In Cina e Asia — Xi al G20 per “un mondo migliore”

In Uncategorized by Redazione

La nostra rassegna quotidiana


Xi al G20 per “un mondo migliore”

“La settimana di viaggi di Xi espande il consenso per la costruzione di un mondo migliore”. Così l’agenzia di stampa statale Xinhua riassume l’ultima trasferta internazionale del presidente cinese, volato in Russia all’inizio della settimana scorsa per poi proseguire alla volta della Germania, dove venerdì e sabato si è tenuto il G20. Secondo la Xinhua, nell’ultima settimana, “che si trovasse a Mosca o a Berlino in visita di Stato, oppure ad Amburgo per il G20, Xi Jinping ha evidenziato la disponibilità della Cina a collaborare con il resto del mondo per costruire un mondo migliore”. Il leader ha evidenziato la necessità di mettere in pratica l’accordo raggiunto durante il vertice di Hangzhou, perché — sebbene ai massimi dalla crisi finanziaria del 2008 — “l’economia globale è ancora afflitta da problemi profondi e affronta molte incertezze e fattori destabilizzanti”. Facendo eco a quanto già affermato al World Economic Forum di Davos, Xi ha quindi avanzato alcune proposte per una crescita globale più inclusiva a partire da un comune impegno verso un regime di scambi multilaterale caratterizzato dall’apertura e dalla ricerca del bene comune. Per Xi “i membri del G20 devono promuovere una sinergia tra le politiche economiche e sociali per far fronte alla mancata corrispondenza tra sviluppo industriale e conoscenze e competenze per garantire una distribuzione più equa del reddito.”

Il vertice, conclusosi sabato, ha dato al presidente cinese la possibilità di incontrare a margine sei leader mondiali. Tra tutti spiccano i faccia a faccia con Donald Trump e il premier giapponese Shinzo Abe.

Dispute commerciali e Corea del Nord hanno dominato il secondo meeting tra Xi e il presidente americano. In uno dei suoi abituali sbalzi d’umore, Trump ha messo da parte le critiche con cui negli corsi giorni ha bersagliato Pechino. “Per quanto riguarda la Corea del Nord, avremo, alla fine, un successo: potrebbe richiedere più tempo di quanto mi piacerebbe, e ci vorrà più tempo di quanto non vorremmo, ma in futuro, in un modo o nell’altro, sarà un successo”, ha dichiarato The Donald che più tardi su Twitter ha definito l’incontro con il presidente cinese “eccellente”, sia sul piano commerciale che sul versante Corea del Nord. Da parte sua il leader cinese ha rimarcato il raggiungimento di “nuovi progressi” nonostante la presenza di “questioni sensibili”. Per la seconda economia mondiale la denuclearizzazione della penisola coreana è un obiettivo imprescindibile, ma da raggiungere con fini pacifici e mezzi diplomatici. Un concetto su cui si innesta la irremovibile condanna contro il sistema antimissile Thaad dispiegato da Washington in Corea del Sud. Le due parti hanno concordato di portare avanti il dialogo attraverso consultazioni ministeriali il prima possibile, oltre ad aver annunciato la partecipazione cinese alle esercitazioni militari del Pacific Rim 2018.

Per quanto concerne gli aspetti economici, Trump ha definito il deficit commerciale “a very, very big issue” senza tuttavia ricorrere a minacce sull’impopolare proposta di nuove tariffe sulle importazioni di alluminio a cui sta lavorando la squadra del segretario al Commercio Wilbur Ross. Piuttosto, le due parti hanno convenuto sulla data del 19 luglio per affrontare congiuntamente gli ostacoli commerciali nell’ambito del U.S.-China Comprehensive Economic Dialogue, il primo organizzato sulla base del nuovo format lanciato dai due presidenti ad aprile durante la visita di Xi negli States.

Dietro alle strette di mano e ai comunicati edulcorati, tuttavia, permangono diverse criticità. Alcuni “fattori negativi” turbano le relazioni bilaterali, come evidenziato da Xi nell’ultima conversazione con il suo omologo statunitense il 2 luglio a pochi giorni dalla seconda incursione americana in acque territoriali di Pechino nel Mar cinese meridionale e a stretto giro dall’approvazione della vendita di nuove armi a Taipei. Proprio l’ambiguità mantenuto da Washington nei confronti di Taiwan — di cui è l’unico alleato militare- pare essere una delle principali fonti di attrito tra le due sponde del Pacifico. Ironia della sorte, l’incontro tra Xi e The Donald è stato condito da una clamorosa gaffe della Casa Bianca, che in un resoconto del meeting di sabato ha definito Xi Jinping presidente della Repubblica di Cina, nome ufficiale con cui è nota Taiwan.

La Cina ricorda il secondo anniversario della “repressione 709”

A due anni di distanza dal giro di vite lanciato da Pechino contro avvocati e attivisti — noto come “709 crackdwon” (acronimo per 9 luglio) — molti degli arrestati sono stati costretti a confessare e rilasciati, circa una dozzina sono ancora nelle mani delle autorità; di alcuni come Wang Quanzhang non si hanno notizie da 700 giorni. Questo non sembra tuttavia aver demotivato quanti si battono ancora per la sopravvivenza di una società civile in Cina. Secondo fonti diplomatiche della Reuters, le ambasciate occidentali avrebbero contatti con i dissidenti cinesi quotidianamente, sintomo di come a corto di mezzi di espressione, gli attivisti ricorrano sempre più spesso ai loro contatti internazionali. Un aspetto che fa imbufalire Pechino, fermamente convinto che tutto quanto concerne “la sicurezza nazionale” sia una questione interna su cui gli altri paesi non sono titolati ad esprimersi. Al contempo tuttavia non è passata inosservata l’assenza, durante il G20, di qualsiasi riferimento esplicito al caso di Liu Xiaobo, sottoposto nel weekend alle visite di specialisti tedeschi e americani. Segno, secondo molti di come la seconda economia mondiale si stia comprando il silenzio della comunità internazionale.

Wanda vende parchi tematici e hotel

Il gruppo Dalian Wanda, di proprietà del miliardario Wang Jianlin, si starebbe liberando di buona parte dei suoi asset per rimettere in ordine i bilanci dopo il calo dei prezzi dell’immobiliare. Dopo una campagna acquisti particolarmente variegata — dal real estate alle produzioni cinematografiche- Wanda sta per cedere una quota del 91% nelle sue principali attrazioni turistiche — compresi tre parchi tematici già operativi — e in 72 dei suoi 102 hotel in Cina. L’accordo ultimato con Sunac China Holdings vale 9,3 miliardi di dollari e interesserebbe soltanto la proprietà, mentre il gruppo continuerebbe a occuparsi della parte gestionale. Dopo aver dichiarato guerra alla Disney, la conglomerata diretta da Wang Jianlin negli ultimi anni è emersa come una delle realtà cinesi più attive nelle M&A oltremare. Non a caso Wanda è — insieme a Fosun, HNA, Anbang e la Rossoneri Sport Investment, tra le società finite recentemente sotto la lente delle autorità in una revisione dell’esposizione debitoria dei grandi istituti finanziari.

La Cina e le nuove città “digitali”

Una città in cui gli spazi pubblici diventano la porta d’ingresso verso realtà virtuali. E’ quanto il governo cinese sta realizzando a Taihu, non lontano da Shanghai. Una volta completata la Taihu Mermaid Small Town avrà cinque zone dedicate a giochi di ruolo live, oltre a un parco dedicato all’industria digitale. Il tutto a un costo di 3 miliardi di dollari. Mentre Taihu ha l’obiettivo di portare sviluppo fuori dai centri caotici di Shanghai e Shenzhen, progetti simili sono in cantiere in altre zone del paese come Dong Hu e Beido Bay VR Village nell’ambito di un piano volto a creare centri urbani interamente dedicati alle nuove tecnologie, intelligenze artificiale e realtà virtuale in primis.

In Giappone si discute il futuro della TPP

Mercoledì il Giappone ospiterà i primi colloqui concreti sul futuro della Trans-Pacific Partnership senza gli Stati Uniti. Il nodo da sciogliere sta nello stabilire un grimaldello attraverso cui rendere operativo l’accordo nonostante la defezione americana: gli Stati uniti da soli contano per il 60% del pil totale degli stati membri quando secondo le regole attuali servono almeno 6 nazioni con un pil cumulativo pari all’85% del totale. Mentre negli scorsi mesi si era parlato di una possibile adesione cinese, negli ultimi tempi anche Taiwan ha mostrato platealmente un proprio interessamento, sperando nell’intercessione di Tokyo in virtù dei legami storici tra il Sol Levante e l’ex Formosa, soggetta a dominazione nipponica per circa 50 anni. Il corteggiamento di Taipei nei confronti del Giappone non è passato inosservato oltre la Muraglia, tanto che la questione taiwanese è stata citata tra i punti di attrito durante il meeting di sabato tra Xi Jinping e il premier giapponese Shinzo Abe a margine del G20. La Cina considera Taiwan una provincia da riannettere ai propri territori e nell’ultimo ha esercitato un pressing iplomatico senza precedenti per isolare il governo filoindipendentista di Tsai Ing-wen.

Giappone: il gabinetto si rinnova, Abe alla ricerca di nuovi consensi

All’inizio del mese prossimo il gabinetto e il partito al governo, il Liberal Democratic Party, verranno sottoposti a un rinnovamento interno dopo la sconfitta registrata alcuni giorni fa alle elezioni per l’assemblea legislativa di Tokyo. Annunciando il rimpasto mentre si trovava all’estero per il G20, Shinzo Abe ha spiegato che la decisione è stata presa con l’obiettivo di “rinnovare i sentimenti dei popoli”. Secondo gli ultimi sondaggi del conservatore Yomiuri Shimbun, il premier avrebbe perso consensi scendendo al 36% rispetto al 49% del mese precedente. Sugli umori popolari parrebbero aver pesato i sospetti favoritismi concessi da Abe ad alcuni amici e il piano di revisione della costituzione pacifista.