I titoli della rassegna di oggi:
– Sale il Pil, meno i salari
– Pechino e Vaticano vicini all’accordo sui vescovi
– Meno migranti nelle grandi città
– In Corea del Sud si fa strada l’obiezione di coscienza
– Gli Usa chiedono delucidazioni a Duterte Sale il Pil, meno i salari
Negli ultimi sette anni l’aumento dei salari non ha tenuto il passo con l’espansione dell’economia cinese, che pure ha frenato. Secondo un studio della Korn Ferry Institute, tra il 2008 e il 2015 il pil cinese è aumentato nel complesso di quasi il 76%. Di contro i salari sono saliti “soltanto” del 10,6%. La conseguenza è una maggiore disparità tra lavoratori di cui il governo è conscio, sebbene non riesca ad agire con la celerità necessaria. L’attesa riforma fiscale è infatti al palo, così come misure sull’eredità e sull’immobiliare. Intanto, secondo i dati dell’Ufficio nazionale di Statistica, gli stipendi dei lavoratori migranti sono aumentati del 19% rispetto al 2015
Pechino e Vaticano vicini all’accordo sui vescovi
Entro fine mese dovrebbe tenersi un incontro tra i rappresentati cinesi e della Santa Sede per finalizzare un accordo sull’ordinazione dei vescovi. Il negoziato è parte del riavvicinamento tra Cina e Vaticano che proprio sulla questione dei vescovi, da almeno sei anni, sembravano essere su posizioni inconciliabili. La Cina pretende infatti di scegliere gli alti prelati, che in base alla tradizione cattolica possono però essere ordinati soltanto con l’approvazione del Papa, considerata da Pechino un interferenza straniera. Una posizione che ha creato una frattura all’interno della stessa comunità cattolica cinese, divisa tra i clandestini che si oppongono al governo centrale e l’Associazione dei cattolici riconosciuta dal Partito comunista. Nell’ambito dell’accordo, entro l’anno potrebbero essere ordinati due vescovi, entrambi con il benestare papale.
Meno migranti nelle grandi città
Meno migranti si stanno spostando nelle grandi città cinesi. La maggioranza vive ancore nelle megalopoli quali Pechino, Shanghai e Shenzhen, ma questi centri lo scorso anno hanno rappresentato la meta per soltanto il 54,9% dei migranti che si sono mossi da una parte all’altra del Paese, contro il 56,8% del 2013. Alla fine dello scorso anno erano 247 milioni i cinesi che avevano scelto di trasferirsi dalla campagna alla città o dai centri più piccoli alle metropoli, in cerca di lavoro e opportunità.
In Corea del Sud si fa strada l’obiezione di coscienza
Per la prima volta, lo scorso 18 ottobre, un tribunale d’appello sudcoreano ha confermato un assoluzione per renitenza alla leva per motivi di coscienza. Il tribunale di Gwangju ha capovolto la condanna a un anno e a sei mesi di carcere per due giovani renitenti. Nel Paese, tecnicamente in stato di guerra con il Nord, si sta quindi facendo strada la scelta di poter essere esonerati dal servizio militare obbligatorio di due anni. I casi sono già 12, ma mai prima d’ora una corte d’appello aveva dato ragione agli obiettori. La vicenda potrebbe quindi riaprire il dibattito sull’apertura di adeguati programmi alternativi al servizio militare. La renitenza alla leva, d’altra parte è ancora vista come uno stigma sociale e, come denunciato dalle organizzazioni per la tutela dei diritti umani, sono motivo di discriminazione.
Gli Usa chiedono delucidazioni a Duterte
L’annuncio del presidente filippino Rodrigo Duterte di voler mettere fine all’alleanza con gli Stati Uniti non è andato giù a Washington. L’amministrazione statunitense ha chiesto di chiarire quanto dichiarato in occasione della visita in Cina, Paese verso il quale il capo di Stato filippino sta spostando l’asse strategico di Manila. «Vogliamo una spiegazione su cosa il presidente intendeva dire parlando di separazione», ha detto il portavoce del dipartimento di Stato. Anche perché formalmente la Casa Bianca non avrebbe ricevuto alcuna comunicazione da Manila e considerate le ramificazioni dell’alleanza.