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In Cina e Asia – Secondo giorno di esercitazioni nello Stretto di Taiwan

In Notizie Brevi by Redazione

I titoli di oggi:

  • Secondo giorno di esercitazioni nello Stretto di Taiwan
  • Putin riceve il ministro degli Esteri cinese Wang Yi
  • Cina, pubblicate nuove linee guida per il sistema dei crediti sociali
  • L’FBI perquisisce le case del professore sino-americano Wang Xiaofeng
  • Myanmar: l’opposizione prova a creare canali alternativi per gli aiuti umanitari
  • Cina e Nuova Zelanda completano spedizione scientifica nella fossa di Puseygur
  • Cina, incidente con auto elettrica Xiaomi fa tre morti
  • Vietnam, tagliati i dazi alle importazioni per evitare le ritorsioni di Trump

Secondo giorno di esercitazioni militari attorno a Taiwan, che da oggi hanno anche un nome: secondo quanto annunciato dal comando del teatro orientale, l’operazione “Strait Thunder-2025A”, cominciata martedì, è proseguita oggi con missili a lungo raggio nel Mar Cinese Orientale. Simulazioni di attacchi di precisione a fuoco vivo hanno preso di mira strutture portuali ed energetiche, interessando le aree centrali e meridionali dell’isola principale. Nelle ultime 24 ore, il ministero della difesa di Taipei ha segnalato l’intrusione di 76 aerei e 15 navi da guerra cinesi; 37 sortite hanno attraversato la linea mediana entrando nelle zone di identificazione di difesa aerea settentrionale, centrale, sud-occidentale e orientale di Taiwan.

Intanto è allerta anche nelle Filippine, dove il capo dell’esercito, il generale Romeo Brawner Jr, ha chiesto alle truppe dell’isola settentrionale di Luzon di “pianificare operazioni nel caso di un’invasione di Taiwan” “perché se succede qualcosa sull’isola, “inevitabilmente saremo coinvolti”. La posizione geografica rende il paese insulare particolarmente esposto a una crisi nello Stretto, fattore che sta spingendo gli Stati Uniti a fornire aiuto militare. Il dipartimento di Stato americano ha appena approvato la vendita di jet F-16 per un valore di 5,6 miliardi di dollari.

Putin riceve il ministro degli Esteri cinese Wang Yi

Mosca è soddisfatta di come si stanno sviluppando le relazioni tra Russia e Cina. Lo ha dichiarato ieri il presidente russo Vladimir Putin durante l’incontro con il ministro degli Esteri cinese Wang Yi al Cremlino. Russia e Cina collaborano “con successo” su molte piattaforme internazionali, ha affermato Putin, che ha citato in primo luogo l’Onu, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, così come l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, e i Brics. Sulla questione Ucraina,  incontrando la controparte Serghei Lavrov, Wang ha ribadito che Pechino è pronta a svolgere un “ruolo costruttivo” per porre fine alla guerra, difendendo al contempo i “diritti” di Mosca. In un’intervista a Russia Today, il funzionario ha inoltre colto l’occasione per chiedere una rimozione delle “ingiuste tariffe” americane.

Cina, pubblicate nuove linee guida per il sistema dei crediti sociali

Lunedì 31 marzo il governo cinese ha pubblicato un elenco di 23 nuove linee guida finalizzate a migliorare il sistema dei crediti sociali, riporta Xinhua. L’obiettivo delle misure, scrive l’agenzia di stampa cinese, è rafforzare la raccolta dati del sistema e migliorare i meccanismi che premiano i comportamenti virtuosi e penalizzano quelli illeciti, così da accelerare “la creazione di un mercato nazionale unificato (…) competitivo, equo e ordinato e promuovere uno sviluppo di alta qualità”. Le linee guida varranno sia per i governi locali, sia per le imprese e le singole persone. Tra le altre cose, gli aggiornamenti prevedono una migliore protezione della privacy degli individui, la creazione di canali per il ripristino dei crediti a seguito della correzione dei comportamenti “scorretti” e il rafforzamento della supervisione a carico delle piattaforme online e delle autorità locali. Come ricorda il Global Times, queste misure non sono una novità assoluta: il sistema dei crediti sociali è stato aggiornato varie volte nel corso degli anni.

L’FBI perquisisce le case del professore sino-americano Wang Xiaofeng

Il 28 marzo l’FBI ha perquisito le due case di Wang Xiaofeng, professore sino-americano dell’Università dell’Indiana di Bloomington (IUB) ed esperto di cybersecurity e intelligenza artificiale. Come riportato dal South China Morning Post, citando una lettera che il rettore avrebbe inviato al professore, sembra che l’IUB abbia deciso di licenziare Wang per la sua decisione di trasferirsi in un’università di Singapore alla fine dell’anno accademico, in estate. Alla lettera sarebbero poi seguite le operazioni dell’FBI, che non ha specificato quali siano state le ragioni che hanno portato alle perquisizioni.

Alcuni esperti temono che la nuova amministrazione repubblicana possa far ripartire la “China Initiative”, un programma avviato nel 2018, durante il primo mandato di Donald Trump, per contrastare il furto di segreti tecnologici e di proprietà intellettuale da parte di presunte spie legate a Pechino. Secondo i critici, la China Initiative seguiva un principio di profilazione etnica, bersagliando gli accademici di origine cinese senza altri elementi che potessero collegarli alla Repubblica popolare. L’associazione americana dei professori universitari intanto ha denunciato il licenziamento ingiusto di Wang.

Cina e Nuova Zelanda completano spedizione scientifica nella fossa di Puseygur

Il 23 marzo è stata portata a termine con successo una missione scientifica di 80 giorni guidata da Cina e Nuova Zelanda nella fossa di Puseygur, nel mar di Tasmania meridionale. La spedizione, alla quale hanno partecipato 68 scienziati da 8 paesi diversi (Cina, Nuova Zelanda, Malaysia, Danimarca, Germania, Francia, Brasile e India), è servita a raccogliere nuovi campioni e dati riguardanti l’ecosistema della fossa, che si trova a oltre 6 mila metri di profondità. Si è trattata della nona missione oceanica internazionale in cui è stato utilizzato il sommergibile cinese Fendouzhe, l’unico in grado di immergersi con equipaggio nelle profondità oceaniche.

Nonostante la fossa di Puseygur non sia troppo distante dall’Australia, Canberra non ha partecipato alla spedizione e anzi in questi giorni si è lamentata per la presenza cinese nelle acque attorno al paese. A qualche giorno di distanza dalla spedizione, infatti, la nave da ricerca cinese Tan Suo Yi Hao si trova ancora a largo della costa meridionale australiana, e i funzionari della Difesa di Canberra temono che stia mappando fondali oceanici e cavi sottomarini. Il 31 marzo il ministero degli Esteri cinese ha dichiarato che la nave sta agendo “nel rispetto del diritto internazionale”, invitando l’Australia a “evitare di fare speculazioni prive di fondamento”.

Cina, incidente con auto elettrica Xiaomi fa tre morti

Il 1° aprile la big tech cinese Xiaomi ha ammesso che un’auto elettrica del marchio, del modello SU7, è rimasta coinvolta in un incidente che lo scorso 29 marzo ha provocato almeno 3 morti in una superstrada del Anhui. Secondo le prime ricostruzioni, venti minuti prima dell’incidente era stato attivato il sistema avanzato di assistenza alla guida, un software che consente alle auto di Xiaomi di fare alcune cose (come cambiare corsia o svoltare) ma che non permette una guida completamene autonoma. Nonostante questo, a un certo punto il conducente avrebbe tolto le mani dal volante, prima di riprenderlo a pochi istanti dall’impatto fatale, forse per cercare di evitare un ostacolo. Il veicolo si è schiantato contro un muretto a bordo strada ed è andato in fiamme. Ora ci si aspetta l’apertura di un’indagine per verificare la sicurezza del sistema di assistenza alla guida di Xiaomi, scrive Bloomberg. Intanto martedì il valore delle azioni di Xiaomi alla borsa di Hong Kong è sceso del 5,5%.

Myanmar: l’opposizione prova a creare canali alternativi per gli aiuti umanitari

Mentre il bilancio delle vittime del terremoto in Myanmar continua ad aggravarsi (i dati del regime parlano di oltre 2 mila morti, ma secondo DVB i decessi registrati sarebbero già più di 3 mila, con centinaia di dispersi), il governo democratico di unità nazionale (NUG) sta lavorando per evitare che gli aiuti umanitari internazionali passino per le mani della giunta militare al potere. Il Myanmar è in guerra e “i meccanismi convenzionali non funzioneranno”, ha dichiarato al Nikkei la ministra degli Esteri del NUG, Zin Mar Aung. L’obiettivo, ha spiegato la ministra, è creare dei “ponti umanitari” che, partendo dai confini con Thailandia, India e Cina, consentano agli aiuti di attraversare le regioni controllate dai diversi gruppi etnici armati e di arrivare alle zone terremotate senza essere mai gestiti dal regime, che nella giornata di oggi ha respinto il cessate il fuoco proposto da vari gruppi ribelli. Sarebbe un modo anche per evitare le legittimazione internazionale dei militari e aumentare quella del NUG, che opera in clandestinità dal golpe del 2021.

Per creare questi canali umanitari alternativi, il NUG si sta coordinando con le milizie etniche ribelli (che, insieme alle Forze Popolari di Difesa connesse al NUG, controllano oltre la metà del territorio birmano) e con i paesi vicini del Myanmar, cercando di imbastire una complessa rete diplomatica. Come ha scritto Emanuele Giordana su Lettera 22, il timore è che, passando per i canali tradizionali, gli aiuti umanitari “vadano solo dove vuole la giunta golpista”, cioè lontano dalle aree controllate dai ribelli. Si ripeterebbe così quanto già accaduto dopo il tifone Yagi della scorsa estate e in varie altre occasioni durante questi quattro anni di guerra.

La crisi umanitaria birmana era già molto grave prima del terremoto, e la giunta sta continuando a bombardare i civili anche nelle zone terremotate (qui un resoconto di Myanmar Now, che ha raccolto tutti i principali attacchi post sisma). La guerra complica una situazione in cui è già difficile prestare soccorso: gran parte di Sagaing, città epicentro del terremoto, è stata distrutta. Intanto, oltre agli aiuti umanitari internazionali, anche vari gruppi etnici hanno annunciato che invieranno assistenza finanziaria.

Vietnam, tagliati i dazi alle importazioni per evitare le ritorsioni di Trump

Il Vietnam ha annunciato di aver tagliato i dazi alle importazioni di diversi prodotti, dai beni agricoli alle auto, passando per il gas naturale. Le nuove tariffe ridotte sono entrate in vigore il 31 marzo, ha dichiarato Hanoi, che sta provando così a evitare a sua volta l’aumento dei dazi americani sulle merci vietnamite. Il deficit commerciale degli Stati Uniti con il Vietnam è il terzo più alto al mondo, dopo quelli con Cina e Messico.