I titoli della rassegna di oggi:
– Usa e Corea del Sud si accordano sul Thaad
– Condannato l’indovino di Zhang Yongkang
– Più Partito nelle aziende di Stato
– Il potere nepotistico di Hun Sen
– Anche Tokyo potrebbe eleggere una sindaca Usa e Corea del Sud si accordano sul Thaad
Seul e Washington hanno trovato un accordo per il dispiegamento in Corea del Sud del contestato sistema anti-missile Thaad. La strumentazione è considerata una difesa contro possibili attacchi missilistici nordcoreani. Nelle ultime settimane il regime di Pyongyang ha intensificato i test balistici e continua nelle provocazioni dopo i test nucleare e missilistico di inizio anno. La Corea del Sud si augura che i dispiegamento avvenga quanto prima, in modo da essere operativo entro la fine del 2017.
La decisione rischia tuttavia di aprire un fronte diplomatico con la Cina. In sede di Consiglio di sicurezza Onu Pechino ha vota a favore delle sanzioni contro i nordcoreani, tuttavia vede il Thaad come una minaccia rivolta nei suoi confronti. Il sistema più avanzato è infatti in grado di colpire bersagli fino al Sud della Repubblica popolare.
Condannato l’indovino di Zhang Yongkang
Cao Yongzheng, l’uomo conosciuto come il saggio dello Xinjiang, considerato l’indovino di fiducia dell’ormai ex zar della sicurezza cinese Zhou Yongkang è stato condannato a sette anni di carcere per corruzione. Zhou è il più alto funzionari del Partito comunista condannato per corruzione, abuso di potere e diffusione di segreti di Stato. L’ormai ex componente del Comitato permanente del Pcc avrebbe tra gli altri crimini, consegnato a Cao documenti riservati.
Mistico e maestro di qigong, una tecnica respiratoria cinese, Cao ha confessato i suoi crimini in una processo a porte chiuse, dichiarando di aver preso tangenti e siglato accordi illegali per quasi 11 milioni di dollari. Il caso rivela come lo stesso Cao abbia utilizzato le sue abilità per tessere contatti con le élite del paese. Rivela inoltre come a dispetto della norme che vuole atei gli iscritti al Pcc, anche i più alti livelli praticano tecniche tradizionali o coltivano forme di spiritualità. Il caso è inoltre l’ennesimo filone collegato alla vicenda di Zhou, contro a cui cerchia si concentra parte della lotta di potere interna alla dirigenza cinese.
Più Partito nelle aziende di stato
Più stato nelle aziende di stato. Le ultime società in ordine di tempo a concedere al Partito comunista una maggiore supervisione sulle decisioni aziendali sono state la casa automobilistica Faw e la Tibet Mineral Development, i cui consigli d’amministrazione ora dovranno ascoltare le indicazioni del comitato interno del Pcc prima di prendere decisioni.
Nonostante i tentativi di riforma per rendere più efficienti le grandi imprese pubbliche Xi Jinping sembra quindi non mollare la presa, per privilegiare l’interesse nazionale. Nell’ultimo anno si sono susseguite diverse direttive e linee guida per orientare maggiormente verso il mercato i colossi di stato. Allo stesso tempo il governo sta favorendo le aggregazioni per arrivare alla nascita di campioni nazionali capaci di competere a livello globale.
Il potere nepotistico di Hun Sen
Al governo da oltre trent’anni, il premier cambogiano Hun Sen, ha utilizzato l’arma del nepotismo per cementare il proprio potere e occupare i gangli economici del paese. Le connessioni sono state svelate dall’organizzazione non governativa Global Witness, che ha tracciato le proprietà di diverse società scoprendo che in molti casi sono legati a parenti o persone della cerchia del premier, capaci quindi di accaparrarsi commesse pubbliche e accumulare ricchezza.
La rete di connessioni spazia su ogni settore, dalla finanza al turismo, dall’energia al commercio, con il corollario di corruzione, danni ambientali e abusi sui cittadini. Le aziende della cerchia del premier hanno un capitale cumulato di oltre 200 milioni di dollari. Nonostante sia uno dei Paesi con la crescita più rapida al mondo, il 40 per cento dei cambogiani vive ancora in povertà. Nel 2015 la Cambogia era al 150esimo posto su 168 paesi nella classifica sulla percezione della corruzione stilata da Transparency International.
Anche Tokyo potrebbe eleggere una sindaca
Anche Tokyo potrebbe presto eleggere la sua prima sindaca. Yuriko Koike, deputata liberal democratica ed ex ministro della difesa, ha deciso di candidarsi per guidare la capitale nipponica. Una scelta che rischia di dividere il Partito liberaldemocratico al governo, impegnato nelle elezioni per il rinnovo della Camera alta del 10 luglio, perché potrebbe dare l’impressione di poca unità nel partito.
La tornata per Tokyo assume infatti un’importanza particolare, dal momento che i quattro anni di mandato saranno fondamentali nell’organizzazione dei Giochi olimpici del 2020. La discesa di Koike sembra inoltre contraddire le dichiarazioni del leader del partito nella capitale, che nei giorni scorsi aveva rinviato al dopo elezioni la scelta del candidato sindaco. Decisivi nell’elezione dovrebbero essere gli elettori non iscritti ad alcun partito, tra i quali Koike, candidata di destra ma popolare anche in ampi strati della popolazione, potrebbe primeggiare.