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In Cina e Asia – Shangri-La: la Cina accusa gli USA dell’escalation nell’Indo-Pacifico

In Notizie Brevi by Sharon De Cet

I titoli di oggi:

  • Shangri-La: la Cina accusa gli USA dell’escalation nell’Indo-Pacifico
  • Tangshan: nove uomini arrestati per aggressione 
  • Corea del Sud: gli scioperi degli autotrasportatori fanno tremare la supply chain
  • La Malaysia verso la fine della pena capitale obbligatoria
Shangri-La: la Cina dà agli USA la responsabilità dell’escalation ma si apre uno spiraglio verso l’Australia

Si è concluso ieri lo Shangri-La Dialogue, piattaforma di dialogo organizzata dall’International Institute for Strategic Studies di Londra e dal governo di Singapore. L’evento è stato un momento d’incontro per i funzionari della sicurezza cinesi e statunitensi. Pechino ha avuto inoltre l’occasione per presentare il proprio punto di vista sul conflitto russo-ucraino alla comunità internazionale.

Il ministro della Difesa cinese, il generale Wei Fenghe, ha accusato gli Stati Uniti di cercare di “dirottare” i paesi della regione indo-pacifica con esclusive alleanze multilaterali che prendono di mira e vogliono contenere la Cina.  Quad, AUKUS e altri format regionali, pilotati da Washington, starebbero danneggiando la pace e stabilità regionali, ha dichiarato Wei, in risposta alle giustificazioni del capo della difesa americano Austin secondo il quale esse sarebbero invece la necessaria risposta ad un aumento “allarmante” dell’attività navale cinese nell’Indo-Pacifico. Inoltre, alla domanda riguardante la velocissima crescita dell’arsenale nucleare cinese, Wei ha risposto che la Cina “ha sempre seguito un percorso di sviluppo di capacità nucleari adeguato per la protezione del paese”. L’anno scorso il Dipartimento di Stato americano aveva già denunciato l’accumulo di armi nucleari da parte della Cina, affermando che Pechino sembrava allontanarsi da decenni di strategia nucleare basata sulla deterrenza.

Per quanto le relazioni sino-americane siano solite essere al centro dell’incontro annuale di Singapore – tenutosi per la prima volta dal 2019 a causa della pandemia – quest’anno sono passate in secondo piano rispetto all’invasione russa dell’Ucraina. A tal proposito la Cina ha ribadito che sosterrà entrambe le parti nei colloqui di pace e che Pechino non ha fornito nessun’arma alla Russia, poiché né l’aiuto militare o le sanzioni potrebbero aiutare la pacifica risoluzione del conflitto. Infine, mentre Pechino si è dimostrata granitica sulla questione taiwanese (, grandi passi in avanti sono stati fatti con l’Australia.

A Singapore Wei Fenghe ha infatti incontrato il suo omologo australiano Richard Marles, con cui ha avuto una discussione “franca”. L’incontro segna il più alto livello di contatto di alto livello tra i paesi in quasi tre anni. Marles, assieme a Wei, è stato tra i 27 ministri a partecipare a una “tavola rotonda” tenutasi sabato scorso, subito dopo aver pronunciato un discorso in cui chiedeva alla Cina di essere trasparente sulla sua capacità militare, criticandone l’operato nel Mar Cinese Meridionale.

L’incontro è stato il primo passo di quello che sarà forse un lento e lungo processo di dialogo tra Canberra e Pechino. Il leader australiano ha infatti riconosciuto le grandi tensioni esistenti tra i due paesi, sottolineando che il nuovo governo laburista si concentrerà sugli interessi nazionali dell’Australia e non esiterà a tutelarli “nei termini più forti possibili”. Sebbene l’Australia si è mostrata volenterosa a voler instaurare un dialogo costruttivo con la Cina, Marles ha anche sottolineato l’importanza dell’ordine internazionale basato su regole, prendendo nota specifica delle esercitazioni sulla libertà di navigazione nel Mar Cinese Meridionale, opponendosi alla militarizzazione dello spazio aereo e marittimo del Pacifico e criticando Pechino per la mancata condanna dell’invasione russa dell’Ucraina.

Tangshan: nove uomini arrestati per aggressione 

Nove uomini sono stati formalmente arrestati a Tangshan, nello Hebei, per aver attaccato e malmenato un gruppo di donne in un ristorante della città  venerdì scorso. I motivi sarebbero futili: il video mostra un uomo mettere le mani addosso a una donna in un ristorante e subito dopo quattro altri uomini aggredire il gruppo di donne, due delle quali sono state ricoverate a causa delle lesioni subite.

Il dipartimento di pubblica sicurezza dell’Hebei ha ordinato alla polizia della città di Langfang, a circa 150 km da Tangshan, di occuparsi delle indagini sul caso per evitare corruzione ed interferenze. Alcuni degli aggressori hanno infatti precedenti penali e l’attacco non sarebbe il primo caso a Tangshan: numerosi residenti hanno affermato online di aver subito casi di presunte molestie da parte di bande di uomini, sempre nella stessa cittadina. Alcune di queste aggressioni erano anche state filmate salvo poi essere censurate dalla polizia di Tangshan.

L’attacco di Tangshan ha suscitato l’immediata reazione del PCC. Sul suo account WeChat, la Commissione centrale per l’ispezione disciplinare del Partito Comunista ha affermato che deve esserci tolleranza zero per gli atti violenti che mettono in pericolo la sicurezza pubblica. Ma la retorica ufficiale sembra volutamente sviare l’attenzione dal fatto che si tratti dell’ennesimo caso di violenza femminile. In rete in molti hanno associato l’episodio alla storia della donna tenuta in catene dal marito nel Jiangsu.

Corea del Sud: gli scioperi degli autotrasportatori fanno tremare la supply chain

I camionisti della Corea del Sud sono in sciopero ormai da una settimana, in una delle più lunghe proteste della storia del paese. Per protestare contro l’impennata dei prezzi del carburante e la richiesta di garanzie salariali minime, ieri circa 100 camionisti, membri del sindacato Cargo Truckers Union, si sono riuniti al cancello principale di un enorme complesso di fabbriche Hyundai Motor nella città meridionale di Ulsan, e ci si aspetta che altre centinaia si uniscano oggi. Sabato scorso i funzionari del ministero dei trasporti si sono incontrati per più di 10 ore con i leader sindacali per un terzo round di negoziati, esortandoli a tornare al lavoro, ma le due parti non sono riuscite a trovare un accordo.

A pagarne le spese è la catena di approvvigionamento, già bloccate nei settori del cemento, petrolchimico, acciaio, auto e componenti IT. Il gigante della siderurgia POSCO ha dichiarato domenica che interromperà la produzione in alcuni dei suoi stabilimenti nel paese a partire da oggi, per via di un eccesso di prodotti finiti che non sono stati spediti a causa dello sciopero. Un portavoce dell’azienda ha affermato che la decisione riguarda gli stabilimenti di Pohang, mentre la produzione negli impianti di Gwangyang continuerà. Il traffico di container al porto di Busan, che rappresenta l’80% del totale nazionale, è precipitato di due terzi rispetto ai livelli normali, mentre al porto di Ulsan – il polo industriale dove si sono verificati gran parte dello sciopero – il traffico dei container è fermo da martedì.

La Corea del Sud è un importante fornitore di semiconduttori, smartphone, automobili, batterie e prodotti elettronici. Lo sciopero ha aggravato l’incertezza sulle catene di approvvigionamento globali già interrotte dalle restrizioni  Zero Covid della Cina e dall’invasione russa dell’Ucraina. La Reuters ha analizzato i settori più a rischio.

Corea del Nord: prima donna come ministro degli Esteri

Choe Son Hui sarà il primo ministro degli esteri donna della Corea del Nord. Con una vasta esperienza come leader delle negoziazioni tra Washington e Pyongyang sul nucleare, l’elezione di Choe Son Hui potrebbe segnalare un possibile test nucleare nordcoreano, oppure al contrario un ritorno al dialogo con gli States. Già martedì scorso infatti il delegato speciale americano per la Corea del Nord aveva avvertito che Pyongyang potrebbe condurre test nucleari “ad ogni momento”. Washington in tutta risposta si è detta pronta a rispondere ad ogni possibile provocazione “in stretta collaborazione” con i suoi alleati regionali – Tokyo e Seoul. Ma ha anche ribadito la propria disponibilità ad avere colloqui senza precondizioni.

La Malaysia verso la fine della pena capitale obbligatoria

La Malaysia si avvia verso l’abolizione della pena capitale obbligatoria. La riforma prevede che vengano effettuati ulteriori controlli sulle proposte di condanna a morte per 11 reati che prevedono la pena di morte obbligatoria, tra cui un reato ai sensi della sezione 39B del Dangerous Drugs Act del 1952 ed altri 22 reati.

Parlando ai giornalisti, il primo ministro Ismail Sabri Yaakob ha affermato che la pena di morte rimarrà e non sarà abolita. Il cambiamento principale è che quando si condanna un criminale, la pena di morte non sarà più obbligatoria come lo era stata finora. I giudici non saranno così più vincolati ad imporre la pena di morte ai criminali come previsto dalla legge, come per esempio nei casi di traffico di droga, ma potranno scegliere altre condanne sostitutive. La Malesia deve ancora formalmente approvare gli emendamenti legislativi per mettere in atto questa riforma. Sebbene vi sia una tendenza dei governi malesi a disattendere le promesse in materia di diritti umani, la nuova riforma sembrerebbe al momento avere l’approvazione sia della maggioranza che dell’opposizione.

A cura di Sharon De Cet; ha collaborato Alessandra Colarizi