta tornando a puntare sui combustibili fossili sotto il motto “drill, baby, drill”. Ma restano implicite anche le preoccupazioni per l’approvvigionamento globale dei materiali critici, come le terre rare, che la Cina sta limitando nel quadro della guerra commerciale.
La posizione di Pechino a difesa degli “interessi comuni della comunità internazionale” è stata ribadita ieri durante una sessione informale del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. L’ambasciatore cinese Fu Cong, citando il “caos incessante nel panorama internazionale”, ha condannato “l’abuso delle tariffe” da parte di Washington. Intanto, secondo il Wall Street Journal, a Washington si starebbe valutando di abbassare i dazi, seguendo un approccio a più livelli con imposte del 35% per i beni che gli Stati Uniti non considerano una minaccia per la sicurezza nazionale e almeno il 100% per i beni considerati strategici.
La Cina si prepara a rimuovere le sanzioni contro gli eurodeputati
La Cina si sta preparando a revocare le sanzioni imposte ad alcuni parlamentari europei nel 2021 con la speranza di rilanciare l’accordo sugli investimento (CAI) con l’UE. Una portavoce della Presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha confermato la notizia, originariamente riportata dalla Süddeutsche Zeitung, affermando che le discussioni con le autorità cinesi sono nelle fasi finali. Metsola informerà i leader dei gruppi una volta che la Cina avrà confermato ufficialmente la revoca delle sanzioni, che aveva introdotto in risposta ad analoghe misure Ue in merito alla repressione del Xinjiang. Le sanzioni avevano precedentemente impedito a cinque eurodeputati di recarsi in Cina, tra cui Reinhard Bütikofer, Michael Gahler, Miriam Lexmann, Raphaël Glucksmann e Ilhan Kyuchyuk.
La Cina appoggia i colloqui tra Iran e Usa
La Cina sostiene i colloqui dell’Iran con gli Stati Uniti e si oppone all’uso della forza e a sanzioni unilaterali “illegali” per cercare di risolvere la questione nucleare. Lo ha dichiarato mercoledì il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi incontrando l’omologo iraniano, Abbas Araqchi, in visita a Pechino. “La parte cinese elogia la promessa dell’Iran di non sviluppare armi nucleari e rispetta il diritto dell’Iran a utilizzare l’energia nucleare in modo pacifico”, ha affermato Wang. Il meeting -che si è concluso con la promesso di un crescente coordinamento all’interno dei BRICS e della Shanghai Cooperation Organization – anticipa di pochi giorni una nuova tornata di colloqui tra Stati Uniti e Iran, prevista per questo sabato. Nelle ultime settimane Washington ha imposto sanzioni ad alcune raffinerie cinesi per aver acquistato petrolio iraniano.
Prodotti cinesi spacciati per sudcoreani per eludere i dazi di Trump
La Corea del Sud ha riscontrato un aumento dei tentativi di esportare prodotti stranieri, in particolare cinesi, spacciandoli per sudcoreani al fine di eludere i dazi imposti da Donald Trump. A rivelarlo è stato un recente rapporto dell’Agenzia delle dogane sudcoreana (Korea Customs Service), che ha individuato spedizioni per un valore complessivo di 29,5 miliardi di won (circa 20,8 milioni di dollari) coinvolte in pratiche fraudolente legate all’origine dei prodotti. Di queste, il 97% riguardava spedizioni destinate al mercato statunitense.
Il caso più significativo riguarda 3,3 miliardi di won di materiali catodici per batterie, importati dalla Cina e riesportati verso gli Stati Uniti con l’indicazione falsa della Corea del Sud come paese di origine. Un altro episodio ha visto l’importazione dalla Cina di componenti per telecamere di sorveglianza, assemblate poi in Corea del Sud e inviate negli Stati Uniti, nel tentativo di aggirare le restrizioni americane sui dispositivi di comunicazione cinesi. Il valore complessivo dell’operazione ammonta a 19,3 miliardi di won. La Corea del Sud gode di un accordo di libero scambio con gli Usa, che la rende un potenziale corridoio per triangolazioni commerciali sospette.
Corea del Sud, ex presidente Moon incriminato per corruzione
I pubblici ministeri sudcoreani hanno hanno incriminato l’ex presidente Moon Jae-in con l’accusa di corruzione. Lo ha riferito oggi tramite un comunicato un portavoce dalla Procura distrettuale di Jeonju , in un caso legato alla nomina dell’ex genero di Moon presso una compagnia aerea thailandese. Moon è stato incriminato per corruzione, mentre l’ex parlamentare Lee Sang-jik è stato incriminato per corruzione e abuso di fiducia, si legge nel comunicato. L’annuncio segue indagini della magistratura coreana in merito alla nomina di Lee alla guida dell’Agenzia per le Pmi e le startup: i procuratori ipotizzano che la nomina sia avvenuta in cambio dell’assunzione e del pagamento di uno stipendio all’ex genero di Moon da parte della società thailandese controllata da Lee, tra il 2018 e il 2020. Secondo l’accusa, lo stipendio ricevuto dal genero di Moon come direttore esecutivo era irregolare e prefigurava una tangente. (via Nova Agenzia)
Il presidente taiwanese Lai non andrà ai funerali del Papa
Il presidente di Taiwan, William Lai, non si recherà in Vaticano per i funerali di Papa Francesco. A rappresentare il governo di Taipei, su incarico dello stesso presidente, sarà l’ex vicepresidente Chen Chien-jen, un devoto cattolico che ha già incontrato in sei diverse occasioni il defunto pontefice. I due erano legati da un profondo rapporto, tanto che Papa Francesco ha conferito personalmente all’ex vicepresidente Chen la medaglia di membro della Pontificia Accademia delle Scienze. Tuttavia, nella mattinata di ieri, Lai, in compagnia dal vice ministro degli Esteri Francois Wu e dall’arcivescovo di Taipei, si è recato alla Curia Arcidiocesana della capitale per rendere “omaggio a Sua Santità Papa Francesco a nome del popolo di Taiwan”. Nel 2013, l’allora presidente Ma Ying-jeou partecipò alla messa d’insediamento di Francesco. La Santa Sede è uno dei 12 Stati al mondo che hanno le relazioni diplomatiche formali con Taiwan.
La Cina lancia un piano per promuovere l’internazionalizzazione dello yuan
Di fronte all’escalation della guerra commerciale con gli Stati Uniti, la Cina ha presentato un piano d’azione per promuovere l’internazionalizzazione dello yuan e del proprio sistema di pagamento interbancario transfrontaliero CIPS (l’alternativa cinese al circuito internazionale Swift), nel tentativo di ridurre la dipendenza dal dollaro statunitense. Il piano, annunciato lunedì e firmato congiuntamente dal governo municipale di Shanghai, dalla Banca Popolare Cinese e da altri regolatori finanziari, punta a sfruttare il ruolo di Shanghai come hub finanziario globale per rafforzare l’utilizzo della valuta cinese, soprattutto nei commerci con i Paesi del Sud globale.
Nel frattempo, il Fondo monetario internazionale ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita globale per il 2025, portandole al 2,8% rispetto al precedente 3,3%, a causa dell’escalation delle tensioni commerciali e dei dazi imposti dagli Stati Uniti. In questo contesto, l’Fmi riconosce nell’Asia, in particolare Cina e India, il motore principale dell’economia mondiale. Secondo la previsioni di riferimento, la Cina crescerà del 4% e l’India del 6,2% nel 2025, mentre le economie avanzate mostrano segnali di rallentamento. Negli Stati Uniti, la crescita è prevista all’1,8%, in calo rispetto al 2,7% stimato in precedenza.
Progettato un sistema di pagamento per proteggere gli scambi tra Cina e Russia
Alcune delle principali banche russe hanno istituito un nuovo sistema di compensazione dei pagamenti, ribattezzato “The China Track”, per gestire le transazioni commerciali con la Cina in modo da risultare meno visibile ai regolatori occidentali e ridurre così il rischio di sanzioni secondarie. Stando a quanto riportato da Reuters, il sistema, creato da istituti bancari russi colpiti dalle sanzioni internazionali, si basa su una rete di intermediari registrati in Paesi considerati “amici” da Mosca. Ogni banca coinvolta gestisce diversi agenti di pagamento verificati, alcuni dei quali dedicati all’export, altri all’import. I flussi vengono poi compensati centralmente presso l’istituto di riferimento, che provvede a regolare i saldi tra tutte le controparti coinvolte.
Il sistema garantisce la sicurezza delle operazioni anche in assenza della rete SWIFT e di conti presso banche occidentali e finora non ha subito interruzioni significative. Progettato per preservare gli scambi commerciali tra Russia e Cina in un contesto sempre più ostile, il sistema è nato in risposta al crescente timore di Pechino di sanzioni secondarie da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati. L’importanza strategica della questione ha portato Vladimir Putin e Xi Jinping ad affrontarla direttamente durante la visita del presidente russo in Cina, nel maggio 2024, nel quadro di un incontro volto a rafforzare il partenariato “senza limiti” tra i due Paesi.
Il Myanmar consegna oltre 900 sospettati di frode online alla Cina
Nell’ambito della crescente cooperazione tra Cina e Myanmar per contrastare le frodi nelle telecomunicazioni e online, le autorità di polizia del Myanmar hanno recentemente consegnato alle controparti cinesi oltre 920 sospettati di coinvolgimento in attività fraudolente ai danni di cittadini cinesi. Le persone, arrestate nel sud dello Stato Shan, sono state trasferite al valico di frontiera di Xishuangbanna, nella provincia cinese dello Yunnan, dove sono state prese in custodia dalle forze dell’ordine cinesi.
Lunedì scorso, invece, l’inviato speciale della Cina per il Myanmar, Deng Xijun, ha supervisionato la restituzione della città Lashio, nel nord dello Stato Shan, alla giunta militare del Myanmar. Secondo fonti citate dal quotidiano The Irrawaddy, la decisione è arrivata dopo che Pechino ha esercitato pressioni sul Myanmar National Democratic Alliance Army (MNDAA), costringendo l’esercito ribelle a lasciare la città che aveva precedentemente liberato. Il coinvolgimento diretto di Deng evidenzia il ruolo crescente della Cina nel mediare e dirigere le dinamiche politiche e militari nelle regioni di confine tra i due Paesi.
Attacco in Kashmir, sale la tensione tra India e Pakistan
Un gruppo militante conosciuto come la “Resistenza del Kashmir” ha rivendicato la responsabilità dell’attacco avvenuto martedì in Kashmir che ha causato almeno 26 morti. Le agenzie di sicurezza indiane affermano che si tratta di una coalizione di organizzazioni militanti con sede in Pakistan, come Lashkar-e-Taiba e Hizbul Mujahideen. “Il governo indiano adotterà ogni misura necessaria e appropriata, ha dichiarato ieri il Ministro della Difesa Rajnath Singh promettendo che “non ci fermeremo a coloro che hanno compiuto questo attacco. Raggiungeremo chi è nascosto dietro le quinte”. L’episodio rischia di compromettere ulteriormente i rapporti tra Pakistan e India, che ha già annunciato misure ritorsive. I consiglieri della difesa presso l’Alto commissariato pakistano a Nuova Delhi sono stati dichiarati persone non grate e invitati ad andarsene, mentre il principale valico di frontiera tra i due Paesi sarà chiuso con effetto immediato e ai cittadini pakistani non sarà consentito di viaggiare in India con visti speciali.