I titoli della rassegna di oggi:
– Un’inchiesta su Tian’anmen
– Le imprese Ue contro la legge cinese sulla cybersicurezza
– I controversi affari di Huawei
– Giornalisti contro Duterte
– Condanne per i pogrom nel Gujarat Un’inchiesta su Tian’anmen
Amnesty International chiede un’inchiesta aperta e indipendente sulla repressione del movimento studentesco di piazza Tian’anmen nel 1989. L’organizzazione sostiene nel suo ultimo rapporto che, trascorsi 27 anni, sia ormai giunto il tempo di riconoscere pubblicamente la violazione dei diritti umani che fu perpetrata la notte tra il 3 e il 4 giugno.
L’organizzazione non governativa esorta il governo ha mettere fine alle repressione contro chi ancora si ostina a ricordare quanto successo, a risarcire le famiglie delle vittime e liberare quanti ancora sono in carcere. Negli ultimi giorni il giro di vite è continuato. L’ultimo esempio in ordine di tempo è l’arresto di un uomo nello Sichuan reo di aver pubblicato su WeChat le immagine di una bottiglia di liquore commemorativa di Tian’anmen.
Intanto, ricorda Radio Free Asia, gli attivisti non si fermano. In tre stanno girando per la Cina lasciando in diversi luoghi messaggi di commemorazione dei fatti del 1989.
Le imprese Ue contro la legge cinese sulla cybersicurezza
Unendosi alle recriminazioni statunitense e di altri paesi, anche le imprese europee si schierano contro la legge cinese sulla cybersicurezzza. Con una lettera al governo di Pechino contestano le norme che potrebbero penalizzare le imprese straniere. Il tema potrebbe essere in agenda nel corso del dialogo economico-strategico tra Usa e Cina.
Sotto accusa sono le norme sulla cybersicurezza per le compagnie assicurative e l’obbligo di immagazzinare i dati in Cina dando priorità a prodotti per la sicurezza controllabili, possibilmente con tecnologia cinese. Misure considerate eccessive, che rischiano di ostacolare l’attività delle assicurazioni straniere nella Repubblica popolare, favorendo le compagnie locali.
I controversi affari di Huawei
Lente del Dipartimento del commercio statunitense su Huawei. La società cinese dovrà presentare tutta la documentazione necessaria per svelare possibili rapporti commerciali con nazioni sotto sanzione. L’ipotesi è che abbia violato le regole statunitensi con importazioni ed esportazioni di tecnologia anche made in Usa verso la Corea del Nord, la Siria, Cuba e il Sudan.
L’audizione rischia così di innescare nuove tensioni sull’asse Washington-Pechino. Già in passato Huawei, assieme a Zte, è finita nel mirino delle autorità Usa perché sospettate di spionaggio, visti i possibili collegamenti col governo, tanto che un rapporto del Congresso vietava agli uffici pubblici di fornirsi prodotti dell’azienda.
Giornalisti contro Duterte
Il presidente eletto Rodrigo Duterte, ancora prima di entrare ufficialmente in carica, si è attirato le critiche dei giornalisti stranieri. Le dichiarazioni sui giornalisti uccisi nel Sudest asiatiche ce «se la sarebbero andata a cercare perché corrotti» hanno sollevato un ondata di critiche.
Reporter senza frontiere ha esortato i colleghi a boicottare le conferenza stampa del politico, la cui cifra stilistica è quella delle sparate e i cui metodi di governo gli hanno procurato il soprannome il Giustiziere. Per il Comitato per la protezione dei giornalisti le dichiarazioni sono di fatto un via libera alle esecuzioni extragiudiziali di reporter.
Condanne per i pogrom nel Gujarat
Trascorsi quattordici dai pogrom anti-islamici nel Gujarat sono state comminate 24 condanne per uno degli episodi più gravi di quegli eventi, il massacro della Gulbarg Society. L’assalto al complesso nella città di Ahmedabad fece 69 morti, molti dei quali bruciati vivi.
Le violenze nello stato, allora guidato dall’attuale premier indiano Narendra Modi, furono tra le più gravi dall’indipendenza. I morti musulmani furono oltre mille. Le violenze furono una rappresaglia per l’incendio in un treno, nel quale morirono 60 pellegrini hindu, la cui responsabilità fu attribuita alla comunità islamica.