I titoli di oggi della nostra rassegna:
– Usa minaccia numero uno per i cinesi
– Cina, democrazia impossibile o quasi
– Il più importante festival cinematografico asiatico si apre tra le polemiche sulla censura
– Myanmar Kofi Annan a capo di una commissione per il dialogo con i rohingya
– Thailandia, 40 anni fa il massacro dell’università Thammasat Usa minaccia numero uno per i cinesi
I cinesi vedono negli Usa la più importante minaccia la sicurezza del loro paese. A rivelarlo è un sondaggio del Pew Research Center, un centro di ricerca e think tank con sede a Washington. Nello studio si legge che il 45 per cento degli intervistati mette gli Stati Uniti in cima alla lista delle minacce contro la Cina. A seguire la stabilità economica (35 per cento), i cambiamenti climatici (34) e l’Isis (15).
I risultati della ricerca del Pew Research Center arrivano in un periodo di tensione istituzionale tra Cina e Stati Uniti sul Mar cinese meridionale, tratto di mare conteso da Pechino, Manila e Hanoi, in particolare, e su cui Washington cerca di esercitare la propria influenza facendo rispettare lo stato di diritto. Ma allo stesso tempo, i risultati rivelano un forte senso di insicurezza nella popolazione di Oltre muraglia per le crescenti «influenze straniere» nelle loro vite quotidiane.
Cina, democrazia impossibile o quasi
La democrazia dal basso è sempre più difficile in Cina. Il recente giro di vite su attivisti, blogger e candidati politici indipendenti sta avendo un effetto negativo anche sulla possibilità dei cittadini cinesi di candidarsi alle elezioni locali. Liu Mingxue, operaio di fabbrica nella provincia nordoccidentale del Gansu si è visto rifiutare la propria candidatura e portare via dalla polizia lo scorso giugno, giorno delle elezioni per l’assemblea della contea in cui risiedeva, per essere rilasciato solo 12 ore più tardi. Al suo posto sono stati eletti i dirigenti della fabbrica, gli stessi che avevano impedito a lui e altri mille lavoratori di ottenere un miglior trattamento previdenziale.
Il caso è stato portato all’attenzione dell’opinione pubblica in un momento cruciale per la credibilità delle istituzioni cineis: a settembre 45 membri dell’Assemblea nazionale del popolo, il parlamento cinese, sono stati espulsi dall’assemblea in seguito a uno scandalo di compravendita di voti. Anche se considerata da molti un’assemblea di «passacarte», il Congresso è considerato da molti politici indipendenti a livello locale l’unico luogo dove è possibile portare un minimo di cambiamento contro il monopolio del Partito comunista sul potere.
Il più importante festival cinematografico asiatico si apre tra le polemiche sulla censura
A Busan, in Corea del Sud, si apre il 21esimo Busan Film Festival. In programma, grandi film internazionali, come I, Daniel Blake di Ken Loach, già vincitore della Palma d’Oro a Cannes, e It’s Only the End of the World di Xavier Dolan. Ma il focus sarà come sempre sul cinema asiatico, con gli attesi A Quiet Dream del regista sinocoreano Lu Zhang e The Dark Wind del direttore iracheno Hussein Hassan. Dal 2014, però, Busan è anche luogo in cui si scontrano la libertà di espressione si scontra con la politica, insofferente a visioni alternative da quella ufficiale e a critiche.
Dopo la proiezione del documentario Diving Bell, dedicato al naufragio del Sewol in cui rimasero uccise 300 persone, principalmente studenti, e critico nei confronti della gestione del caso da parte del governo sudcoreano, Seul ha tagliato i fondi pubblici al festival nel 2015 costringendo il direttore del festival Lee Yong-kwan alle dimissioni. In risposta, quattro delle maggiori associazioni di registi del paese, dove figurano anche cineasti pluripremiati come Park Chan-wook e Bong Joon-ho, hanno annunciato il boicottaggio del festival per protestare contro la censura governativa.
Myanmar Kofi Annan a capo di una commissione per il dialogo con i rohingya
L’ex segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan guiderà una commissione per la discussione sul conflitto etnico nello stato del Rakhine, Myanmar. L’obiettivo della missione di Annan sarà quello di stabilire un dialogo con la comunità locale per favorire la salute di tutta la popolazione dello stato flagellato dalle violenze della maggioranza buddhista contro la minoranza musulmana dei rohingya. Al momento sono circa 100mila le persone di etnia rohingya costrette a vivere in campi profughi al confine con il Bangladesh.
L’annuncio della Fondazione privata di Annan è arrivato in contemporanea con un comunicato del governo, a firma dell’ufficio di Aung San Suu Kyi, attuale ministro degli esteri del Myanmar, in passato restia a parlare pubblicamente dei rohingya, in cui si annuncia la formazione di una commissione di esperti sulle «difficili questioni dello stato di Rakhine».
Thailandia, il ricordo di Thammasat nella repressione della junta militare
La Thailandia ricorda il 40esimo anniversario del massacro dell’università Thammasat del 1976. Oggi monaci buddhisti, attivisti e curiosi si sono radunati a Bangkok per ricordare uno dei momenti più neri della storia del paese, in cui polizia e gruppi di vigilantes spararono alla cieca su gruppi di studenti che protestavano per il ritorno dall’esilio dell’ex dittatore Thanom Kittikachorn. Fonti indipendenti parlano di un bilancio di 100 morti, mentre il bilancio ufficiale fu di appena 46.
Il massacro dell’università Thammasat fu il primo episodio rivelatore di violazioni dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza sulla popolazione. L’anniversario di quest’anno si celebra in un vasto contesto di repressione: appena un giorno fa, l’arresto dell’attivista di Hong Kong Joshua Wong per ordine del governo della junta militare del generale Prayuth.