In Cina e Asia – Xi all’Apec: «No al protezionismo, sì alla cooperazione con gli Usa»

In by Gabriele Battaglia

I titoli della rassegna di oggi:

-Xi Jinping all’Apec per combattere il protezionismo e definire l’era post-Obama
-Scontri lungo il confine sino-birmano mettono l’esercito cinese in allarme 
-Superman sarà cinese?
-Scandalo Corea del Sud: la Park «è complice»
-Malaysia: gruppo democratico chiede dimissioni del premier Najib 
Xi Jinping all’Apec per combattere il protezionismo e definire l’era post-Obama

Promuovere un’economia integrata e aperta, aumentare la connettività per raggiungere uno sviluppo interconnesso, implementare le riforme e l’innovazione al fine di creare nuove forze interne propulsive. Sono alcuni degli obiettivi fissati dal presidente cinese Xi Jinping durante l’Apec tenutosi il 19 e 20 novembre a Lima. Il vertice, che riunisce 21 economie del Pacific Rim pari al 50 per cento del Pil mondiale-, è stato contornato da brevi bilaterali con i leader di Giappone, Hong Kong e rappresentanti di Taiwan, e ha fornito un’ultima occasione di incontro tra Xi e il presidente americano uscente Barack Obama. L’uomo forte di Pechino ha auspicato una «transizione morbida» in chiaro avvertimento al nuovo inquilino della Casa Bianca, che in campagna elettorale ha promesso tolleranza zero nei confronti delle politiche commerciali/monetarie disinvolte attuate dalla leadership cinese. Sabato l’agenzia di stampa statale Xinhua aveva avvertito Trump che «trasformando le minacce in fatti finirebbe per distruggere le speranze della regione dell’Asia-Pacifico di avere il proprio accordi di libero commercio. E quel che è peggio, trascinerebbe il paese e l’economia mondiale in più profonde sofferenze economiche». Nell’incertezza di una futura implementazione della TPP – fortemente voluta da Obama e osteggiata da Trump – la Cina spinge sull’acceleratore di una Free Trade Area of the Asia-Pacific (FTAAP), promossa durante l’Apec 2014 e attualmente al vaglio di uno studio di fattibilità.

La visita di Xi Jinping a Lima si inserisce in una più ampia trasferta che abbraccia tre paesi, Ecuador e Cile oltre al Perù, e arriva a pochi giorni dalla vittoria del candidato repubblicano poco amato dalla popolazione ispanica degli Stati Uniti per i suoi commenti xenofobi e il noto piano per la costruzione di un muro al confine con il Messico.


Scontri lungo il confine sino-birmano mettono l’esercito cinese in allarme 

Nel weekend nuove attacchi ai posti di frontiera nelle cittadine di Muse e Kutkai, nello stato semiautonomo Shan, hanno coinvolto tre gruppi indipendentisti (la Kachin Independence Army, la Ta-ang National Liberation Army e la Myanmar National Democratic Alliance Army) facendo due morti e una ventina di feriti, compresi due cinesi nella confinante regione dello Yunnan. Il ministro della Difesa cinese ha dichiarato che «l’esercito è in allerta e farà di tutto per salvaguardare la sovranità e la sicurezza del Paese», mentre ha augurato il raggiungimento di un accordo per un cessate il fuoco. Secondo fonti del Global Times, circa un’ottantina di birmani avrebbero già cercato riparo nella cittadina cinese di Wanding. Fiammate di violenza lungo la frontiera sono un fattore di perenne instabilità nelle relazioni tra i due vicini asiatici. Lo scorso anno Pechino aveva protestato in seguito all’uccisione di cinque cittadini cinesi nello scambio a fuoco tra l’esercito birmano e i ribelli.


Superman sarà cinese?

L’utilizzo della biotecnologia per aumentare le capacità umane, intelligenza e prestazione fisica, è sempre più oggetto di dibattito. E mentre in occidente la questione suscita diversi dubbi da un punto di vista etico, in Asia -e sopratutto in Cina- vi sono meno barriere legali alla sperimentazione. Addirittura l’editing genetico di embrioni umani è stato finanziato dal governo cinese, mentre la mancanza di un dibattito democratico rende l’opinione pubblica (potenzialmente contraria) un ostacolo facilmente aggirabile. I più sospettosi ipotizzano che il vantaggio cinese nella biotecnologia possa in futuro tradursi in una competizione impari in vari settori, a partire dalle competizioni sportive: la Cina già fa paura figuriamoci con una popolazione «geneticamente modificata».

Scandalo Corea del Sud: la Park «è complice»

La presidente Park è complice nello scandalo che ha coinvolto due suoi sodali, tra cui la sciamana Choi Soon-sil. Lo ha dichiarato domenica il pubblico ministero, rivelando quanto riscontrato finora dal team speciale incaricato di indagare sul caso. L’ex braccio destro della presidente, An Chong-bum, e Choi sono accusati di abuso di potere in riferimento alla donazione dei chaebol a due fondazioni di dubbia trasparenza, mentre un altro alleato di Park, Jeong Ho-seong, è incriminato per aver diffuso informazioni classificate. La presidente risulta protetta da incriminazioni formali -eccetto che per tradimento- grazie all’immunità di cui gode in virtù della sua posizione. Una protezione che perderebbe in caso di dimissioni volontarie, richieste a gran voce dall’opposizione capitanata dal Democratic Party.

Malaysia: gruppo democratico chiede dimissioni del premier Najib 

Nella giornata di sabato decine di migliaia di persone hanno marciato per le strade di Kuala Lumpur per chiedere le dimissioni del premier Najib Razak, accusato in un’inchiesta del Wall Street Journal di aver dirottato 700 milioni di dollari dal fondo statale 1Malaysia Development Berhad (1MDB) nel proprio conto personale. Le proteste sono andate in scena nonostante il giro di vite che ha preceduto il sit-in confluito venerdì nell’arresto di una dozzina di attivisti, tra cui diversi membri del gruppo prodemocrazia Bersih. Allo stesso tempo manifestazioni a favore del premier organizzate dal gruppo delle Camice Rosse si sono svolte contestualmente senza disordini, sebbene siano state ugualmente definite illegali dalle autorità. Sullo sfondo permangono le divisioni etniche, con cinesi e indiani (che compongono il 20 per cento della popolazione malese) a riempire le fila di Bersih.