La nostra rassegna quotidiana
Vertice di Vancouver sulla Corea del Nord, ma senza Cina
I ministri degli Esteri di venti paesi si riuniranno martedì a Vancouver per discutere di come scoraggiare le ambizioni nucleari della Corea del Nord. Non ci sarà però la Cina, considerata l’unico alleato di Pyongyang, e attore chiave nella risoluzione della questione nordcoreana. L’incontro di Vancouver riunisce infatti i paesi che hanno inviato truppe tra il 1950 e il 1953 nella penisola nell’ambito del conflitto a supporto dell’impegno statunitense. Il conflitto portò poi alla divisione delle due Coree. La Cina, che in quella guerra combatté a fianco del Nord e del primo leader del paese, Kim Il Sung, ha condannato l’incontro di Vancouver. “Senza la Cina c’è un limite agli obiettivi che possono essere raggiunti”, ha spiegato una fonte diplomatica cinese a Reuters. Anche la Russia, altro attore regionale di primaria importanza non parteciperà.
Rohingya, vertice Myanmar-Bangladesh per il rimpatrio
E’ atteso per questa settimana un vertice a Naypyidaw, capitale del Myanmar per decidere sul rimpatrio di migliaia di rohingya, una minoranza di religione musulmana residente nello stato birmano del Rakhine e protagonista di un esodo di massa — più di 600mila persone secondo i dati più recenti — nell’ultimo anno che li ha portati dal Myanmar al Bangladesh. Messo sotto pressione sul fronte dell’accoglienza, il governo di Dhaka punta a velocizzare le procedure di rimpatrio delle prime 100mila persone entro le prossime settimane. Il vertice di questa settimana arriva a poco meno di due mesi da un accordo tra i due governi raggiunto il 23 novembre scorso. Il governo birmano, da parte sua, ha annunciato che le abitazioni per i primi 5000 rimpatriati sono pronte. Ma ci sono poche garanzie su nuove rappresaglie da parte dell’esercito e della popolazione in maggioranza buddhista contro i rohingya.
Affonda petroliera iraniana nel Mar cinese meridionale, secondo Pechino “impatto ambientale limitato”
Otto giorni dopo la collisione con una nave cargo di Hong Kong, la petroliera iraniana Sanchi è andata a fuoco e affondata in un tratto di Mar cinese meridionale. Nessuna speranza, dicono le autorità cinesi di salvare l’equipaggio, formato da una trentina di uomini di nazionalità iraniana e bangladese. Ora per Pechino il problema più urgente è frenare la crisi ambientale scatenata dall’incidente: per un funzionario dell’autorità responsabile delle risorse marine sentito dalla tv di stato Cctv, la perdita di greggio, avvenuta in mare aperto e lontano da centri abitati, dovrebbe avere un impatto limitato sulla popolazione e sull’ambiente oceanico. La gran parte del contenuto della petroliera è, peraltro, bruciata in atmosfera.